Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

lunedì 27 maggio 2013

5.2 Settignano - Via della Capponcina

Asfalto / saliscendi / 4,5 km (giro)

È un giro breve ma molto soddisfacente perché ha le sue difficoltà (1km di salita duretta) e un paesaggio stupendo, soprattutto da una prospettiva inaspettata sia per un turista che per un fiorentino. Mi soffermo su questo secondo aspetto. Siamo abituati a due visuali tipiche: quella da piazzale Michelangelo, di dettaglio, sul centro e sull’Arno, con Ponte Vecchio a completarne la scenografia. E quella da Fiesole, più generale e più sfumata dalla distanza, in cui ci si sforza di riconoscere i monumenti e i luoghi noti.
Nel nostro caso si sale meno rispetto a Fiesole, arrivando solo a Settignano, e si è più spostati di lato, verso “monte” rispetto al corso del fiume. Il risultato è una vista più radente, con maggiore definizione, ma da una prospettiva più di “sguincio” e quindi a parte i punti saldi, come il Duomo e Palazzo della Signoria, è difficile ricostruire la geografia della città, anche per un nativo. Ma proprio per questo intrigante perché ti permette scoperte inaspettate.

Fatto questo preambolo turistico, ne va fatto uno tecnico: questo percorso è breve, lo so, ma si inserisce come una tessera di un mosaico, come si può vedere dall’immagine di insieme: è posto nei pressi del ponte di Varlungo e della ciclabile che arriva al Girone. Lo so che c’è la ferrovia nel mezzo ma ci sono vari sottopassi, uno addirittura in corrispondenza dell’incrocio da  cui comincia la mia descrizione. Quindi ci siamo capiti.

Il giro ho pensato di cominciarlo dall’incrocio dello stradone di Rovezzano con via del Guarlone. Si parte percorrendo questa stupenda stradina tra muri di pietra che costeggia uno dei fossi frequenti in questa zona. Quando si giunge a via del Loretino si gira a sinistra e qui la salita si fa sempre più decisa.
Aneddoto. Quando l’ho esplorata con Ema non sapevamo dove saremmo finiti e soprattutto quanto sarebbe durata. Ad ogni tratto cercavo di ingannare Emanuele e me stesso, dicendo convinto: “Ci siamo quasi, è l’ultimo pezzo”.
E lui protestava: “Ma come fai a saperlo?!?”
Nel tratto dritto più lungo vedo una ragazza che scende camminando, con un cappellino da baseball e i bastoncini da nordic walking. Arrivato a pochi metri mi rivolgo a lei in modo che la mia lucidità, messa oramai a dura prova dalla fatica, ritiene spiritosa:
“O pellegrina, erta è la via... ma quanto lunga ancora?”
Non mi risponde, credo per la sopresa, poi sento Ema dire, quando la incrocia:
“Ah, è lunga ancora eh!?!”
E io penso: maledetta, In questo modo me lo scoraggia! Ma non poteva continuare a stare zitta?
Mezz’ora più tardi, dopo aver incontrato altri passanti a cui abbiamo chiesto indicazioni, Ema mi fa: “Ma quell’orientale che mi ha dato il “cinque” dianzi...”
“Orientale? Cinque? Ma quando?”
“Quella a cui hai chiesto della salita!”
“Orientale?”
“Sì, e non parlava manco italiano... ma non l’avevi vista?”
Chefigura...a vabbè che era contro sole, col cappellino e io avevo il sudore negli occhi... ma cosa mi è preso?, anche io proprio... meno male che non ha capito! 
Torniamo al percorso.
La salita termina sotto il giardino all’italiana di una splendida villa. Lo circondiamo senza poterlo ammirare ma percependolo al di là di spesse mura e prendiamo a sinistra via del Rossellino passando anche sotto un arco che collega due parti del giardino.
Si sale leggermente fino a arrivare nel centro di Settignano dove si comincia a scendere per la via centrale.
Arrivati nella piazza si deve fare attenzione a prendere via della Capponcina, subito dopo la chiesa, prima che via d’Annunzio vi porti giù a Ponte a Mensola (ci siamo passati nel percorso 5.1 Fiesole-Vincigliata).
Si segue la strada, facendo attenzione a non prendere nessuna deviazione che si perde tra case e ville, fino a arrivare a un incrocio da cui parte, a destra, via Madonna delle Grazie: è indicata senza sfondo (ed è vero) ma costeggia un paio di ville stupende, che si vedono anche dall’Arno grazie alle file di pini che costeggiano la via d’accesso che sale dalla piana e che meritano uno sguardo ammirato.
Noi proseguiamo a sinistra e scendiamo fino a immetterci sullo stradone di Rovezzano nel punto in cui arriva anche via della Torre. Dopo qualche centinaia di metri il giro è concluso.

mercoledì 8 maggio 2013

Pf!, Tz! o Rrr! (nessun problema: ero io!)


Se sentite un urlo strozzato e girandovi non vedete nessuno in difficoltà ma solo un tizio che corre, allora salutatemi: sono io.

Premessa.
Non ricordo più da quando, però è da un bel po’ che mi succede. Penso ai fatti miei, da solo dentro il casco, mentre vado in scooter, oppure mentre sono in auto anche con qualcun altro ma mene sto zitto. Ecco che, se mi accade di ripercorrere qualche evento che mi indispettisce anche solo al ricordo, o mi torna in mente cosa ho detto o fatto o, peggio, non ho detto o non ho fatto, ecco che mi scatta uno “pf!” o uno “tz!” magari accompagnato da un gesto, una spalla che si alza, uno scotimento della testa.
Giusto per capirsi:
“Pf!” lo si fa gonfiando le guance e aprendo di poco le labbra, è uno sfiato più che un soffio.
“Tz!” è quando si schiocca la lingua contro il palato con le labbra un po’ aperte per significare “no!”. Per me significa indispettimento.
Assicuro che sia il Pf! che il Tz! sono esternazioni assolutamente incontrollate e incontrollabili, come strizzare gli occhi per la troppa luce o rabbrividire per il freddo. Anzi di solito non me ne rendo neppure conto perché mi succede più spesso quando me ne sto da solo. Raramente capita quando sono in compagnia, ogni tanto mi può succedere con Elena accanto, dato che non si può chiacchierare in continuazione.
“Pf!”
E allora lei mi chiede “Cosa c’è?” e io che lì per lì non mi ero neppure accorto di aver fatto fuoriuscire niente, mi rendo conto che sarebbe troppo lungo spiegarle che ho sbuffato perché magari stavo ripercorrendo una discussione avuta quel giorno al lavoro oppure, “Tz!” perché, guidando, mi ero immaginato di uscire di strada e finire in quel fosso profondo.
“No, niente”.

Veniamo alla corsa.
Surriscaldato e distratto dalla fatica e dal ritmo, facilmente mi abbandono al fluire dei pensieri e posso ripercorrere ricordi o proiettare nella mia testa film immaginari. Ecco che, allorquando incappo in un ricordo o in un pensiero negativo, invece di un semplice tz! o pf!, mi esce fuori un ruggito, una sorta di urlo strozzato, un’espirazione forzata senza silenziazione: “Rrr!”
Come se mi svegliassi in seguito al mio stesso russare mi guardo intorno con circospezione, sperando che non ci sia nessuno nei paraggi.
Se così non è, allora faccio finta di niente e continuo a correre.
Senza però fischiettare: sarebbe sospetto, uno che corre fischiettando.

Prometto che, se d’ora in avanti qualcuno mi farà un cenno di saluto, lo risaluterò senza vergogna.
Saprò che è uno di voi!

sabato 4 maggio 2013

Più forte di me (giusto contrappasso)


Premessa.
Sono anni che predico l'allenamento cauto, tutto sotto controllo, nessun dolore, al minimo segnale realizzare immediatamente che c'è qualcosa che non va. Bisogna anche abituarsi ad essere allerta in modo da rendersene conto subito, e non aspettare che faccia davvero male. E, subito, ecco che vado da Stefano, fisioterapista e osteopata dalle mani fatate.
Guardo con stupore amici e colleghi correre con il dolore. Io non ce la faccio.
Poi ho sempre declamato il mio essere ligio nel seguire le indicazioni del medico o del fisioterapista (va detto che Stefano conosce i suoi runners e quindi le raccomandazioni non sono mai troppo restrittive: tanto sa che altrimenti non verrebbero rispettate).

Antefatto.
Sono riuscito a fare tutta la preparazione per una maratona e la gara stessa senza dover mai ricorrere alle cure del buon Stefano. E, ovviamente, non avevo alcune problema. Ero fiero di me.

Fatto.
Una settimana dopo la maratona, ho fatto una corsetta con Luigi e Antonio. 

Fattaccio.
Mi sentivo così energetico che, contrariamente a Luigi, ho seguito Antonio nelle sue scorribande come fanno due cuccioli di cane quando scorrazzano insieme per i prati, giocando a inseguirsi: senza risparmiarmi (cosa che non faccio mai) e alla fine stavo benissimo anche se ero stanco. In più avevo provato la strana sensazione di essere portato a spasso dalle mie gambe, e io sopra che mi gustavo la gita. Bellissimo.
Arrivando a casa, una leggera fitta all'esterno del polpaccio sinistro.  L'ho notato ma tanto ero arrivato... e poi è sparito tutto. Uno.

Conseguenze.
Qualche giorno dopo durante una normale sgambatina, dopo pochi chilometri il dolore al polpaccio si rende palese e allarmante. Mi fermo subito e mi auto-prescrivo riposo fino a domenica. Senza rivolgermi a Stefano. Due.
Domenica mattina faccio 39 metri (certifica Luigi) invece dei 20km immaginati. Zoppico vistosamente per il dolore.
Stavolta vado da Stefano. Che mi trova un piccolo spostamento del perone, mi “rimette a posto” e mi suggerisce una leggera sgambatina per verificare.
La quale sgambatina dà esito abbastanza positivo anche se permane il ricordo del dolore: non è sparito tutto ma penso che sia normale. Tre.
Giovedì esco con Elena che mi accompagna in bici. Vado che sembro una gazzella: nessun dolore. Tutto sparito, mi dico. Alle cascine mi sembra di essere un treno, arrivo all'Indiano e sento un leggero affiorare al polpaccio... ahi! e  fermo di nuovo: tornato zoppicando fino a casa con Elena che porta a mano la bici accanto a me. E quattro errori.
Di nuovo Stefano, di nuovo riposo (stavolta senza sgambatine) fino alla settimana dopo quando sono riuscito a fare 7km con solo un indolenzimento... Però sento che non è finita.
Insomma per una cretinata sono fermo da un mese, ho perso l'allenamento della maratona e ancora non ne sono uscito.
Oltretutto Gianluca e Luigi possono permettersi di rimproverarmi (sia pur delicatamente) che forse non avrei dovuto esagerare... eh lo so anche io ma è stato più forte di me: avevo un’energia addosso!...

Morali. 
Avevo ragione... ma è più facile darli - i consigli - che ascoltarli.
Mi sta bene, giusto contrappasso!