C’è poco da fare, è tutto
nella mia testa. Ci sono periodi in cui non corro se non con un obbiettivo, se
non a medio o lungo termine almeno per quell’allenamento: andare veloci per
otto chilometri, fare almeno ventiquattro chilometri a passo tranquillo. In
altri periodi, non comuni lo ammetto, non ho voglia di fare nulla, nel senso
che mi va di correre o di nuotare o di andare in bici ma senza sbattermi a
pensare cosa fare e come farlo.
Un esempio recente. La mia
attuale formazione tipo per l’uscita nel fine settimana è un trio con Ema e
Filippo. È un trio familiare, lo scontato gruppo su WhatsApp è il mutuato “Correre
in Famiglia”, e la peculiarità che siamo zio e nipoti mi permette di fare
almeno cinque minuti di conversazione con chiunque: vai a spiegare che l’età
media dei nipoti è sui quarant’anni come anche la mia età media tra anagrafica
e intima, che uno è nipote vero mentre l’altro acquisito, che entrambi li
frequento assiduamente in quanto runners mentre come semplici nipoti li vedevo
ogni tre mesi quando andava bene, e che li conosco molto meglio adesso grazie alle
distese chiacchierate durante i lunghi piuttosto che in anni di rapporti
parentali tra una festa comandata e una vacanza marina. I cinque minuti sono
già passati!
Tornando alla corsa nel
fine settimana, era qualche settimana che non ci vedevamo tutti e tre insieme,
una volta un paio di giorni fuori città io, una volta Filippo lavorava, un’altra
volta Lorenzo aveva la partita di calcio e Ema lo doveva accompagnare.
Lo scorso fine settimana
era doveroso accompagnare Filippo nell’ultima uscita prima di una maratona, ma
lui poteva solo domenica mentre Ema poteva solo sabato. Quindi io ho fissato
con Filippo domenica mattina, con l’idea di fare un po’ di bici il sabato
mattina (mi vanterei di fare triathlon, mi vanterei). Però venerdì sera ho
sentito Ema e ho buttato lì: ma se ci vedessimo alle otto e un quarto dopo che
hai portato a scuola Sofia? Facciamo una corsetta breve, senza stress. Insomma
sabato mattina abbiamo fatto un bellissimo giro per il silenzioso e rarefatto
centro di Firenze prima che arrivassero i turisti e con i negozi di
abbigliamento ancora chiusi, ho visto la tartaruga di Jan Fabre, ci ho fatto
due giri intorno per vederla bene, ci siamo raccontati storie di quando ancora
non ci conoscevamo e eravamo persone diverse da quelle a cui siamo abituati.
Undici chilometri.
Poi domenica mattina una
bella chiacchierata con Filippo, finita con sorpresa all’ultimo chilometro ma
non si può dire perché è ancora quasi un segreto. Tanto ero concentrato sulle
chiacchiere che ho sbagliato i conti, e il nipote si fida troppo dello zio: i
quindici chilometri sono diventati diciannove.
Totale: trenta chilometri,
senza obbiettivi.
Anzi no, l’obbiettivo l’ho
raggiunto: ho fatto due chiacchiere!
Quando Filippo ha saputo
che la mattina prima ero andato a correre con Ema ci è rimasto male.
La morale? I chilometri
non sono tutto, certe volte ci vogliono un po’ di chiacchiere in più.