Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

domenica 27 gennaio 2013

... ansima e struscia i piedi (una seconda istanza di divorzio?)


“Russi: vai su!”
È una parola d’ordine, un segnale concordato con Elena. Se cercasse di convincermi a girarmi o se mi chiedesse, ingenuamente, – nel sonno – di smettere di russare, io – nel sonno – argomenterei, direi di sì per poi restare a riflettere sul significato di quanto mi ha appena detto amalgamandolo al mio sogno riaddormentandomi e ricominciando a russare. Invece ecco la soluzione: Elena mi dà un ordine semplice e non soggetto a interpretazione se non letterale: ‘vai su!’, e io, come un automa e senza bisogno di svegliarmi completamente, prendo il mio guanciale e me ne vado a dormire nella camera degli ospiti sul soppalco. Per ora funziona e l’istanza di divorzio non è stata presentata.
Oggi si è verificato un altro dramma che vede la corsa ancora causa e allo stesso tempo teatro. Luigi, fido compagno di corsa, ha un paio di difetti. Chi non ne ha? E poi si tratta di venialità, solo che nella ripetitività del gesto di correre e probabilmente nel progredire della stanchezza, mi succede di diventare più sensibile anche alle piccolezze.
Soprattutto i primi chilometri, lui ansima. È solo una fase di “riscaldamento”, poi quando entra a regime anche il respiro si fa regolare. Pazienza. Purtroppo però il fenomeno si ripresenta nella fase finale, quando evidentemente la fatica si fa sentire. Tempo fa ho provato a prenderla alla larga: “sai una cosa su cui potresti lavorare? La respirazione! Potresti cercare di ritmarla di più, due inspirazioni e due espirazioni al tempo con i tuoi passi, mentre in una fase di recupero basterebbe passare a tre inspirazioni seguite da tre espirazioni”. Ammetto che lui ci provò sul momento però poi probabilmente fare attenzione a questo particolare lo distraeva dall’allenamento  e dopo poco tornò ad ansimare...
Recentemente, non so se è collegato al cambio di scarpe, ma me ne fa un’altra: sempre quando è più stanco, striscia leggermente i piedi, facendo un fastidioso rumore nel grattare l’asfalto con le suole.
Sulla terra battuta questo rumore si fa anche più fastidioso e stamani nel silenzio stanco del ventunesimo chilometro, quando ne avevamo davanti a noi altri sette, sono sbottato:
“Luigi! Ansimi e strusci i piedi!”
Ho cercato di ricondurre il rimprovero a un consiglio maldestro:
“Sprechi un sacco di energia!”
Poi non ho retto: “e soprattutto rompi i coglioni a chi ti corre accanto!”
Ha accusato e quanlche chilometro dopo ha protestato: “Ma ansimi anche tu!”
“Io soffio espirando, stiamo correndo! Tu invece ansimi!”
Ero convinto di aver ragione ma mi sono anche sentito come il genitore che si giustifica quando viene sorpreso dal bambino a fare quello per cui li ha appena rimproverati.
Ma potrebbe anche assomigliare a uno di quegli eterni e immaturi bisticci coniugali...

La morale me la risparmio.

Ah, a scanso di equivoci, ogni riferimento a persone realmente esistenti è non casuale e l’intenzione è chiara: Luigi se non smetti di ansimare e di strusciare i piedi non vengo più a correre con te!
(Questa mi ricorda quando si andava ai giardini da piccoli... sarà la vecchiaia: sto inesorabilmente rimbambinendo)

martedì 22 gennaio 2013

Firenze: Giro turistico della città (“Running Around Florence” City Tour)

L’idea è nata correndo. Ovviamente. 
Stavamo facendo un allenamento da una ventina di chilometri ma siccome pioveva e c’era vento avevamo deciso di restare alle Cascine per avere un minimo di riparo grazie agli alberi. Poi smise improvvisamente e per rompere la monotonia decidemmo di far rotta per il centro, lungo l’Arno, un percorso familiare e rassicurante. Saremmo tornati indietro allorquando i chilometri fossero stati quelli giusti per chiudere alle auto con la distanza voluta. Mentre procedevamo sul lungarno, mi tornò in mente l’argomento della discussione iniziale di quella stessa mattina: le installazioni artistiche in due piazze del centro che molto avevano fatto discutere. Perché  non andiamo a vedere l’installazione a Santa Croce? Il chilometraggio non ne avrebbe sofferto dato che il giro sarebbe stato equivalente: saremmo tornati passando attraverso il centro anziché lungo l’Arno!
Fatto un giro di Santa Croce osservando da tutti i lati l’installazione di Mimmo Palladino, ci dirigemmo in piazza Duomo dove facemmo un giro anche intorno al Battistero circondato di ulivi. A quel punto mi venne naturale portare il gruppo in un altra piazza che mi piace molto: Santa Maria novella: anche lì, giro della piazza ammirando la facciata della chiesa. Fu allora che Giovanni mi disse: sarebbe bello visitare una città come Firenze di corsa... Lì per lì non dissi niente ma cominciai a pensarci.
La città c’è e innumerevoli strade per correrci attraverso pure: avrei potuto girarla in lungo e in largo ma mancava qualcosa. E’ bastato accennare questa idea a un’amica, Silvia, che è una esperta guida turistica che l’idea è diventata realtà. Certo, se anche lei fosse stata una runner il cerchio sarebbe chiuso, ma non si può avere tutto. E poi come gli allenatori seguono i loro atleti in bicicletta anche lei avrebbe potuto guidare il gruppo in sella al suo biciclo.
Così è nata l’idea di “Running Around Florence Tour”, un giro pensato per i visitatori di Firenze sia essi italiani che stranieri dato che Silvia parla fluentemente inglese, francese e tedesco!
L’intento è quello di visitare tutti i luoghi e i monumenti principali di Firenze passando possibilmente nelle strade più caratteristiche, magari prospettando successive visite specifiche, e allo stesso tempo esercitando l’attività che più ci piace: la corsa!
La corsa, in questo caso, intesa non solo come strumento per tenersi in forma, come allenamento o, certe volte, come competizione, ma nella sua funzione originaria: quella di mezzo di trasporto.
Questo è il giro che abbiamo pensato con Silvia, in modo da condensare il massimo dei monumenti e dei luoghi imperdibili nel tragitto minimo (meno di dieci chilometri) che permettesse di correre anche chi non è un maratoneta e che richiede, incluse alcune brevi soste per le spiegazioni più estensive, circa un’ora e mezza. Chiunque di voi può farlo da sé, sarebbe un allenamento attraverso luoghi suggestivi e quindi molto piacevole. Certo che farlo con la voce di Silvia che, nell’auricolare, ti racconta la storia e i segreti di tutto quello che scorre davanti ai tuoi occhi è una sensazione eccezionale.
Il punto di partenza per noi è rappresentato da piazza Santa Croce ma siccome è un percorso chiuso lo si può percorrere partendo da un qualunque punto a seconda delle esigenze logistiche.
Se avete amici runners a cui piacerebbe vedere Firenze in modo diverso regalate o suggerite loro un “Running Around Florence - City Tour”!

sabato 19 gennaio 2013

L’effetto scia: trascurabile ma non troppo


Giorni fa, al termine di un allenamento, espressi sommessamente la convinzione che, in determinate condizioni atmosferiche, correre nella scia di qualcuno può aiutare molto. L’argomento non riscosse molto successo. Poi Riccardo ha pensato di fare gradita inoltrandomi il link a un articolo che a suo parere conferma la mia tesi. In realtà si tratta dell’influenza del vento, addirittura con valori numerici legati alla velocità del vento (contrario o favorevole), deducendone l’impatto di correre dietro qualcun altro.
Sicuramente si tratta sempre della resistenza fluidodinamica causata dal nostro avanzare in un fluido, ma io non mi riferivo a un effetto di minor sforzo, anche se non dubito che in certi casi si abbiano effetti simili a quelli usufruibili dai ciclisti, anche se qui le velocità sono molto più limitate.
Era una giornata piuttosto fredda e soprattutto umida (ma senza vento, quindi niente a che fare con l’articolo segnalato). Mentre correvamo in gruppo ci siamo dovuti ricompattare per problemi di traffico: Giovanni e Riccardo rimasero in testa e mi accodai a uno di loro. Improvvisamente ho percepito una differenza considerevole: l’aria era nettamente meno fredda e la difficoltà di “penetrare” l’aria umida, e quindi più densa, era minore. Fatto sta che per una buona metà dell’allenamento me ne stetti tranquillo in seconda fila, per poi allungare con facilità nella parte finale. Certo, chi corre più forte se ne frega di tale vantaggio ma, tra runner ad armi pari, aver risparmiato una porzione di energia si fa sentire.

La morale: l’effetto scia nella corsa a piedi sarà trascurabile, però (a meno di non avere energie da buttare) se te ne stai dietro ti accorgi che non è vero. E ora capisco anche perché quel tizio nero vestito nell’oscurità non “riusciva” a sorpassarmi (Passi dietro di me nell'oscurità).

Nota per i nuotatori: non c’è bisogno di dire niente, vero? Nelle vacanze di natale con il mio compagno di corsia abbiamo fatto un allenamento lungo insieme ma dopo le prime vasche ci siamo accordati: avremmo guidato dieci vasche a testa, dato che chi stava dietro si riposava eccome!

giovedì 10 gennaio 2013

Passi dietro di me nell'oscurità (Clòppete-clòppete)


Nebbia e oscurità davanti a me. Sono le sette di una fredda e inusualmente nebbiosa mattina di gennaio.
Figure si materializzano davanti a me per poi scomparire alle mie spalle.
Sento un passo pesante, clòppete-clòppete, che si avvicina da dietro. Non mi giro neppure, sto andando libero senza guardare il cronometro e sento che posso aumentare senza fatica.
Clòppete-clòppete. Il passo è vicino, deve essere a pochi metri, resisto anzi forse aumento ancora un po’, fendendo la nebbia e la penombra.
Clòppete... clòppete... Lo sto distanziando, fmhm!...lo sapevo: avrà pensato di fare “le gare” con me, ma oggi mi sento superiore e per niente solidale: potevo lasciare che mi affiancasse e usufruire della sua compagnia, due chiacchiere tra sconosciuti nell’oscurità. Non ne ho bisogno, oggi sono autosufficiente e soprattutto sto bene con me stesso.
I rari lampioni si spengono e paradossalmente la visibilità aumenta, con lo scomparire dei coni nebbiosi che nascondevano più che illuminare. Il chiarore del giorno mi fa sentire più sereno, siamo all’Indiano, mantengo il passo in curva ma, clòppete-clòppete, i passi sono di nuovo pochi metri dietro di me, non mi giro ma intravedo una figura nera. Resisto. Poco prima dell’ippodromo il mio scalpiccio sulla terra sparsa sull’asfalto dal passaggio dei camion e subito dopo clòppete-clòppete scalpicciato. È più vicino, mi sto stancando e lui è lì. Clòppete-clòppete. Torno verso il fiume e qui ci separiamo: io torno verso l’Indiano per un secondo giro, lui se ne tornerà verso la passarella. Appena presa la dirittura verso la nebbia che cela il ponte all’Indiano mi rendo conto con sgomento che, clòppete-clòppete, lui è ancora a pochi metri da me: mi sta seguendo, ha girato anche lui dietro di me per un secondo giro: non ci posso credere. 
Mantengo il passo ma sono sempre più stanco. Clòppete-clòppete. Non guardo il Garmin per impegno con me stesso ma a occhio devo aver percorso già circa 5km. Tanto peggio: non voglio farmi raggiungere. Forzo anche al secondo passaggio all’indiano: mi piace sentire che non rallento in curva, ma lui è lì, clòppete-clòppete, saranno due o tre metri, non di più. Insisto in salita. So che è una salita, anche se leggerissima, probabilmente meno di un grado, e poi alla curva in vista dell’ippodromo diventerà discesa, anche lì un grado o poco più, ma dopo averla corsa anni fa verso il trentesimo chilometro di maratona riesco a percepire nettamente quella pendenza ancorché minima.
In discesa scarto di lato per riposare la caviglia sinistra sempre sensibile al dorso d’asino delle strade e lui, clòppete-clòppete, quasi mi affianca. Lo guardo appena, voltando di poco la testa a destra: ha degli occhiali da corsa con la montatura nera piuttosto spessa che spuntano da sotto il cappellino, non dico niente e aumento, riprendendo la testa mentre torniamo verso il fiume. Ma sono stanco. Clòppete-clòppete. Si riaffianca di nuovo e mi chiede come va. 
Costretto alla resa,  ammetto di essere stanco, quasi giustificandomi. 
Gli chiedo quanto fa. 
“Venti chilometri”.
“Ah, - faccio io con rispetto - io solo una decina, senza guardare il tempo”, come a sottointendere che sennò chissà come sarei potuto andare veloce!
“Avevo visto che tenevi un buon passo, - fa lui, - e mi sono accodato.
“Eh sì, - ammetto inorgoglito e allo stesso tempo scoraggiato dal fatto che lui a quel passo faccia tranquillamente venti chilometri, - ma io di solito vado più piano.” Non voglio sottointendere niente: tanto lo capisce benissimo.
Giro a sinistra, stavolta: direzione Firenze. Sono stanco ma con lui accanto non posso che  mantenere il passo.
Alla passarella gli annuncio -a mo' di saluto - che devo rientrare: "Ti accompagno" mi risponde con cortesia.
Sono preso in contropiede e infastidito: già mi pregustavo di rallentare e prendere fiato ma con lui accanto sono costretto a tenere il ritmo.
A questo punto ne approfitto per fare un po’ di conversazione. Scopro che è italiano ma vive in Spagna, infatti ha un forte accento ispanico, è a Firenze per Pitti. Due parole su di me, ma il fiato è limitato e non voglio ammettere di avere il fiatone, quindi taccio allungando.
A poco centinaia di metri da casa lo informo che sono quasi arrivato e lui mi saluta tornando verso le Cascine.
Finalmente. Guardo il Garmin: ho fatto più di dieci chilometri in un buon tempo e tenuto conto che i primi due chilometri prima di sentirmi inseguito li avevo fatti piuttosto rilassati, vuol dire che gli altri otto li ho corsi a un ritmo ben superiore al solito. Soddisfatto, non solo rallento ma mi fermo, proseguendo a piedi fino a casa.

La morale? diffidare degli sconosciuti! E soprattutto umiltà e dubitare sempre, in particolare alle Cascine: se passi uno che va nettamente più piano di te, non necessariamente sei tu a andare veloce, potrebbe essere lui che sta recuperando dopo una ripetuta o semplicemente si sta riscaldando con cura. Umiltà e guardare solo noi stessi.
Niente di nuovo, ma ripeterselo non fa mai male.
Comunque quando eravamo verso casa, e ormai era giorno pieno, l’ho osservato mentre mi stava a fianco: correva! Voglio dire: si vedeva che stava andando a una bella andatura, non stava corricchiando. E siccome andavamo affiancati... Beh, insomma, son soddisfazioni!