Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

sabato 21 settembre 2013

Oramai corrono tutti: anche Babbo Pig (chiamiamola recensione)

Continuando la mia caccia ai libri di narrativa intorno alla corsa (ne ho già catturati un'altro paio di cui vi parlerò in futuro, non appena li avrò letti) sono incappato in un altro colpo di genio: dopo Geronimo Stilton (Cos'è il genio - "Geronimo Stilton e la maratona più pazza del mondo") ecco l'imperversante e virale Peppa Pig!
Ovviamente non corre Peppa Pig ma il padre, Daddy Pig. Per inciso il libro è in inglese ma tant'è!, certo il testo non è difficoltoso. 
Ci tengo a segnalarvi che l'ho pescato nella piccola ma sorprendente fonte di libri per l'infanzia che è la Mandragora, il piccolo shop dentro palazzo Strozzi.
La morale? E' inquietante: oramai la corsa è così di moda che ne parlano tutti, ovunque e comunque. Meglio così.



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martedì 10 settembre 2013

Run to drink or Drink to run?, this is the question...

Premessa: mischiare la corsa con altre attività non sportive e soprattutto goliardiche l’ho sempre considerato disdicevole, infatti non ricordo di aver mai partecipato a eventi in cui la corsa, sia pur con fini specifici e superiori, non fosse l’oggetto unico dell’evento stesso.
A fine agosto Ema mi ha proposto di partecipare a un ritrovo organizzato per pubblicizzare un negozio di articoli per la corsa e il triathlon aperto recentemente. L’oggetto dell’iniziativa era quello di correre tutti insieme con due soste intermedie e una finale presso dei pub fiorentini per bere una birra. Il titolo, autoesplicativo, era Run to drink. La cosa non mi entusiasmava però ho accettato per non sembrare negativo e ho esteso l’invito anche ai miei compagni di corsa. La convinta accettazione di Giovanni mi ha definitivamente chiuso la porta a un successivo ripensamento.
Quindi martedì 3 settembre alle 19.30 ci siamo presentati davanti al negozio e lì ho cominciato a ricredermi: trovare un’atmosfera allegra e rilassata (nessuna competizione, solo passione comune e sorrisi), ritrovare amici, facce note, una collega giuntavi per chissà quali altri canali, essere in compagnia di Ema e Giovanni, tutti mischiati in una folla arancione, sì perché una delle condizioni era di avere, previa iscrizione, la maglietta arancione, che ti dava anche poi diritto alle bevute, è stato piacevole. E una macchia arancione di duecento persone che sfila lungo l’Arno, invade Ponte Vecchio, sciama per le vie del centro, si spande in piazza della Signoria, canta coretti goliardici, saluta festosa tutti coloro che incontra, ha fatto la gioia dei turisti che se ne stavano andando a cena per una Firenze oramai deserta.
Mentre mi stavo chiedendo come avremmo fatto, in duecento, a prendere una birra in un qualunque pub che notoriamente non sono ambienti particolarmetne ampi, siamo giunti alla prima sosta, un piccolo pub vicino a via Tornabuoni: si è creata una coda ingombrante ma festosa, non c’era nervosismo o antagonismo, siamo sfilanti lentamente nel locale, afferrando un bicchierone di plastica colmo di birra fresca e siamo usciti da un altro varco ritrovandoci di nuovo tutti e duecento arancioni all’esterno brindando e chiacchierando. Poi siamo ripartiti con un dubbio: cosa sarebbe successo a correre dopo aver appena bevuto all’incirca una lattina di birra? Pochi passi e siamo in piazza Duomo, proseguiamo il giro girovagando, più allegri, per le vie del centro fino ad arrivare all’arco di San Pierino dove ci attende la seconda sosta e la relativa bevuta, sempre con l’astuta soluzione logistica di entrare nel pub da un lato sortendone dall’altro. Poi di nuovo corsa, coretti oramai da seconda media, risate sempre più immotivate, saluti intraprendenti alle giovani straniere. Poi ritorno sempre più scomposto, gli organizzatori fanno fatica a trattenere il gruppo di testa che si lancia in scorribande velocistiche. All’ultima sosta ci avrebbe dovuto aspettare anche del cibo, alcuni di noi riescono fortunosamente ad arraffare un coccolo ripieno di prosciutto cotto e formaggio, insieme alla terza birra ma sono pochi. Poi via, sempre di corsa, fino al punto di partenza. Alla fine abbiamo percorso 9km, l’andatura non è di interesse ovviamente, ma è stato divertente, tutti salutano tutti, chiunque abbia la maglietta arancione è tuo fratello o sorella in spirito.
Spirito in senso lato, ma anche in senso specifico.

Morale: sempre mettere in dubbio le proprie convinzioni (io? Correre e bere birra?... non scherziamo)


Morale 2: correre è sempre correre e bisogna porre giusta attenzione a non farsi male, non tanto a causa del bere birra quanto del correre allegramente in una densa folla in stradine strette: basta urtare contro ostacoli resi invisibili dagli altri intorno a te, poggiare male il piede, inciampare in chi ti sta davanti, e ti ritrovi senza accorgertene con una storta a una caviglia. Quando corri due giorni dopo, avverti un fastidio ma non ci dai peso, poi a fine allenamento scopri che ti fa male e zoppichi... 

sabato 7 settembre 2013

Che bella scena non ho visto (solidarietà tra runners)

Cascine. Il sole è già sorto ma il viale lungo l’Arno è ancora tutto in ombra.
Una signora sui sessant’anni, con una tenuta nera piuttosto succinta, sta trotterellando con costanza.
Tre uomini e una donna camminano in senso opposto, formando una fila che taglia buona parte del nastro d’asfalto.
Una ragazza sfila silenziosa con la sua bici da corsa, i capelli riccioluti trattenuti da una passata.
Due uomini stanno correndo insieme, vanno veloci, staranno facendo le ‘ripetute’.
Duecento metri avanti a loro una ragazza di colore, robusta ma non grassa, corre piuttosto sostenuta, lo smartphone bianco al braccio sinistro, una visiera, anch’essa bianca, le trattiene le treccine castano scuro.
Qualcosa le cade. Un pacchetto di fazzolettini giace sull’asfalto, lei prosegue la corsa, non pare essersene accorta.
I due uomini si stanno avvicinando, quello con la barba è qualche metro dietro all’altro che pare aggiustare la traiettoria. Ma che fa? Senza fermarsi si piega e raccoglie il pacchetto verde da terra. Perde per un attimo l’equilibrio, continua la corsa aiutandosi con il movimento delle braccia per stabilizzarsi. La ragazza di colore è sempre un centinaio di metri avanti a lui, sta procedendo più lentamente di lui ma quando la raggiungerà? E se la sua ripetuta finisse prima di averla raggiunta, dovrebbe insistere per riuscire a completare il suo gesto cavalleresco. Non solo ha rischiato di cadere ma ora sta aumentando l’andatura staccando progressivamente il compagno e riducendo il distacco dalla ragazza. La affianca e lei senza dire niente porge la mano, come una dama che avvia una danza di corte con il suo cavaliere. Lui le passa il testimone, che lei stringe con forza. Lui, esaurito il suo compito non rallenta ma anzi prosegue superandola e si allontana.
Ciascuno dei due ha evitato di interrompere la sua corsa ma non ha potuto fare a meno di aiutare l’altro.
Che bella scena di solidarietà tra runners non ho visto.
Mi dispiace quasi non averla potuta vedere, magari da dietro, inquadrandola con un obbiettivo per averne un’immagine cristallizzata: le mani che si avvicinano, le suole delle scarpe sollevate in armonia, il viale alberato, ogni dettaglio illuminato dalla luce delicata del mattino.
“Grazie”, mi sorride quando mi raggiunge mentre trotterello riposandomi.
“Di niente”, le sorrido di rimando. “Ancora un minuto e si riparte!” dico a Giovanni.