Premessa: mischiare
la corsa con altre attività non sportive e soprattutto goliardiche l’ho sempre
considerato disdicevole, infatti non ricordo di aver mai partecipato a eventi
in cui la corsa, sia pur con fini specifici e superiori, non fosse l’oggetto
unico dell’evento stesso.
A fine agosto
Ema mi ha proposto di partecipare a un ritrovo organizzato per pubblicizzare un
negozio di articoli per la corsa e il triathlon aperto recentemente. L’oggetto
dell’iniziativa era quello di correre tutti insieme con due soste intermedie e
una finale presso dei pub fiorentini per bere una birra. Il titolo,
autoesplicativo, era Run to drink. La cosa non mi entusiasmava però ho accettato per non sembrare negativo
e ho esteso l’invito anche ai miei compagni di corsa. La convinta accettazione di
Giovanni mi ha definitivamente chiuso la porta a un successivo ripensamento.
Quindi martedì
3 settembre alle 19.30 ci siamo presentati davanti al negozio e lì ho
cominciato a ricredermi: trovare un’atmosfera allegra e rilassata (nessuna
competizione, solo passione comune e sorrisi), ritrovare amici, facce note, una
collega giuntavi per chissà quali altri canali, essere in compagnia di Ema e
Giovanni, tutti mischiati in una folla arancione, sì perché una delle
condizioni era di avere, previa iscrizione, la maglietta arancione, che ti dava
anche poi diritto alle bevute, è stato piacevole. E una macchia arancione di
duecento persone che sfila lungo l’Arno, invade Ponte Vecchio, sciama per le
vie del centro, si spande in piazza della Signoria, canta coretti goliardici,
saluta festosa tutti coloro che incontra, ha fatto la gioia dei turisti che se
ne stavano andando a cena per una Firenze oramai deserta.
Mentre mi stavo
chiedendo come avremmo fatto, in duecento, a prendere una birra in un qualunque
pub che notoriamente non sono ambienti particolarmetne ampi, siamo giunti alla
prima sosta, un piccolo pub vicino a via Tornabuoni: si è creata una coda
ingombrante ma festosa, non c’era nervosismo o antagonismo, siamo sfilanti
lentamente nel locale, afferrando un bicchierone di plastica colmo di birra
fresca e siamo usciti da un altro varco ritrovandoci di nuovo tutti e duecento
arancioni all’esterno brindando e chiacchierando. Poi siamo ripartiti con un
dubbio: cosa sarebbe successo a correre dopo aver appena bevuto all’incirca una
lattina di birra? Pochi passi e siamo in piazza Duomo, proseguiamo il giro
girovagando, più allegri, per le vie del centro fino ad arrivare all’arco di
San Pierino dove ci attende la seconda sosta e la relativa bevuta, sempre con
l’astuta soluzione logistica di entrare nel pub da un lato sortendone
dall’altro. Poi di nuovo corsa, coretti oramai da seconda media, risate sempre
più immotivate, saluti intraprendenti alle giovani straniere. Poi ritorno
sempre più scomposto, gli organizzatori fanno fatica a trattenere il gruppo di
testa che si lancia in scorribande velocistiche. All’ultima sosta ci avrebbe
dovuto aspettare anche del cibo, alcuni di noi riescono fortunosamente ad
arraffare un coccolo ripieno di prosciutto cotto e formaggio, insieme alla
terza birra ma sono pochi. Poi via, sempre di corsa, fino al punto di partenza.
Alla fine abbiamo percorso 9km, l’andatura non è di interesse ovviamente, ma è
stato divertente, tutti salutano tutti, chiunque abbia la maglietta arancione è
tuo fratello o sorella in spirito.
Spirito in
senso lato, ma anche in senso specifico.
Morale: sempre
mettere in dubbio le proprie convinzioni (io? Correre e bere birra?... non
scherziamo)
Morale 2:
correre è sempre correre e bisogna porre giusta attenzione a non farsi male,
non tanto a causa del bere birra quanto del correre allegramente in una densa
folla in stradine strette: basta urtare contro ostacoli resi invisibili dagli altri
intorno a te, poggiare male il piede, inciampare in chi ti sta davanti, e ti
ritrovi senza accorgertene con una storta a una caviglia. Quando corri due
giorni dopo, avverti un fastidio ma non ci dai peso, poi a fine allenamento
scopri che ti fa male e zoppichi...
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