Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

domenica 27 ottobre 2013

L’ultimo lungo: Firenze in festa

Stamani sembrava che ci fossero più persone a correre di quante già ce ne sono usualmente la domenica mattina.
Forse era anche vero ma di sicuro c’erano meno singoli e più gruppi (o almeno coppie) di runners e questo dava un maggiore senso di folla. I gruppetti di tre o quattro persone poi li ravvisavi subito: compatti, coesi, sincroni, trattenuti nel loro passo leggermente rallentato rispetto a quello che avrebbero potuto tenere, lo capisci subito che non stanno forzando anche se non chiacchierano. Ma molti lo fanno non foss’altro che per distrarsi.
L’ultimo lungo sarà sui trentacinque o trentasei chilometri e il passo è quello che devi tenere per arrivarci dignitosamente e non quello che terresti in quel momento se corressi dieci o venti chilometri.
La coesione è data dalla solidarietà del sentirsi una cosa sola, unificati dall’epica tensione a portare a termine quella che comunque è un’impresa: quando si va oltre i trenta chilometri niente è scontato. E dal tacito agonismo: ognuno si regola sul compagno vicino. Se perdi terreno l’orgoglio ti fa accelerare mentre gli ricordi che sta andando più forte di quanto dovrebbe. Se lo sopravanzi e ti rendi conto che stai andando più veloce di quanto pattuito allora dici a lui e agli altri: “Rallentiamo!”, e gli altri: “Ma se sei avanti a tutti!” e il teatrino continua con sberleffi reciproci e parti che si invertono chilometro dopo chilometro. Fino a che l’ilarità resiste, va tutto bene.

E poi i colori: molti di quanti correvano stamani avevano una maglia ricevuta partecipando a una delle passate maratone di Firenze: la nera a manica corta dell’anno scorso (che io trovo banale e troppo seria, nera con inserti verde kiwi: meglio quella di Venezia, allora, che è il negativo di quella, verde kiwi con inserti neri. Ma questo è snobismo: sottintende che io c’ho anche quella di Venezia che avevo corso solo un mese prima... ma questa è un’altra storia e ne abbiamo già parlato in “Venezia / Firenze 2012 - Un esperimento riuscito (manon del tutto)”), poi quella rossa dalla consistenza di garza elastica con la scritta Firenze Marathon nel mezzo al petto, e quella azzurra di quattro anni, la mia preferita, anche se a maniche lunghe e un po’ pesante per le temperature di questi giorni.

Ovviamente domenica prossima la festa involontaria si ripeterà: c’è chi l’ultimo lungo lo fa quattro settimane prima della gara e chi tre settimane prima. Sono due scuole di pensiero: io sono convinto che tre settimane prima siano ottimali per un recupero graduale e non troppo lungo però ho sperimentato anche le quattro settimane con soddisfazione, pertanto quest’anno avevo raggiunto un compromesso: il programma concordato prevedeva l’ultimo lungo a meno quattro settimane in modo da avere una riserva nel caso di inconvenienti che avessero fatto perdere una settimana. Poi Gianluca ci messo dentro l’ecomaratona del Mugello e ha disallineato tutta la prima parte mentre io mi sono infortunato piuttosto seriamente alla caviglia per cui ho mandato per aria tutto il resto.

Stamani ho fatto, con un po’ di vergogna, solo sedici chilometri con Ema ma ho incontrato e salutato tanti amici: Gianluca, Giovanni, Luigi e Andrea (uno dei gruppi), Milind, Giancarlo, e tanti sconosciuti.

Sì perché il vero runner quando incontra un altro runner, lo saluta, come si saluta quando ci si incrocia su un sentiero di montagna. E chi non saluta non è un runner, oppure è solo un maleducato.


[Per l’ultimo lungo o Lunghissimo vedi anche “Un lunghissimo in Firenze? Costruìscitelo da te!”]


giovedì 24 ottobre 2013

'Milano corri e muori' (ma anche solo la lettura è pericolosa...)

Trovato scandagliando la Mondadori di piazza Duomo a Milano. La collocazione tra i libri su Milano gli conferiva una connotazione locale che infatti è immediata nel titolo. Però il “corri”, sempre nel titolo, mi ha attratto. Faccio il test dell’incipit (a cui ricorro quando non conosco né titolo né autore e la quarta di copertina non mi convince del tutto): Mancano trecentocinquanta metri per completare il programma. “Forza gambe” pensa mentre percorre il sentiero che costeggia il terrapieno sul quale sorge la Biblioteca del Parco Sempione. Si corre davvero: non può mancare alla mia Biblioteca del runner.
In realtà poi ho scoperto che la corsa serve per l’ambientazione della scena del crimine e basta. Ma che ci volete fare: oramai la mia è una missione, devo rintracciare i racconti e i romanzi in cui si parla di corsa.
Per il resto si tratta di un gialletto senza pretese e in cui neppure la scrittura stupisce più di tanto, anzi alcune ingenuità iniziali (un paio di casi di iperdescrizione: neppure con una vista in alta definizione e una memoria pari a un potente hard disk sarebbe possibile elencare un numero così elevato di dettagli) fanno subito inquadrare il testo.
A buon intenditore poche parole.

Milano corri e muori
Massimo Milone
Happy Hour Edizioni

2013

PS: ma io non dovevo correre per Firenze? Vabbè ogni tanto corro anche fuori Firenze ma questo è un libro, non conta.


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giovedì 17 ottobre 2013

‘Born to run’ di Christopher McDougall (recensione entusiasta)

Un giornalista afflitto dagli usuali infortuni comuni a tanti runners, passando sconsolato da un fisioterapista a un ortopedico di fama internazionale, finisce in Messico con il pretesto di scrivere un reportage sui Tarahumara, la misteriosa tribù di indios messicani famosi per utilizzare, uomini o donne, giovani o vecchi, la corsa come usuale mezzo di spostamento, percorrendo distanze da ultramaratona su sottili sandali di cuoio.
Il suo punto di partenza è un personaggio altrettanto misterioso e leggendario: Caballo Blanco, un gringo, una sorta di eremita del running, che si è ritirato negli inaccessibili canyon messicani che sono il regno dei Tarahumara e che ha un sogno: organizzare una gara ultratrail che metta a confronto i migliori runner occidentali con gli schivi Tarahumara.
La trama si potrebbe ridurre a queste due ricerche, quella dell’autore e quella di Caballo Blanco, che ovviamente si intersecano e diventano un’unica avventura.
La narrazione principale però si dipana amalgamando innumerevoli digressioni appassionanti: l’analisi di teorie evoluzionistiche (come possa essere considerato evoluto un essere privo di difese e incapace di fuggire rapidamente) confermate da evidenze antropologiche e fisiologiche, o l’esempio di una storia di marketing di successo (quella di un famoso marchio di scarpe da corsa), o i casi di allenatori dalle intuizioni diventate leggendarie.
In sintesi: un racconto avvincente.
Eppoi alla fine mi ha convinto che, sebbene possa sembrare una boutade da fissato, da un punto di vista evoluzionistico siamo davvero nati per correre... ma non voglio convincere nessuno: leggere per credere.
Invece, mentre ne avevo apprezzato varie tesi, non ero riuscito a condividere la teoria sostenuta dal filosofo Mark Rowlands in “Running with the pack” (recensito in “Correrecon il branco”, recensione di un libro che non c’è (ancora)) secondo la quale la corsa è un valore di per sé connaturato con l’essere umano.
Dalla lettura di questo libro, che – ribadisco - non è un manuale ma una sorta di romanzo/reportage, ho tratto anche un giovamento specifico come runner. Mi ha infatti trasmesso la consapevolezza della gioia di correre mentre corro: facendoci caso mi sono reso conto che era vero, riuscivo a essere contento di correre mentre correvo sebbene, ovviamente, stessi faticando. E che non ha senso fare diversamente, ossia correre senza essere felici. E anche qui vi lascio a un’intima riflessione.

Sfortunatamente non mi risulta che sia stato ancora tradotto in italiano e, per di più, l’inglese (americano) utilizzato abbonda di gergalismi che non rendono affatto agevole la lettura. Ciò nonostante resta avvincente. E se regge a un filtro così grossolano che mi ha sicuramente fatto perdere vari vocaboli (anche se il cervello umano è eccezionale nel colmare i vuoti interpolando) vuol dire che dev’essere davvero un bel libro!...

Born to run
Christopher McDougall
Profile Books
2010
------------
AGGIORNAMENTO 22 FEBBRAIO 2014
Finalmente pubblicato in italiano:

Mondadori
Strade Blu Saggi 2014
396 pagine € 17,50
Traduttori: Dario Ferrari


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giovedì 10 ottobre 2013

La biblioteca del Runner




[Ultimo aggiornamento: 3 Dicembre 2016]

Non mi interessa farvi l'elenco di tutti i manuali o i saggi che insegnano a correre, qualcuno ne leggo, e nel caso ve lo segnalo, ma quelli sono bravi tutti a trovarli: basta andare in libreria e cercare alla voce "corsa" nella sezione "sport". 
No, a me interessa scovare la corsa nelle opere di narrativa, siano esse romanzi, racconti o qualcosa di simile: talvolta anche uno scritto che sta tra un racconto e un saggio o un reportage (come per esempio “Nati per correre” o “Running with the pack”) in cui però la scrittura in sé ricopre un ruolo significativo. 
Questi sono i libri difficili da individuare, a meno che appunto non abbiano un indizio rivelatorio nel titolo.

Neppure mi interessa la diaristica nuda e cruda, i racconti di corsa che si limitano a fare la cronistoria o il sunto di un vissuto che sia pure con un suo interesse, denotano un non interesse nella scrittura stessa: non basta che qualcosa sia scritta perché sia degna di essere letta. Poi anche tra i romanzi nati come tali talvolta il valore letterario lascia molto a desiderare, ma questo fa parte del gioco e il lettore è libero di esprimere il proprio giudizio, positivo o negativo, indipendentemente da quanto l'opera sia legata alla corsa.

Esistono romanzi che hanno la corsa come tema centrale, come "A perdifiato" di Mario Covavich, e finanche nel titolo: "Il maratoneta" di William Goldman che ha scritto anche la sceneggiatura del celebre film con Dustin Hoffmann.
Altri invece la disvelano solo durante la lettura: "Via della trincea" ne è uno splendido esempio: il romanzo parla di tutt'altro ma il protagonista fa della corsa una sua mania che è centrale nel racconto. 

Detto ciò, quando scopro un libro che ha a che fare con la corsa io lo acchiappo e poi lo leggo: questo elenco riporta anche un mio personale giudizio e, nei casi in cui io abbia anche parlato già dell'opera, un link ipertestuale vi condurrà alla recensione.

Cercherò di aggiornare periodicamente questo elenco in modo da tenerlo vivo.

Titolo
Autore
Editore
Categoria
Voto
(1-5)
Maratoneti
Marco Patucchi
B.C. Dalai
Racconti
3
Il maratoneta
William Goldman
Mondadori
Romanzo
4
Il cimitero dei pianoforti
José Luis Peixoto
Einaudi
Romanzo
3
L'envolée belle
Martin Prinz
Editions Absalon
Romanzo
2
Parli sempre di corsa
Linus
Mondadori
Racconti
3
L'arte di correre
Murakami Haruki
Einaudi
Racconto/reportage
3
La solitudine del maratoneta
Alan Sillitoe
Minimum Fax
Racconti
3
Courir
Jean Echenoz
Les Editions de Minuit
Romanzo
3
A perdifiato
Mauro Covacich
Einaudi
Romanzo
5
La linea blu
Daniel De Roulet
Mondadori
Romanzo
4
Kari Hotakainen
Iperborea
Romanzo
5
Mark Rowlands
Granta Books
Racconto/saggio
5
Nati per correre (Running with kenians)
Finn Adharanand
Sperling & Kupfer
Racconto/reportage
4
Christopher McDougall
Profile Books
Racconto/reportage
5
Massimo Milone
Happy Hour Edizioni
Romanzo
2
Paolo Foschi
e/o
Romanzo
2
Zàtopek corre
Emil Zatopek
Poldi
Romanzo
4
Scacco al maratoneta
Flavio Pagano
Manifestolibri
Romanzo
1
Geronimo Stilton
Piemme
Per ragazzi
3
AA VV
Ladybird Books
Per ragazzi
2
Corsa verso il baratro
Elizabeth George
TEA
Romanzo
*
Non dirmi che hai paura
Giuseppe Catozzella
Feltrinelli
Romanzo
*
La corsa (Once a runner)
John L. Parker
Ultra
Romanzo
5
Jean Baudrillard
SE
Saggio
-
Joyce Carol Oates
HarperCollins
Saggio
3
Guillaume Le Blanc
Flammarion
Saggio
3
Paul Fournel
Editions du Seuil
Racconti
3
42 km 195
B. Thomasson
Flammarion
Romanzo
*
Philippe Delerm
Mercure de France
Racconto
2
Ed Caesar
Einaudi
Saggio
4
Massimiliano Boni
66th and 2nd
Romanzo
3
L’arte giapponese di correre
Adharanand Finn
Sperling & Kupfer
Romanzo/Reportage
*
Crampi
Marco Lodoli
Einaudi
Romanzo
3

Bernard Chambaz
Flammarion
Saggio
2


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domenica 6 ottobre 2013

SPQR (Sono Pazzi Questi Runners): Stati mentali del runner fortunato o infortunato


1. Si infortunano sempre gli altri
2. Sono infortunato solo io
3. Si è infortunato tizio? Fascite plantare (o bandelletta o caviglia o...)! Eh, lo so... ci sono passato anche io.

Di solito io mi trovo nel primo stato: quello in cui mi pare normale che si facciano male solo gli altri e io sono fiero di essere, se non in forma smagliante, almeno sano. E sono fiero perché vuol dire che sono stato attento, non ho esagerato, non ho abusato del mio fisico, non mi sono allenato oltre il limite invisibile oltre il quale qualche parte del mio corpo comincia a ribellarsi. E posso dispensare consigli saggi e accorti su come restare sani.

Raramente sono nel secondo stato (Sono infortunato solo io): mentre sono nel primo stato, mi pare ovvio di non infortunarmi mai però, ogni tanto, per una ragione imperscrutabile e soprattutto imprevedibile, mi faccio male. Ora per esempio ho avuto successive distorsioni alla caviglia destra, ma vengo da un’estate felice trascorsa nel primo stato, in cui potevo caracollare per sentieri dolomitici sotto lo sguardo stupito di stambecchi e marmotte, senza storcermi neanche un mignolo. Oddio, però a pensarci bene a aprile scorso dopo la maratona di Parigi mi sono fatto male al polpaccio sinistro e per settimane non riuscivo a correre più di tre o quattro chilometri...
Comunque sia, quando sono infortunato, e solo in quel momento, mi sembra proprio che solo io sia infortunato, e tutti gli altri invece, Luigi, Giovanni, Gianluca, Emanuele e tutti i colleghi, i conoscenti, stanno bene: loro corrono, maledetti. Allora non voglio parlare del mio infortunio e non voglio l’altrui compassione, ma chiunque incontri finisce per chiedermi come va la preparazione e allora io sono costretto a ammettere che sono infortunato e finisco a raccontare con dovizia di particolari cosa mi è successo, quando, come, cosa sto facendo, quando potrò ricominciare a correre... insomma una cosa pietosa.
Quando però – prima o poi – il malanno passa, ecco che mi scordo tutto e torno nel primo stato.

Può accadere semmai che, mentre sono pacificamente nel primo stato, qualcuno mi dica che si è fatto male o si è fatto male un amico o un collega. E può succedere, - e di solito succede perché i problemi muscolari, tendinei o articolari che interessano un runner poi alla fine sono limitati, - che abbia avuto anche io quell’infortunio e allora eccomi nel terzo stato: scatta la saggezza di chi ci è passato già: eh, lo so... ci sono passato anche io. Certo, se mentre sono nel secondo stato (sono infortunato solo io) incontrassi il me stesso nello stato tre (eh lo so...) verrebbe naturale mandarmi vocalmente o col pensiero affanculo. Ma al me stesso che si trova nel terzo stato pare doveroso dispensare i consigli saggi e accorti su come superare in modo corretto l’infortunio che – non potrebbe fare a meno di sottolineare – ha avuto anche lui (cioò io).
Quando poi passa un mese e nessuno mi racconta di non poter correre perché si è fatto male, ecco che mi scordo tutto e torno nello stato uno (Si infortunano sempre gli altri) e quindi mi viene naturale dispensare nuovamente consigli saggi e accorti su come restare sani. D’altra parte io non mi infortuno mai...

Un aneddoto e una domanda su questa follia di runner:

Sul lettino accanto al mio una donna sui 35 anni, molto atletica. Dalla fascia che le avvolge il piede sinistro fuoriescono un paio di cavi. Sta parlando con la fisioterapista:
Donna molto atletica: “Oh, io senza correre non ci posso più stare...”.
Fisioterapista: “...”
Donna molto atletica: “No davvero, sennò vado fuori di testa!...”
Fisioterapista: “... ma ti fa male... ”
Donna molto atletica: “il sinistro, è un dolore fortissimo, l’altro invece no, comincia lentamente e sembra come il freno di una bicicletta che struscia...”
Non ho sentito la risposta della fisioterapista. Ho tolto il ghiaccio, mi sono rimesso la scarpa e sono uscito salutando.
Infortunato ma sollevato.


Questo evento mi ha fatto spuntare una domanda: ma ci sono psicoterapeuti specializzati in runners? Potrebbe essere un’idea profittevole: basterebbe essere in contatto con un fisioterapista o un centro di riabilitazione, i clienti non mancherebbero. Certo lo psicoterapeuta in questione dovrebbe anche essere un runner sennò non potrebbe asserire di comprendere i problemi interiori di un runner. Ti immagini un'indicazione del tipo: se la corsa per te comporta sofferenza allora tu prova a non correre... slam!, cliente perso.