Cascine. Il sole
è già sorto ma il viale lungo l’Arno è ancora tutto in ombra.
Una signora sui
sessant’anni, con una tenuta nera piuttosto succinta, sta trotterellando con
costanza.
Tre uomini e
una donna camminano in senso opposto, formando una fila che taglia buona parte
del nastro d’asfalto.
Una ragazza
sfila silenziosa con la sua bici da corsa, i capelli riccioluti trattenuti da
una passata.
Due uomini
stanno correndo insieme, vanno veloci, staranno facendo le ‘ripetute’.
Duecento metri
avanti a loro una ragazza di colore, robusta ma non grassa, corre piuttosto
sostenuta, lo smartphone bianco al braccio sinistro, una visiera, anch’essa bianca,
le trattiene le treccine castano scuro.
Qualcosa le
cade. Un pacchetto di fazzolettini giace sull’asfalto, lei prosegue la corsa,
non pare essersene accorta.
I due uomini si
stanno avvicinando, quello con la barba è qualche metro dietro all’altro che
pare aggiustare la traiettoria. Ma che fa? Senza fermarsi si piega e raccoglie
il pacchetto verde da terra. Perde per un attimo l’equilibrio, continua la corsa
aiutandosi con il movimento delle braccia per stabilizzarsi. La ragazza di
colore è sempre un centinaio di metri avanti a lui, sta procedendo più
lentamente di lui ma quando la raggiungerà? E se la sua ripetuta finisse prima
di averla raggiunta, dovrebbe insistere per riuscire a completare il suo gesto
cavalleresco. Non solo ha rischiato di cadere ma ora sta aumentando l’andatura
staccando progressivamente il compagno e riducendo il distacco dalla ragazza.
La affianca e lei senza dire niente porge la mano, come una dama che avvia una
danza di corte con il suo cavaliere. Lui le passa il testimone, che lei stringe
con forza. Lui, esaurito il suo compito non rallenta ma anzi prosegue superandola
e si allontana.
Ciascuno dei
due ha evitato di interrompere la sua corsa ma non ha potuto fare a meno di
aiutare l’altro.
Che bella scena
di solidarietà tra runners non ho visto.
Mi dispiace
quasi non averla potuta vedere, magari da dietro, inquadrandola con un
obbiettivo per averne un’immagine cristallizzata: le mani che si avvicinano, le
suole delle scarpe sollevate in armonia, il viale alberato, ogni dettaglio
illuminato dalla luce delicata del mattino.
“Grazie”, mi
sorride quando mi raggiunge mentre trotterello riposandomi.
“Di niente”, le
sorrido di rimando. “Ancora un minuto e si riparte!” dico a Giovanni.
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