Vi sarà capitato di incappare
in una pubblicità della Asics in televisione (una pubblicità su canali
nazionali indirizzata ai runners: fantascienza solo pochi anni fa). Se non vi è
capitato fateci caso, è carina: lei, giovane e bella esce per un allenamento in
città, urban running si dice ora, e corre, corre a perdifiato, oltrepassa
ponti, sale, scende e corre sempre spedita con postura plastica, da pensare:
che bello correre, che bel gesto atletico, poi prova a rivederti anche solo riflesso
in una vetrina e l’effetto è tutto un altro... Terminato l’allenamento un po’
di stretching appoggiata al muro, in una tranquilla viuzza, da una porticina fuoriesce
lui, giovane e bello, la faccia pulita, lo sguardo innocente. La vede e si butta:
“Dove vai a correre?”. Lei con un’increspatura di incertezza: “Al parco?” Lui: “Posso
venire con te?”. “Certo” fa lei e con felice e malcelata rassegnazione, e riparte
con lui, non ancora il suo Lui ma si capisce che galeotta sarà la corsa. Lo
slogan: Run & run. Grazie Asics.
Questo il prologo che ho
dovuto anteporre al racconto perché stava nella mia mente da qualche parte e,
visto che ha giocato un ruolo forse determinate in quel che segue, dovevo
essere sicuro che il lettore potesse averlo anche lui immagazzinato da qualche
parte nella sua memoria.
Trasferta di lavoro. Città
sul mare del nord. Due colleghi con cui ho già trascorso ieri sera una cena
molto piacevole propongono di cenare insieme anche stasera. Accetto volentieri
ma, premetto, voglio andare a correre. Loro però vogliono cenare presto: alle
sette e un quarto passano a prendermi in hotel, io faccio due conti e scatto:
taxi, hotel, cambio rapido, almeno 45’ ci stanno, speravo di più ma mi posso
adattare, 15’ per doccia e rivestirmi: ce la posso fare.
Alla fine scopro che sono
stato troppo ottimista e devo restringere ulteriormente l’uscita: aumentando il
ritmo e limitandomi a poco più di otto chilometri riesco comunque a compicciare
qualcosa di sensato.
Alle 19.25 sto finendo di vestirmi
quando squilla il telefono: è David, non riescono a trovare un taxi, in città
il maltempo ha cresto il finimondo, restano in hotel, niente cena.
Resto interdetto e
doppiamente insoddisfatto: è inutilmente presto per andare a cena, era stata
una loro idea, e ho fatto un allenamento troppo breve e neppure così veloce:
d’altronde il vento, la pioggia e il lungomare reso sporco dalla sabbia portata
dal vento del mare del nord non avevano facilitato la performance.
E Chiara? Lei sta nel mio
albergo, magari è tornata e verrebbe a cena. La chiamo:
“Sto uscendo”, annuncia
soddisfatta.
“?”
“Vado a correre finalmente!”
“Ah... io ci sono appena
andato... ma quanto corri? Se non stai fuori troppo posso aspettarti”
Negoziazione tra runners
ma Chiara è una ragazza decisa: dieci chilometri con sovrappiù di due di
riscaldamento ha detto di fare e tanto farà.
“Vabbè, niente, faccio io,
me ne andrò a piedi verso il centro per trovare un ristorante decente”. Lei mi
spiega la strada più breve, ci metterò quindici venti minuti, la saluto.
La richiamo: “Ma stai in palestra
o corri fuori?”
“Pensavo fuori, sembra che
non piova adesso”
“No, perché mi è venuta in
mente un’idea idiota... mi rivesto e vengo a correre con te!”
“Sì dai così mi aiuti a
tenere il passo!”
“Cinque minuti alla
reception”
Per farvela breve ho corso
altri nove chilometri abbondanti, inclusivi di riscaldamento, nel buio contro vento e pioggia e in pure in
maniche corte (l’unica maglia a manica lunga che avevo era ancora fradicia, i
pantaloncini li avevo messi casualmente su un calorifero e si erano asciugati).
Non me la sono sentita di fare lo sborone e di reggere tutti i suoi dodici
chilometri: un doppio allenamento di venti chilometri intramezzati da pausa di
venti minuti (con doccia) mi è sembrato fuori luogo per un martedì qualunque. A
parte il chilometraggio ho fatto un allenamento assurdo: niente riscaldamento,
otto chilomentri veloci, due chilometri lenti e sette chilometri a passo
tranquillo.
La morale?
La chiedo a voi.
Tira più...
Vooolgari!
No, io avevo pensato una
morale più delicata: la pubblicità fa male, e nel video dovrebbero scrivere da
qualche parte in caratteri minuscoli: “Attenzione: le attività mostrate sono
eseguite da personale opportunamente addestrato e non sono assolutamente da
imitare, se non previa certificazione medica e sotto la guida di un allenatore
preparato. La corsa può nuocere gravemente alla salute”.
Oppure: di lui si potrà
dire che gli ha nuociuto non tanto il correre quanto il ri-correre.
Oppure nessuna morale,
nessun pensiero recondito, ha corso e basta.
Vorrei poter asserire, per
rassicurare Elena, che Chiara comunque è brutta e antipatica. Vorrei davvero poterlo
fare.
sei un grade runner e che tu sia leone o gazzella ...............corri
RispondiEliminaMa guarda cosa mi tocca leggere, divertente, lo racconto ad Ade! David (quello che ti ha dato buca con la scusa del taxi :-)
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