“Eh, lui sì che corre!” dice Marco indicandomi con un cenno della testa a
un collega che non conosco mentre mi incrociano in corridoio.
“Mah, - faccio io imbarazzato, - più che correre faccio l’animatore, l’intrattenitore
di quelli che corrono!”
Ci siamo lasciati salutandoci ma il loro sguardo stupito mi ci ha fatto
ripensare: questa storia dell’animatore l’ho già tirata fuori un paio di volte,
un po’ per uscire dall’imbarazzo, perché rispetto a buona parte dei miei amici
e colleghi del gruppo podistico corro più piano e quindi usare lo stesso
termine, correre, per tutti, e in particolare per me, mi pare esagerato, d’altra
parte ci saranno senz’altro tanti altri a cui non penso che corrono più
lentamente di me e quindi è esagerato anche il mio imbarazzo. Però oltre all’imbarazzo
c’è dell’altro: tra il blog, i racconti in cui mi lancio durante le uscite
collettive, le barzellette, in fondo quello che cerco di fare è di rendermi
utile animando il gruppo. Ossia fare un po’ l’animatore.
Dopo il Running Motivator (decantato da un po’ di mesi su ‘Correre’ a colpi
di intere paginate, ma che mi lascia assai dubbioso) ecco il ‘Running Entertainer’.
Entertainer... trainer: l’assonanza fa scoccare la scintilla ed ecco il
neologismo: ‘entertrainer’ che è, a seconda dell’occasione, un ‘entertaining
trainer’, un allenatore che ti intrattiene, o un ‘training entertainer’, un
intrattenitore che ti fa allenare.
A pensarci bene però il problema, per essere un valido ‘entertrainer’, è
che tu vada al passo con il tuo ‘entertrained’, quindi si può fare in “discesa”
ma difficilmente potrò intrattenere qualcuno che corra più veloce di me. E
questo, indubbiamente, mi taglia la buona parte del mercato. Peccato ho perso
una interessante opportunità lavorativa.
Nonostante ciò continuo a pensarci: cosa fa il ‘Running Entertrainer’?
Prima. Progetta il percorso in base alla distanza da percorrere (tra un’uscita
da una decina di chilometri e un lungo da una trentina c’è una bella
differenza, e in quest’ultimo caso la difficoltà risiede più nel non ripetersi
per non annoiarsi), al tipo di allenamento (piano o collinare, asfalto o
sterrato), alla stagione (un bel giro primaverile o autunnale è ben diverso da
uno nel freddo e nel gelo di febbraio), alle condizioni meteorologiche (se è
prevista pioggia o vento è preferibile un percorso più riparato, come invece d’estate
è fondamentale correre su un lato in ombra piuttosto che in pieno sole). La
scelta del percorso spesso influenza tutto l’allenamento: se l’idea di andare
fino ai Renai angoscia Luigi ancor prima di partire, il suo rendimento ne
potrebbe essere impattato. Grande soddisfazione mi ha dato il ringraziamento
del mio compagno di corsa dopo un giro che in 18km ci ha portato per ben due
volte su e giù per la collina del Piazzale Michelangelo e di Arcetri, salendo e
scendendo sempre per una via diversa (e quindi in totale quattro diversi
percorsi): i panorami e le atmosfere saranno il ricordo più forte di quell’allenamento.
Non va neppure scordata la distanza stessa: può sembrare banale ma se si ha in
programma di correre 28km è assai fastidioso completare l’allenamento e
ritrovarsi a un chilometro o due dal punto dove abbiamo lasciato l’auto oppure
passare davanti alle sirene accosciate sul cofano della propria auto e scoprire
che invece ti manca ancora un chilometro per assolvere il compito del giorno. Il
buon Running Entertrainer fa in modo che l’allenamento e la logistica siano in
perfetta armonia.
Ovviamente, in precedenza si saranno analizzate e confrontate le tabelle di
allenamento, con la giusta serietà ma anche leggerezza: sono così tante le
variabili in gioco che l’esperienza ci rassicura che anche “sbagliare” un
dettaglio non sarà letale.
Durante. Oltre a tenere d’occhio il passo del gruppo, ne approfitta per
fare conversazione, ovviamente meno si è e più semplice è intraprendere una discussione
approfondita. Già da tre persone si è costretti a argomenti che siano ben
accetti a tutta la compagnia, in cui non è detto che vari membri abbiano la stessa
confidenza e familiarità gli uni con gli altri. A parte gli usuali temi legati
alla corsa stessa, come allenamenti passati, corse future, scarpe acquistate o
prospettate, infortuni e aneddoti, si può parlare di tutto: libri da leggere (un
bell’esempio: “Via della trincea”
scoperto durante un’ascesa a Monte Morello), film da vedere, filosofia (un
esempio legato alla corsa è “Running
with the pack” che ho illustrato al gruppo salendo alle Cave di Maiano), paesaggi
inaspettati (il Giardino delle Rose ben nascosto sotto il Piazzale Michelangelo,
stradine del centro mai percorse, un andito di campagna in piena città), digressioni
linguistiche (cosa vuol dire “riscontrare” e come si usa? Si può andare a
riscontrare in bici qualcuno che sta correndo?) e poi ovviamente le barzellette.
Dopo. Con un racconto orale o scritto (talvolta prima orale e poi scritto)
rende un fatto banale un evento epico, istituzionalizza un percorso casuale in
un tragitto riconoscibile e ripercorribile in futuro, raccoglie le barzellette
più insulse trasfigurandole, una volta associate ai momenti eroici in cui sono
state raccontate. Insomma si fa cantore di storie e facitore della Storia.
Però: bello questo mestiere di ‘Running Entertrainer’, certo il bello, o il
brutto, è che va fatto di corsa e come dicevo all’inizio lo si può svolgere
solo con chi corre veloce come te o più lento. È uno stimolo a allenarsi di più
e poter ‘intrattenallenare’ (non malissimo anche se ‘entertraining’ è più
bello) una più vasta platea di runners.
Vabbè, diciamocelo: il ‘Running Entertrainer’ non esiste, se però esistesse
mi piacerebbe esserlo.
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