Don... don... don... Al
dodicesimo rintocco delle campane di Santo Spirito, c’era un runner a terra!
La
cameriera bruna seduta sulla panca insieme alla collega bionda in via Santo
Spirito se l’era appena visto sfrecciare davanti quasi le portava via la
sigaretta.
Al ragazzo con lo zaino, uscito
prima da scuola saltando l'ultima ora, ha tagliato la strada proprio mentre attraversava
con il verde.
La turista americana ha
gridato quando l’ha visto sparire giù proprio mentre passava l'autobus.
Quelli che erano ad
aspettare alla fermata sull'altro lato della strada davanti alla pasticceria
invece l'hanno visto bene, è carambolato a terra poi si è rialzato senza
smettere di correre verso il ponte alla Carraia ed è scomparso sul lungarno in
direzione del Seminario Maggiore: non si doveva esser fatto poi tanto male.
Il marciapiede
è parzialmente occupato da due cameriere sedute a fumare su una panca fuori da
una trattoria, è ancora presto per il pranzo. Stanno suonando le campane, deve
essere mezzogiorno, sarebbe un'ora e mezza che corro? Sì, ci sta. All'incrocio vedo
un po' di traffico, mi insinuo tra una turista e un ragazzino girando a destra
per risalire verso l'Arno, improvvisamente mi trovo a incrociare l'autobus
arancione che sta andando in direzione opposta, verso via de’ Serragli: tengo
la destra, intravedo un tombino bello lucido per la pioggia, il piede destro ci
atterra sopra con l'esterno del tallone mentre il piede sinistro è in volo,
sento l'appoggio andar via e sono a terra, non ci credo: in posizione fetale
sto strisciando sulle lisce lastre di pietra sotto gli occhi dei passanti,
appena una parte di me fa attrito comincio a ruotare, ricordandomi di quanto
imparato durante gli anni di karate, non oppongo resistenza e, restando in
posizione raggruppata, mi lascio ruzzolare finché non mi ritrovo di nuovo con i
piedi a terra e mi rimetto ritto continuando a correre, in pratica ho fatto una
capriola un po' in tralice. Passo davanti alla fermata dell'autobus e alla pasticceria
dove tante volte sono venuto a fare colazione con Elena, mentre corro mi
assicuro che il cappellino sia ancora infilato nei pantaloncini, il gomito ha
strusciato e frizza un po' ma niente di grave, sento le gambe bagnate e sporche
ma non è niente, non ho neppure fermato il cronometro, dopo qualche metro un
ronzio mi avverte che è finito il sedicesimo chilometro: poco sopra i cinque
minuti, niente male tenuto conto anche della capriola.
La
morale: forse dovrei rivedere il mio imperativo categorico: mai fermarsi! Mi è
andata bene come al solito ma potrebbe aver ragione Ema a fermarsi ai semafori
o a rallentare agli incroci (anche se lui esagera nello zelo): se l'autobus
fosse passato pochi secondi dopo e ruzzolando ci fossi finito sotto?
Notazione meno drammatica: quando è bagnato fate attenzione a poggiare il
piede sulla pianta e non sul tallone. Se poi potete evitare i tombini è meglio.
PS: meno male che, come ad andare in bici, certe cose non si scordano mai...
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