Ritarare i propri obbiettivi in corsa (letteralmente,
ma si potrebbe applicare a qualunque altro ambito) è saggezza o codardia?
Domenica scorsa avevo programmato un allenamento
di 25km a certe andature prefissate. Era piuttosto ambizioso, di quegli
allenamenti che mi vengono benissimo la sera a letto poco prima di addormentarmi,
poi la mattina quando mi vesto già mi paiono un po’ arrischiati.
Mentre parto individuo delle asimmetrie nei vari tratti
e da 25 arrotondo a 24, che posso dividere meglio per tre: 8 + 8 + 8. Solo
amore per la perfezione.
Dopo quache chilometro comunico a Ema che è meglio
allungare a 10 il tratto iniziale, ossia quello più lento. Nella mia mente
ingenua e sincera penso di venire incontro a lui e che poi nell'ultimo tratto,
più breve, riuscirò a andare più veloce del previsto. E poi: 10 + 8 + 6 ha un
senso: è una sorta di piramide. Tout se tient.
Arrivato a 15km comincio a avvertire la stanchezza
e proiettare altri 10km davanti a me, con velocità crescente, mi pare
infattibile. Un totale di 22km mi pare più ragionevole: aggiudicato.
Appena superato il 18°km le gambe si induriscono
in modo repetino e mi sembra di correre sulla battigia. Osservo con stupore l'asfalto
umido sotto di me per sicurezza: niente sabbia. La situazione si aggrava, è in
corso una sorta di shut-down automatico.
Ho sbagliato qualcosa, forse sono partito troppo
veloce e poi ho continuato a aumentare... ma devo fare 22km e me ne mancano ancora
4 e mi sto quasi fermando.
Cerco di razionalizzare: un chilometro di
recupero. Mi abbandono in folle, le gambe vanno quanto possono. Dopo qualche
centinaia di metri mi sento meglio, riprendo anche se riesco a assestarmi su un’andatura
più lenta di quella programmata. Reggo al meglio. A quel punto mi rendo conto
che se punto direttamente all'auto faccio 21,5 e non 22km... la tentazione è
forte: 21,5 o 22 la differenza non è significativa... No, tiro dritto e
completo i 22 prima di tornare al via. Sono fiero di me.
Ma non ero allo stremo: la settimana prima una situazione
analoga: a 31km mi ero accorto che proseguendo direttamente verso casa ne avrei
fatti 32 anziché 33 come pianificato: me ne sono sbattuto e ho puntato alla
meta. Ma lì la condizione fisica e mentale erano ben diverse...
Ciò detto: fare forza su se stesso, imporsi di
raggiungere gli obbiettivi fa la differenza, permette di migliorarsi.
Riconoscere i propri limiti, magari di quel momento, ascoltare il proprio corpo
è saggio e permette di evitare danni e infortuni.
Allora? Imporsi o ascoltarsi? Come si fa a essere
sicuri che stiamo ascoltando un allarme sincero e non una menzogna
inconsapevole? Talvolta lo si capisce solo dopo.
Eroe o codardo? Bianco o nero? Meno male che
esistono (ben più di) cinquanta sfumature di grigio.
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