Partiamo dall’inizio e dai
mezzi di comunicazione che come vedremo hanno giocato un ruolo non secondario
in questa piccola ma curiosa vicenda.
A inizio anno Filippo
espresse il proposito di partecipare alla sua prima maratona in autunno e mi
chiese una mano nel prepararla. Entusiasta e quasi paternamente (ziisticamente
non mi pare che esista) commosso dalla richiesta accettai e anzi proposi di
partire da una mezzamaratona in primavera (e anche quella sarebbe stata la sua
“prima volta”) a cui poi sarebbe seguita la maratona in autunno. Anche Ema
aderì immediatamente (fatto salvo il diritto al ringambo, di cui si merita il
titolo di maestro emerito, del quale vedremo alcuni risvolti nella vicenda di cui
prima o poi arriverò a parlare). A quel punto formai un gruppo in Whatsapp, “Correre
in Famiglia”, che sarebbe stato il canale di comunicazione per fissare ritrovi,
scambiare programmi, condividere pensieri e considerazioni. Anche questo
particolare è pertinente.
La mezzamaratona
primaverile è stata portata a termine ma, come molti di coloro che corrono
abitualmente possono immaginare con facilità, gli infortuni hanno frastagliato
gli allenamenti, a rotazione, dei vari membri del gruppo, e oggi sarebbe stata la
prima occasione, da quasi due mesi, per correre nuovamente tutti e tre insieme.
Per aumentare le variabili
in gioco, si era aggiunto Gigi di ritorno da una vacanza in Giappone e che, nonostante
bronchite, aerosol e antibiotici, era disponibile a qualunque corsa avessimo
programmato.
Quindi da tre o quattro
giorni avevo cominciato a programmare questa uscita comunicando con gli uni e
con l’altro tramite Whatsapp: scambi di gruppo con Ema e Filippo e individuali
con Gigi. Altro dettaglio da tenere a mente.
Mentre Filippo aveva
imposto la domenica mattina ma era incerto sull’orario, Ema aveva cominciato a
frapporre non meglio identificati impedimenti, ma dicendosi disponibile, nel
caso in cui avesse potuto, ad aggregarsi dove e quando avessimo fissato. L’arte
del rimgambo: non potevi rinfacciargli che rinunciava dato che in principio lui
non aveva rinunciato, anzi aveva espresso tutta l’intenzione di partecipare,
purché gli impegni glielo avessero
consentito. Se poi non lo avessimo visto, ce lo aveva detto! Su quali fossero
poi questi impegni, si era mantenuto sul vago ma alla fine aveva buttato lì che
il problema consisteva nel fatto che sabato sera avrebbe fatto “ultra-tardi”
che per un padre di figli pre-adolescenti difficilmente può voler dire le sei
di mattina, ma quell’”ultra” lasciava un’alea di pretesa commiserazione che non
potevi, per cortesia, mettere in dubbio. Un maestro, come avevo anticipato.
Alla fine si era addivenuti
a una soluzione condivisa: domenica mattina alle 9.00 davanti alla facoltà di
Agraria alle Cascine.
Casualmente sabato sera,
complice il saggio di canto di Elena e la successiva pizza di gruppo a cui
avevo di buon grado acconsentito, sono andato a letto tardi e, forse a causa di
difficoltà digestive acuitesi con l’età, ho spento la luce dando un occhio alla
sveglia: le due e mezzo!, domattina quando suonerà alle otto proverò un dolore
atroce.
Così è stato e, mentre
preparo la colazione, accendo lo smartphone e vedo un messaggio di Filippo
che, a mezzanotte e quaranta, sul gruppo di Whatsapp annunciava di essere
ancora da amici e di non farcela, ringambando. Resto senza parole, butto lì che
non avevo letto il messaggio ieri sera anche se – senza passarmi neanche per un
attimo l’idea di ringambare, a me! – mi ero addormentato dopo le due e mezzo.
Ema si inserisce: “Sono
già alle cascine muoviti!”
“Devo fare colazione”,
rispondo subito, poi guardo l’ora: sono le 8.35, Ema manco veniva, mi sta prendendo
in giro:
“A te non ti parlo” e
chiudo lì.
Visto il rincoglionimento
oggettivo e sapendo che Gigi voleva partire più tardi possibile, gli mando subito un
messaggio spiegando la situazione e concordo un posticipo di mezz’ora: 9.30 ma
partendo da casa mia anziché da Agraria più comodo per entrambi.
Durante la nostra oretta
di corsa, dopo il racconto del suo viaggio in Giappone, gli ho infine riassunto
quanto sopra: non c’è più religione, ma ti rendi conto questi nipoti di oggi,
non hanno più spirito di sacrificio, nessun senso deontologico, ti giuro che
neanche avevo preso in considerazione la possibilità di rinunciare perché ieri
sera alle due e mezzo non mi ero ancora addormentato, e loro...
“Marcoooo!”
Mi giro verso il triangolo
di prato tra la scuola di Agraria e l’ippodromo, dove gruppi di peruviani
stavano già approntando i tavoli e le cucine da campo per il pranzo domenicale.
“Marcooo!” grida ancora un
tizio tarchiato con la maglietta bianca che mi saluta con la mano.
Con Gigi ci fermiamo:
“Chi sei?” urlo di rimando
Poi alle sue spalle vedo
un tizio con un cesto di capelli che mi saluta: Ema!
“Fava!” dico mentre deviamo
verso di lui.
Cos’era successo? Si era
svegliato inaspettatamente presto e, per farci una sorpresa (dopo il "pacco" voleva farci il "doppio pacco"), era venuto
all’appuntamento senza dire niente. Quando aveva visto lo scambio si era
inserito per farmi che capire che lui c’era. Aveva interpretato la mia risposta
nel senso che, dovendo io fare colazione, avrei un po’ tardato e ci aveva
aspettato fino alle 9.30. Dopodiché aveva fatto un giro verso ponte vecchio ipotizzando
che ci fossimo mancanti e che probabilmente avremmo fatto un giro sui lungarni,
con la speranza di incrociarci in qualche punto.
Il caso ha voluto che
avesse parcheggiato lì e ci avesse visto mentre beveva un integratore. Quindi
incontrare ci siamo incontrati ma in pratica alla fine della rispettiva corsa.
La morale?
Almeno duplice:
Uno. I nipoti di
oggigiorno supereranno gli zii (e già lo hanno fatto) ma gli zii continueranno
a scuotere la testa e a sostenere che non ci sono più i nipoti di una volta.
Due. La comunicazione: se
invece di usare la tecnologia sopraffina affidandosi a messaggi forzatamente
ridotti e malinterpretabili, fossimo ricorsi a una impegnativa ancorché vetusta
ma semplice telefonata forse sarebbe
stato meno buffo ma avremmo corso tutti insieme.
Ma forse è giusto così, i
nipoti fanno i nipoti, gli zii fanno gli zii, ci si perde e ci si ritrova con
lo smartphone come (da quasi vent’anni) con gli sms e (prima ancora) con il
telefono fisso.
La mia vera morale? Raccontare
storielle e, possibilmente, riderne. Ma senza perderci (e prenderci) sul serio.
Epilogo (dopo le morali di coda)
Io e Gigi trotterelliamo via sul prato passando tra i tavoli già allestiti per il pranzo:
"Ciao Marco!"
"Ciao!" mi giro e sorrido al giovane ristoratore peruviano dalla voce possente.
Epilogo (dopo le morali di coda)
Io e Gigi trotterelliamo via sul prato passando tra i tavoli già allestiti per il pranzo:
"Ciao Marco!"
"Ciao!" mi giro e sorrido al giovane ristoratore peruviano dalla voce possente.
meglio il telefono
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