Tra parentesi, il
passo da lunghissimo è proprio quello da ritmo “chiacchierata”, ottimo pertanto
per passare un paio d’ore con un amico. E ringrazio di avere quasi sempre un
compagno con cui condividere un lunghissimo: oltre a poter chiacchierare di
qualunque cosa, aiuta moltissimo a distrarsi e a arrivare alla fine (diciamo
almeno fino al ventesimo chilometro) quasi senza accorgersene.
Comunque
tornando a quello che so e a cui accennavo all’inizio: per i primi chilometri
mi sento sempre molto affaticato, e, se mi distraggo a pensare a quanti
chilometri ancora dovrò fare, è dura non scoraggiarmi o perlomeno mi pare
impossibile potercela fare.
Poi però
succede una cosa strana: improvvisamente alzo la testa, sorrido al paesaggio,
prendo con brio la guida, mi sento proprio bene. Lo so anche senza guardare il
garmin: ho fatto otto chilometri. Ovviamente se non sono otto saranno nove, di
certo non sono sei né dieci.
È la “finestra
dell’ottavo chilometro”, quella a cui mi affaccio sereno a contemplare il
paesaggio. Purtroppo la finestra va chiusa poco dopo il decimo chilometro.
Anche allora quasi non me ne accorgo però ho ripreso a controllare l’andatura,
la posizione, la respirazione per mantenere il passo del mio compagno. E tutto
torna normale.
Quindi, almeno
per me, oltre al “muro del trentesimo chilometro” (abitualmente per me varia
tra il trentesimo e il trentaquattresimo, e se non è proprio un muro è comunque
una bella cancellata), esiste la “finestra dell’ottavo chilometro”.
C’è nessuno che
ha uno stato di grazia (o di crisi) ricorrente, tipo, che so, la “porta del
ventesimo” o “lo stagno del venticinquesimo”? Parliamone!...
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