Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

mercoledì 3 settembre 2014

Bam...bini, gat...tini, fido ... (lasciamoli giocare, i bambini)

È possibile che un essere perfetto (si fa per fare un esempio), che si allena sei giorni su sette (se Elena non lo sapesse, sarebbe meglio, comunque), in 3 discipline diverse (questo oramai l’ha capito), possa infortunarsi con un gioco da bambini?
Museo di scienza di Glasgow. Tre corsie in sintetico lunghe una decina di metri. Tutta un’apparecchiatura per rivedere i propri movimenti, provare la propria velocità.
Appena due bambini di circa dieci anni si sono sfogati sotto gli occhi amorevoli della nonna, mi avvicino con fare sornione.
Mi piace vincere facile?!?
Appoggio lo zaino. Mi metto in posizione, non ci avevo pensato: eretta? Si scatta male. A terra? Non esageriamo. Una via di mezzo, non facciamola troppo lunga. Pigio il pulsante: steady, ready, Go!
Ahi!
Il dolore è stato pungente, subito sotto la chiappa destra.
Neanche un metro. Cammino con indifferenza fuori dalle corsie, tamponandomi la chiappa e soffiando a denti stretti: “mi sono fatto male, mi sono fatto male”.
Elena mi deride con gentilezza, pensa che esageri... come al solito, avrà pensato, mi preoccupo per qualunque dolorino.
Io ho avuto paura, un tipo di dolore che mi era ignoto e gli articoli letti su contratture, stiramenti e i cosiddetti strappi, non mi fanno ben sperare. Però poi camminando non mi fa male, e proseguo la visita del museo.
Da allora ci ho corso senza problemi (addirittura tre uscite sui venti chilometri) e sono anche andato in bicicletta, il tutto senza provare alcun dolore.
Poi un controllino a una caviglia e mi viene in mente di raccontare anche questo episodio. Mi stendo supino e Stefano-mani-di-fata, Stefano il pacifico, Budda-Stefano, mi dice:
“E questa buca?”
O porca miseria, soffio contro la carta su cui sto appoggiando la testa.
“Ti faccio una foto”
Me la fa vedere. Innanzitutto vi sfido a riconoscere un primissimo piano del dietro delle vostre cosce, non dico i polpacci, quelli riusciamo anche a vederceli, ma il bicipite femorale, insomma quel tratto di gamba che va dal gluteo a dietro il ginocchio: potrebbe essere di chiunque altro. Sembra anche di gomma. E quello sono io?
D’altra parte mi ha fatto per sbaglio pure un filmino... sono proprio le mie gambe.
“Vedi, sulla gamba destra c’è un avvallamento, qui sulla sinistra invece non c’è.”
Incredibile ma indubbio.
“È uno strappo muscolare”
Eh, l’avevo capito,
“Ti mando la foto”
No. Grazie.
“Ti mando anche il filmino”
No. Grazie. No.
“No, non importa”
 Mi rivesto, devo andare in ufficio.
“Non ti preoccupare non è niente, non inficia le prestazioni, hai i muscoli delle gambe potenti che compensano”...
Porca miseria un pezzo della mia gamba si è rotto e non lo posso riattaccare, quasi peggio che mi si fosse rotto un osso.
“Se vuoi ti puoi fare un’ecografia”
“E poi?” lo guardo dubbioso, ma dentro covo una noce di speranza.
“Niente, per capire cosa è successo”
Ti pareva.
“Lasciamo perdere”
“Puoi comunque cominciare a riallungare il muscolo, piano piano, è passato quasi un mese...”

La morale: innanzitutto i bambini vanno lasciati giocare.

Poi una conferma: beata ignoranza! Mi sono allenato per un mese, sovrapponendo pure la parte finale della preparazione per un triathlon olimpico con l’inizio della preparazione per una maratona senza alcun problema. Poi vengo a sapere che ho fatto tutto con una buchetta dietro la gamba e mi spavento?