Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

lunedì 28 aprile 2014

Saluti misti

Del saluto tra runners ho già parlato (“Saluti a tutti (sia pure in incognito), anche alle Cascine) e qualcuno – Beppe, mi pare – si è pure offeso a suo tempo, non ricordo perché però avrà avuto sicuramente una qualche ragione.
Ora però ho osservato un saluto misto che mi ha sorpreso.
Lunedì mattina, Pasquetta, mi aggiravo in incognito per le colline intorno a Firenze: travestito da ciclista stavo scendendo da Pozzolatico verso San Felice a Ema quando ti vedo un runner che se ne viene su con piglio deciso e postura corretta. Lo guardo con curiosità: un gatto osserva immoto un altro felino passargli dappresso, e l'altro allo stesso tempo passa e ricambia lo sguardo e sfila via lento senza paura. Solo che io ero io, ma sotto un caschetto e dietro degli occhiali scuri e avvinghiato a uno strumento inanimato ma movimentato, e quindi di una razza diversa, un gatto che guarda un cane piuttosto che un altro gatto.
Però in quei brevi istanti io ho guardato lui e lui ha guardato me e ci siamo salutati, come ci si saluta tra podisti o (non sono sicuro perché non ho grossa esperienza in merito) tra ciclisti.
Forse mi sorprendo facilmente però secondo me lui se n'è accorto che io lo guardavo con solidarietà, con complicità, anche se io sfrecciavo in discesa su un mezzo vigliaccamente a due ruote e lui faticava in salita su dei piedi che non si possono fermare mai. Insomma che ero anche io un runner, sia pure in incognita.
Comunque sia: un gesto della testa e un sorriso.
Tutto qui.

PS: Un lettore attento avrà notato con cruccio stupito che io stavo pedalando anziché correndo. Complimenti, lettore attento, a te non sfugge nulla. Se tu la sapessi tutta... un indizio: ciaf ciaf...

lunedì 21 aprile 2014

Bere l'amaro calice. Fino in fondo. (SuisseGas Milano 2014)

Ne ho parlato poco e scritto niente. Ci sarà stato un motivo. Per elaborare definitivamente il lutto niente di meglio che un breve ricordo, non un epitaffio, sono ancora vivo, ma pochi ricordi visuali e sonori di una maratona sofferta (quando mai il contrario?, però c’è sofferenza soddisfatta – almeno dopo - ma non è questo il caso).
Comunque sia l’evento da elaborare è la Maratona di Milano, corsa a inizio aprile.
Nota positiva: ho completato una maratona dopo l’infortunio che lo scorso autunno mi ha impedito di correre quella di Firenze nella sua interezza.
Nota negativa: oltre alla sofferenza, una prestazione che mi ha fatto tornare indietro di quattro anni. E qui la finisco con le lamentele.

Vorrei trattenere qui solo ricordi.

Il viadotto pedonale che attraversa il quartiere fieristico a Rho, all’alba, invaso da una truppa dalle divise multiformi che attraversa dubbiosa una città del futuro abbandonata, tranne una navicella spaziale attraccata a una banchina a cui io, Ema e Andrea prendiamo un caffè.

Il sole che, spuntato dalla foschia già prima di partire, scalda la pelle: sarà una giornata bellissima. Maledizione.

Solo tra centinaia di persone, vago nella campagna, frazione dopo frazione dai nomi letti solo sulla cartina, finché un cartello mi dice Milano: cerco di imprimermi i dettagli, di capire dove sto passando ma mancano le didascalie.

Porta Venezia: Elena e Elisa che mi incoraggiano. Elisa mi dice: “Se sei stanco rallenta!” E io: “Ho già rallentato!”

Mi rendo  conto che finirò con un tempo molto peggiore di quanto ipotizzato nel peggiore degli scenari, sono cosciente che mi aspettano 15km di sofferenza, che non ce la faccio più già adesso come posso correre per altri 15km?

“Ce l'avete l'energia,  non lo sapete ma c'è l'avete dentro di  voi!”
È una volontaria che ci sta gridando a un incrocio.
“Che cazz dice”, mi ribello.
“Però forse, se lo dice”,
Non lo sapete, le parole rimbalzano molli nella mia testa stanca, dentro di voi, attutite.
“E se ce l'avessi davvero quell'energia?”. intanto manca un km di meno.

Piazza del Duomo, il sole. Barbara che mi chiama dalle transenne. La foto di me che mi giro sorridente con il duomo illuminato alle mie spalle: quello sarà un mio ricordo di me quando la sofferenza e l'insoddisfazione saranno dimenticate.

Voglio arrivare in fondo. Non guardo più il garmin da chilometri ormai, almneo da Porta Venezia, e non lo guarderò più altrimenti mi fermo. No, ecco fermarmi no, il ricordo di Roma è un monito che non posso ignorare.

Pietre rossastre da centrare con attenzione, verghe dei tram da scansare, le caviglie da conservare con cura. Conto le centinaia di metri al ristoro, adesso cammino per bere e mangiare pezzi di banana, l’idea di un gel dolcissimo mi disgusta. Riparto e purtroppo mancano cinque chilometri al prossimo.

Viale dritto, alla mia destra, vicino al tronco di un albero due gambe sorrette da qualcuno mentre un altro runner schiaffeggia una persona a terra, “Signora! Mi sente?”. Se mi fermassi, penso cercando di nascondere il senso di colpa, non avrei la forza di aiutare nessuno. Intanto le gambe senza alcuna sensibilità mi hanno portato avanti e la scena è uscita dalla mia visuale.

“Se mi dai una mano a alzarmi ti cedo il posto sulla panca.”
“Affare fatto!” e una mano tesa: solo così riesco a rialzarmi e uscire dal tendone soffocante adibito a spogliatoio. Ho dovuto rinunciare a cambiarmi, giusto la maglietta: appena provavo togliermi un calzino i crampi mi assalivano.


Qualcuno riferisce che andando verso la metro io abbia detto che non avrei più corso maratone. Non ricordo.