Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

martedì 26 novembre 2013

Un fatterello (di cosa si parla quando si parla di amicizia?)

Un fatterello avvenuto domenica mattina che mi sono scordato di menzionare nel mio precedente racconto sulla Maratona di Firenze 2013.
Siamo sotto la Torre della Zecca, abbiamo fatto le foto di rito, ci stiamo preparando a recarci a lasciare il sacco con quello che ci servirà al termine.
Fatte le ultime scelte, riposto guanti e cappellino, non fa abbastanza freddo, chiudo il sacco tirando la cordicella rossa e tenendolo così sollevato: mentre l’apertura si serra, circa cinque centimetri più in basso, si apre uno sbrano per tutta la larghezza. Il sacco è chiuso ma una grande bocca aperta mi mostra il suo contenuto.
Non panico ma smarrimento, sì. Fossi stato più preoccupato per la gara avrei potuto interpretare questo evento come un antico aruspice e leggerci un preconio di sventura. Ma le mie aspettative riguardo alla gara sono modeste, il problema resta puramente pratico: come lasciare un sacco aperto sballottato tra centinaia di altri sacchi.
Di fronte a me c’è casualmente Dritan che ha appena finito di appuntarsi il pettorale con i quattro spilli da balia di ordinanza. Lo guardo senza dire nulla, l’immonda bocca aperta del mio sacco parla da sé. Non dice niente neanche lui ma mi prende il sacco e comincia a cercare un modo per fare un nodo al di sotto della breccia. Non sono buono a fare nodi, io, e il sacco è piuttosto rigonfio. Mi presto docile a tenere stretto il collo del sacco e lascio che lui elabori un intricato nodo plurimo. Dopo qualche minuto di silenzio ho in mano un salsicciotto all’apparenza ben sigillato.
Non ricordo di averlo ringraziato, spero di averlo fatto, sicuramente devo averlo ringraziato, ma potrei anche non averlo fatto: in quei momenti la solidarietà, la comunione è tale che aiutare e essere aiutato è tutt’uno senza bisogno di chiedere o di ringraziare.
Ci siamo salutati poco dopo, stringendoci la mano, con una stretta intorno al pollice, di quelle strette alla pari che non possono stritolare le dita, e augurandoci un “in bocca al lupo”.
Un fatterello, ho detto. Niente più.


PS: Giusto per sicurezza: Grazie Dritan!

domenica 24 novembre 2013

L’altra maratona (ce n’è di gente strana)

L’avevo detto che avrei partecipato per il piacere dell’evento, per condividere l’atmosfera della partenza con gli amici e i colleghi, e per gustarmi la festa nelle strade di Firenze.
Ringrazio il Signore, Allah, gli dei del Walhalla o la Forza per averci concesso una giornata splendida da un punto di vista atmosferico: cielo sereno e temperatura mite con poco vento. Questo ha contribuito fortemente a conferire un’atmosfera ridanciana e festosa alla comitiva, eravamo un gruppo nutrito per la foto di rito prima dell’ingresso alle gabbie, e a tutti gli undicimila in generale: aspettare sotto la pioggia battente o sferzati dal vento insidioso e fustigatore di fine novembre non sarebbe stato altrettanto piacevole se pur più epico.
Detto ciò non avevo grandi aspettative.
“Metti le mani avanti”, mi ha detto facendomi gli auguri venerdì pomeriggio.
“No è realismo” ho ribattuto io. Ma lui avrà avuto la conferma che mettevo le mani avanti.
Se avessi proseguito quella sorta di preparazione di riparazione che stavo portando avanti con cocciutaggine oggi avrei dovuto fare trenta chilometri: sono partito più piano, avevo la tartaruga invece della lepre, (Simone, che ringrazio, è stato ferreo nel tenere la media che avevamo concordato e frenandomi con tenacia) e ne ho fatti trentatré ma poi mi sono fermato dopo che gli ultimi chilometri stavo procedendo in “modalità critica” o “con i remi in barca”, incapace di qualunque azione guidata e poi avevo pure cominciato a zoppicare e il primo insegnamento, che è soprattutto un impulso intrinseco di salvaguardia, è quello di arrivare integro all’arrivo, mi ha fatto desistere.
Luigi aveva detto che il richiamo dello scooter sarebbe stato troppo forte passando nei paraggi della partenza. E continuerà sotto sotto a pensarlo.
Non voglio qui piagnucolare per il fatto che non ho terminato la gara ma riportare quei piccoli momenti che mi hanno fatto godere la festa a partire da prima della partenza fino a che ho resistito.

Innanzitutto sono orgoglioso che uno dei partecipanti più ammirati nell’area della partenza fosse un collega e facesse parte del nostro gruppo: se avete visto un tizio con i capelli lunghi e spettinati su un pigiama di flanella a righe celesti e blu pensando che si fosse appena alzato da letto con indolenza oppure appena evaso dalla Cayenna, quello era Giancarlo. Alcuni fortunati si sono beccati in testa prima i pantaloni poi la giacca del pigiama prima dello sparo. Un onore a suo dire. Confermo pertanto che, come hanno protestato due delusi runner foresti, non ha corso in pigiama.

Poi visto che al trentacinquesimo chilometro non sarei stato con loro in ogni caso ho sparato la barzelletta idiota (dell'importanza della barzelletta idiota sotto sforzo ne ho parlato varie volte) prima della partenza:
cosa dice la supposta al razzo?
“Beato te che vai in cielo!...”
L’avevo detto io che era idiota e pertanto ben si adattava al momento topico della corsa. Anche se a ben pensarci pareva riferirsi a un colloquio prima di una partenza.

All’Indiano ero ancora in forma e quando qualcuno ha chiesto a qualcun altro perché si chiamasse così, mi sono intromesso e ho raccontato la storia del marajà morto e del fatto che fosse stato sepolto al congiungimento di due fiumi, Mugnone e Arno, come ricordava il monumento. Il gruppo di veneti che mi circondava ha ringraziato soddisfatto per la parentesi culturale.

Non mancava il runner abbigliato da capo tribù pellerossa agghindato con il tipico diadema di penne sulla testa e un gonnellino che voleva essere indianesco. Sul lungarno Santa Rosa l’abbiamo sorpassato che si stava fermando e non ho resistito: “Guarda Toro Seduto!”

In via Mannelli mi ha superato alla mia sinistra un francese, lo sentivo parlare già mentre si avvicinava, poi l’ho osservato mentre mi superava, non aveva nessun accanto e neppure un auricolare all’orecchio e quindi non stava parlando al telefono. Ovviamente non mi sono trattenuto:
“C’est grave bavarder tout seul!", gli ho detto.
Al che si è girato e mi ha guardato strano: in quel momento un tizio ci ha superato sulla destra ricongiungendosi a lui. Io e Simone siamo scoppiati a ridere mentre spiegavo loro l’equivoco ma non mi sono sembrati apprezzare. Peraltro lui che fosse francese lo si poteva intuire anche dall’abbigliamento, fuseaux neri e maglia grigia: se girate per Parigi sembra che gli unici colori ipotizzabili addosso a un uomo di qualunque età siano il nero e il grigio. Ma anche il tizio amico suo con cui parlava era ben francese per il verso opposto: mutandoni bianchi lunghi e sventolanti con piccoli orsetti colorati (non ho registrato il resto dell’abbigliamento perché mi sono fissato sugli orsetti). Drôle d’un français!...

Non lo conosco, è amico di un collega, poi abbiamo scoperto che Ema lo conosceva. Comunque per ovvie ragioni di riservatezza meglio che non sappia neppure il suo nome. Ci ha raggiunto la prima volta alle Cascine dopo che aveva avuto un diverbio con il sorvegliante dei bagni pubblici che reclamava il pagamento di un obolo per farlo entrare e quindi si era visto costretto a “fare le sue cose” (lui non ha usato perifrasi nel raccontarcelo) dietro un cespuglio. Dopo un po’ ci ha salutato e se ne andato avanti. Qualche chilometro dopo mentre stavamo ammirando l’astronave galattica che è atterrata qualche anno fa accanto alla Leopolda, lo intravedo sgattaiolare furtivo attraverso un cancello socchiuso del cantiere. Ce la ridiamo e proseguiamo. Dopo Ponte al Pino ci risorpassa in compagnia di un amico suo, ci saluta confidandoci che aveva fatto anche una terza sosta, oltre a quella che avevamo osservato a sua insaputa. Purtroppo poi mi sono fermato quindi non ho avuto altre occasioni di rivederlo passare: perché rientrando in un consesso urbano abitato di domenica mattina sarei stato veramente curioso di sapere dove si fosse fermato. Tenuto conto che, a quanto mi è dato sapere, aveva fatto tre soste in ventisette chilometri, stimerei che gliene sarebbero state necessarie un altro paio. L’argomento non è avvincente però non mi ero mai posto il problema e soprattutto non pensavo che, avendo un problema del genere, uno si mettesse a correre una maratona.

Intorno allo stadio ho fatto qualche chilometro spinto solo dal desiderio di vedere da vicino il Mandarino, come l’ha definito Simone: giacca e pantaloni di tessuto giallo lucido, un copricapo tondeggiante rosso da cui spuntava una lunga treccia nera. Quando l’ho superato, di sottecchi l’ho guardato in volto: non era affatto cinese ma anzi aveva un aria vagamente nordica.


La morale? Correre una maratona è un modo faticoso per divertirsi la domenica mattina ma quanto a stranezze può valer la pena.

sabato 9 novembre 2013

Corri, str.nzo! (cos’è l’amicizia?)

In inglese ce l’avrei avuto un titolo che suonava bene: Somewhere under the rain oppure Somewhere along the river. Perché non: Somewhere along the river under the rain? Insomma, ci avrei dovuto lavorare ma il punto di partenza era sicuro: somewhere. Come si fa a cominciare un titolo con Da qualche parte? Si perde ogni possibilità di poesia e allora niente. Chissà perché non abbiamo anche noi una parola come somewhere: abbiamo ovunque che fa il paio con wherever che, tanto per cambiare, ha un’altra musicalità. Però almeno la parola c’è. Questo per giustificare un titolo un po’ forte, che però a me piace e prima o poi riutilizzerò per qualcosa di più strutturato. 
Tutto perché mi sono messo a ridere ripensando alla porzione di dialogo che l’ha generato:
Runner A: “Io rallento!”
Runner B: “Corri, stronzo!”
Runner A: “Ma non vedo niente!?!”
Runner B: “Non c’è niente da vedere.”

Il dialogo è vero.
Vi potreste porre alcune questioni.
Per esempio quale dei due Runner sia Ema e quale sia io. Purtroppo chi mi conoscesse non avrebbe dubbi.
Potreste anche chiedervi perché il Runner A non vedesse niente. Non era buio, dato che erano le undici di mattina, ma per circa un chilometro abbiamo corso dentro le cascate del Niagara, per terra un tappeto di foglie celava il suolo e, tenuto conto dei recenti infortuni sia del Runner A che del Runner B, il non vedere niente era un problema non irrilevante.
Infine vi chiedereste per quale motivo il Runner B sia così tagliente, drastico, tombale, nonché cattivo, tralasciando la volgarità dell’improperio in sé.
Non per giustificare il runner B ma si trattava di una sorta di gioco di ruolo in cui ognuno recita la propria parte calandosi nella situazione e seguendo una sceneggiatura improvvisata ma non casuale.
E quasi a dimostrazione che stessero creando un copione all’impronta, lì sotto quella pioggia scrosciante, senza neanche un provvidenziale cappellino, il Runner B subito dopo aver emesso l’ultima parola dello scambio, seguito da un breve silenzio, ha aggiunto, fuori dal copione: “Questa la scrivo!”
Ops, mi sono tradito.

Comunque il tema di oggi non è la linguistica comparata né l’improvvisazione teatrale durante la corsa, bensì l’amicizia. I gesti semplici dell’amicizia, non pensate a azioni eroiche.
Come già diffusamente menzionato sto recuperando da un infortunio. Oggi avevo in programma un lungo che sapevo sarebbe stato duro da affrontare. Emanuele si era offerto di correre almeno una parte insieme e ieri sera Luigi si è offerto di condividerne una decina di chilometri. Mettendo insieme i chilomentri e gli orari ho disegnato un percorso che mi ha permesso di correre con l’uno e con l’altro, e un chilometro tutti e tre assieme mentre mi sfottevano per le scarpe che ho appena comprato negli Stati Uniti facendole recapitare in hotel a un collega in trasferta, dato che che non sono ancora arrivate in Europa. Di nascosto a Elena!...
Anche a questo servono gli amici, a fare due chiacchiere (certe volte non mi ricordo neppure di cosa abbiamo parlato), a distrarre l’altro dalla fatica, a costringerlo a riprendersi in un momento di crisi, a parlare di cose serie mentre non ci sente nessun altro.
Una banalità lo so. Ma queste piccole cose riescono sempre a meravigliarmi.
Se qualcuno mi chiede perché mi piace correre, sollevando l’angolo della bocca come a significare che non possa piacermi davvero far fatica per tanto tempo di seguito, io parto per spiegarglielo ma poi lascio perdere. Troppo banale.

PS: un tizio incrociandoci ci ha fatto il segno “V” con le dita della mano e ci ha detto: “Two weeks!”. Sì: mancano solo due settimane alla Maratona di Firenze.

mercoledì 6 novembre 2013

Summa Marathonae Florentiae: (quasi) tutto sulla Maratona di Firenze


[Aggiornato il 7/11/13]
Quest’anno è andata così: piccolo infortunio a inizio preparazione con postumi che hanno vanificato la preparazione stessa, ergo: se riuscirò a correre la maratona di Firenze sarà per godermi l’atmosfera e arrivare in fondo. Non riuscirò a non invidiare i miei amici e rimpiangere di non essere con loro a condividere le stesse aspettative e le stesse tensioni anche se poi ognuno di noi avrebbe vissuto una gara diversa, magari condividendone una parte. E invece no. Godermi l’atmosfera. Me ne devo ricordare.
Questo è anche il motivo per il quale ben poco ho scritto di corsa in questo periodo.
Però ogni tanto mi piace sedermi e fare il punto, fare ordine sul tavolo. E stavolta mi sono soffermato a pensare proprio al fatto che non avevo scritto niente sulla maratona che si sta avvicinando. Per il motivo appena menzionato. E mi sono reso conto che col passare del tempo ho scritto molto sulla maratona, e su quella di Firenze in particolare.
Ho pertanto deciso di raccogliere in un unico post tutti i riferimenti ai racconti e alle considerazioni disseminati tra i vari post pubblicati negli anni, una sorta di summa (non theologica), con l’impegno a tenerlo aggiornato in modo che possa servire come guida, personale, alla maratona. Di Firenze e non solo.

Nel 2010 ho scritto un racconto in soggettiva della gara, chilometro per chilometro, in pratica un racconto lungo che ho centellinato in puntate come un feuilleton ottocentesco: La maratona di Firenze 2010 chilometro per chilometro
Resta ancora valido a parte i primi due chilometri del percorso che sono nel frattempo cambiati dato che la partenza è stata spostata dal Piazzale Michelangelo alla Torre della Zecca.

Nel 2011 ho pubblicato, previo permesso dell’autrice, il tema in classe di mia nipote Sofia sulla maratona al cui arrivo aveva assistito: è stato per mesi il post più letto di questo blog. Con la conseguente riflessione su che scopo avesse sforzarmi a pensare e scrivere elaborate prose e ardite descrizioni se poi bastava il tema di una bambina di quarta elementare a sbaragliare ogni mio altro esito compositivo (La maratona di Firenze 2011 – Tema in classe)

Nonché qualche immagine che ha impresso la mia memoria durante la gara: La Maratona di Firenze 2011: Tre folgorazioni di bellezza nel buio di fatica


Nel 2012 mi sono sorpreso per la sistematicità e la programmaticità con cui mi sono disposto all’opera: partendo alcune settimane prima della maratona di Firenze ho elencato i temi inerenti il prima, durante e dopo la gara che avrei voluto affrontare raccogliendo suggerimenti che rappresentavano il distillato di almeno tre anni di esperienze, delle vere e proprie pillole di saggezza (l’umiltà non è mai stata il mio forte):

Verso la Maratona di Firenze 2012 – Pillole di saggezza non saccente

Verso la maratona - Pillola 1: L'allenamento

Verso la maratona - Pillola 2: L'alimentazione (prima)

Verso la maratona - Pillola 3: La preparazione mentale (imagerie)

Verso la maratona - Pillola 4: Il giorno prima (l'irrinunciabile check list)

Verso la maratona - Pillola 5: L’atteggiamento mentale in gara

Verso la maratona - Pillola 6: l'alimentazione (durante)


Non sono riuscito però a limitarmi al programma (neppure la misura è mai stata il mio forte) e ho aggiunto anche gli ultimi pensieri prima di:

Verso la maratona - Alla fiera dell'Expo

Verso la maratona - Ultimo pensierino

Per tacere di un ricordo indelebile del durante:

Il "cinque" dei bambini e uno striscione fantastico (ancora sulla maratona di Firenze 2012)


Nel 2013 una raccomandazione sulla domenica prima (sebbene non a proposito di Firenze):

Solo quindici (la domenica prima)

domenica 27 ottobre 2013

L’ultimo lungo: Firenze in festa

Stamani sembrava che ci fossero più persone a correre di quante già ce ne sono usualmente la domenica mattina.
Forse era anche vero ma di sicuro c’erano meno singoli e più gruppi (o almeno coppie) di runners e questo dava un maggiore senso di folla. I gruppetti di tre o quattro persone poi li ravvisavi subito: compatti, coesi, sincroni, trattenuti nel loro passo leggermente rallentato rispetto a quello che avrebbero potuto tenere, lo capisci subito che non stanno forzando anche se non chiacchierano. Ma molti lo fanno non foss’altro che per distrarsi.
L’ultimo lungo sarà sui trentacinque o trentasei chilometri e il passo è quello che devi tenere per arrivarci dignitosamente e non quello che terresti in quel momento se corressi dieci o venti chilometri.
La coesione è data dalla solidarietà del sentirsi una cosa sola, unificati dall’epica tensione a portare a termine quella che comunque è un’impresa: quando si va oltre i trenta chilometri niente è scontato. E dal tacito agonismo: ognuno si regola sul compagno vicino. Se perdi terreno l’orgoglio ti fa accelerare mentre gli ricordi che sta andando più forte di quanto dovrebbe. Se lo sopravanzi e ti rendi conto che stai andando più veloce di quanto pattuito allora dici a lui e agli altri: “Rallentiamo!”, e gli altri: “Ma se sei avanti a tutti!” e il teatrino continua con sberleffi reciproci e parti che si invertono chilometro dopo chilometro. Fino a che l’ilarità resiste, va tutto bene.

E poi i colori: molti di quanti correvano stamani avevano una maglia ricevuta partecipando a una delle passate maratone di Firenze: la nera a manica corta dell’anno scorso (che io trovo banale e troppo seria, nera con inserti verde kiwi: meglio quella di Venezia, allora, che è il negativo di quella, verde kiwi con inserti neri. Ma questo è snobismo: sottintende che io c’ho anche quella di Venezia che avevo corso solo un mese prima... ma questa è un’altra storia e ne abbiamo già parlato in “Venezia / Firenze 2012 - Un esperimento riuscito (manon del tutto)”), poi quella rossa dalla consistenza di garza elastica con la scritta Firenze Marathon nel mezzo al petto, e quella azzurra di quattro anni, la mia preferita, anche se a maniche lunghe e un po’ pesante per le temperature di questi giorni.

Ovviamente domenica prossima la festa involontaria si ripeterà: c’è chi l’ultimo lungo lo fa quattro settimane prima della gara e chi tre settimane prima. Sono due scuole di pensiero: io sono convinto che tre settimane prima siano ottimali per un recupero graduale e non troppo lungo però ho sperimentato anche le quattro settimane con soddisfazione, pertanto quest’anno avevo raggiunto un compromesso: il programma concordato prevedeva l’ultimo lungo a meno quattro settimane in modo da avere una riserva nel caso di inconvenienti che avessero fatto perdere una settimana. Poi Gianluca ci messo dentro l’ecomaratona del Mugello e ha disallineato tutta la prima parte mentre io mi sono infortunato piuttosto seriamente alla caviglia per cui ho mandato per aria tutto il resto.

Stamani ho fatto, con un po’ di vergogna, solo sedici chilometri con Ema ma ho incontrato e salutato tanti amici: Gianluca, Giovanni, Luigi e Andrea (uno dei gruppi), Milind, Giancarlo, e tanti sconosciuti.

Sì perché il vero runner quando incontra un altro runner, lo saluta, come si saluta quando ci si incrocia su un sentiero di montagna. E chi non saluta non è un runner, oppure è solo un maleducato.


[Per l’ultimo lungo o Lunghissimo vedi anche “Un lunghissimo in Firenze? Costruìscitelo da te!”]


giovedì 24 ottobre 2013

'Milano corri e muori' (ma anche solo la lettura è pericolosa...)

Trovato scandagliando la Mondadori di piazza Duomo a Milano. La collocazione tra i libri su Milano gli conferiva una connotazione locale che infatti è immediata nel titolo. Però il “corri”, sempre nel titolo, mi ha attratto. Faccio il test dell’incipit (a cui ricorro quando non conosco né titolo né autore e la quarta di copertina non mi convince del tutto): Mancano trecentocinquanta metri per completare il programma. “Forza gambe” pensa mentre percorre il sentiero che costeggia il terrapieno sul quale sorge la Biblioteca del Parco Sempione. Si corre davvero: non può mancare alla mia Biblioteca del runner.
In realtà poi ho scoperto che la corsa serve per l’ambientazione della scena del crimine e basta. Ma che ci volete fare: oramai la mia è una missione, devo rintracciare i racconti e i romanzi in cui si parla di corsa.
Per il resto si tratta di un gialletto senza pretese e in cui neppure la scrittura stupisce più di tanto, anzi alcune ingenuità iniziali (un paio di casi di iperdescrizione: neppure con una vista in alta definizione e una memoria pari a un potente hard disk sarebbe possibile elencare un numero così elevato di dettagli) fanno subito inquadrare il testo.
A buon intenditore poche parole.

Milano corri e muori
Massimo Milone
Happy Hour Edizioni

2013

PS: ma io non dovevo correre per Firenze? Vabbè ogni tanto corro anche fuori Firenze ma questo è un libro, non conta.


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giovedì 17 ottobre 2013

‘Born to run’ di Christopher McDougall (recensione entusiasta)

Un giornalista afflitto dagli usuali infortuni comuni a tanti runners, passando sconsolato da un fisioterapista a un ortopedico di fama internazionale, finisce in Messico con il pretesto di scrivere un reportage sui Tarahumara, la misteriosa tribù di indios messicani famosi per utilizzare, uomini o donne, giovani o vecchi, la corsa come usuale mezzo di spostamento, percorrendo distanze da ultramaratona su sottili sandali di cuoio.
Il suo punto di partenza è un personaggio altrettanto misterioso e leggendario: Caballo Blanco, un gringo, una sorta di eremita del running, che si è ritirato negli inaccessibili canyon messicani che sono il regno dei Tarahumara e che ha un sogno: organizzare una gara ultratrail che metta a confronto i migliori runner occidentali con gli schivi Tarahumara.
La trama si potrebbe ridurre a queste due ricerche, quella dell’autore e quella di Caballo Blanco, che ovviamente si intersecano e diventano un’unica avventura.
La narrazione principale però si dipana amalgamando innumerevoli digressioni appassionanti: l’analisi di teorie evoluzionistiche (come possa essere considerato evoluto un essere privo di difese e incapace di fuggire rapidamente) confermate da evidenze antropologiche e fisiologiche, o l’esempio di una storia di marketing di successo (quella di un famoso marchio di scarpe da corsa), o i casi di allenatori dalle intuizioni diventate leggendarie.
In sintesi: un racconto avvincente.
Eppoi alla fine mi ha convinto che, sebbene possa sembrare una boutade da fissato, da un punto di vista evoluzionistico siamo davvero nati per correre... ma non voglio convincere nessuno: leggere per credere.
Invece, mentre ne avevo apprezzato varie tesi, non ero riuscito a condividere la teoria sostenuta dal filosofo Mark Rowlands in “Running with the pack” (recensito in “Correrecon il branco”, recensione di un libro che non c’è (ancora)) secondo la quale la corsa è un valore di per sé connaturato con l’essere umano.
Dalla lettura di questo libro, che – ribadisco - non è un manuale ma una sorta di romanzo/reportage, ho tratto anche un giovamento specifico come runner. Mi ha infatti trasmesso la consapevolezza della gioia di correre mentre corro: facendoci caso mi sono reso conto che era vero, riuscivo a essere contento di correre mentre correvo sebbene, ovviamente, stessi faticando. E che non ha senso fare diversamente, ossia correre senza essere felici. E anche qui vi lascio a un’intima riflessione.

Sfortunatamente non mi risulta che sia stato ancora tradotto in italiano e, per di più, l’inglese (americano) utilizzato abbonda di gergalismi che non rendono affatto agevole la lettura. Ciò nonostante resta avvincente. E se regge a un filtro così grossolano che mi ha sicuramente fatto perdere vari vocaboli (anche se il cervello umano è eccezionale nel colmare i vuoti interpolando) vuol dire che dev’essere davvero un bel libro!...

Born to run
Christopher McDougall
Profile Books
2010
------------
AGGIORNAMENTO 22 FEBBRAIO 2014
Finalmente pubblicato in italiano:

Mondadori
Strade Blu Saggi 2014
396 pagine € 17,50
Traduttori: Dario Ferrari


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giovedì 10 ottobre 2013

La biblioteca del Runner




[Ultimo aggiornamento: 3 Dicembre 2016]

Non mi interessa farvi l'elenco di tutti i manuali o i saggi che insegnano a correre, qualcuno ne leggo, e nel caso ve lo segnalo, ma quelli sono bravi tutti a trovarli: basta andare in libreria e cercare alla voce "corsa" nella sezione "sport". 
No, a me interessa scovare la corsa nelle opere di narrativa, siano esse romanzi, racconti o qualcosa di simile: talvolta anche uno scritto che sta tra un racconto e un saggio o un reportage (come per esempio “Nati per correre” o “Running with the pack”) in cui però la scrittura in sé ricopre un ruolo significativo. 
Questi sono i libri difficili da individuare, a meno che appunto non abbiano un indizio rivelatorio nel titolo.

Neppure mi interessa la diaristica nuda e cruda, i racconti di corsa che si limitano a fare la cronistoria o il sunto di un vissuto che sia pure con un suo interesse, denotano un non interesse nella scrittura stessa: non basta che qualcosa sia scritta perché sia degna di essere letta. Poi anche tra i romanzi nati come tali talvolta il valore letterario lascia molto a desiderare, ma questo fa parte del gioco e il lettore è libero di esprimere il proprio giudizio, positivo o negativo, indipendentemente da quanto l'opera sia legata alla corsa.

Esistono romanzi che hanno la corsa come tema centrale, come "A perdifiato" di Mario Covavich, e finanche nel titolo: "Il maratoneta" di William Goldman che ha scritto anche la sceneggiatura del celebre film con Dustin Hoffmann.
Altri invece la disvelano solo durante la lettura: "Via della trincea" ne è uno splendido esempio: il romanzo parla di tutt'altro ma il protagonista fa della corsa una sua mania che è centrale nel racconto. 

Detto ciò, quando scopro un libro che ha a che fare con la corsa io lo acchiappo e poi lo leggo: questo elenco riporta anche un mio personale giudizio e, nei casi in cui io abbia anche parlato già dell'opera, un link ipertestuale vi condurrà alla recensione.

Cercherò di aggiornare periodicamente questo elenco in modo da tenerlo vivo.

Titolo
Autore
Editore
Categoria
Voto
(1-5)
Maratoneti
Marco Patucchi
B.C. Dalai
Racconti
3
Il maratoneta
William Goldman
Mondadori
Romanzo
4
Il cimitero dei pianoforti
José Luis Peixoto
Einaudi
Romanzo
3
L'envolée belle
Martin Prinz
Editions Absalon
Romanzo
2
Parli sempre di corsa
Linus
Mondadori
Racconti
3
L'arte di correre
Murakami Haruki
Einaudi
Racconto/reportage
3
La solitudine del maratoneta
Alan Sillitoe
Minimum Fax
Racconti
3
Courir
Jean Echenoz
Les Editions de Minuit
Romanzo
3
A perdifiato
Mauro Covacich
Einaudi
Romanzo
5
La linea blu
Daniel De Roulet
Mondadori
Romanzo
4
Kari Hotakainen
Iperborea
Romanzo
5
Mark Rowlands
Granta Books
Racconto/saggio
5
Nati per correre (Running with kenians)
Finn Adharanand
Sperling & Kupfer
Racconto/reportage
4
Christopher McDougall
Profile Books
Racconto/reportage
5
Massimo Milone
Happy Hour Edizioni
Romanzo
2
Paolo Foschi
e/o
Romanzo
2
Zàtopek corre
Emil Zatopek
Poldi
Romanzo
4
Scacco al maratoneta
Flavio Pagano
Manifestolibri
Romanzo
1
Geronimo Stilton
Piemme
Per ragazzi
3
AA VV
Ladybird Books
Per ragazzi
2
Corsa verso il baratro
Elizabeth George
TEA
Romanzo
*
Non dirmi che hai paura
Giuseppe Catozzella
Feltrinelli
Romanzo
*
La corsa (Once a runner)
John L. Parker
Ultra
Romanzo
5
Jean Baudrillard
SE
Saggio
-
Joyce Carol Oates
HarperCollins
Saggio
3
Guillaume Le Blanc
Flammarion
Saggio
3
Paul Fournel
Editions du Seuil
Racconti
3
42 km 195
B. Thomasson
Flammarion
Romanzo
*
Philippe Delerm
Mercure de France
Racconto
2
Ed Caesar
Einaudi
Saggio
4
Massimiliano Boni
66th and 2nd
Romanzo
3
L’arte giapponese di correre
Adharanand Finn
Sperling & Kupfer
Romanzo/Reportage
*
Crampi
Marco Lodoli
Einaudi
Romanzo
3

Bernard Chambaz
Flammarion
Saggio
2


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