Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

mercoledì 23 settembre 2015

La bella irrequietezza (me lo ha detto il dottore!)

C’è voluta una mezz’ora di chiacchiere per colmare alla bell’e meglio un vuoto di dieci anni, da quando ci eravamo conosciuti e frequentati, anche con una certa intimità (io dormivo ma lui si era insinuato nella mia spalla sinistra). Si ricordava, il dottor N., della copia del romanzetto che gli avevo regalato alla fine della rieducazione, da allora si era messo a scrivere anche lui, e di questa sua nuova vita mi ha raccontato, di un romanzo iniziato con entusiasmo ma non ancora terminato, di racconti spuntati mentre vagava in compagnia del suo cane, sta aspettando di averne almeno dodici (perché proprio dodici? Eh, sa, io avrei voluto fare il musicista...), dei racconti non ancora scritti sul suo mondo, quello dell’ospedale, della sua passione per i “pazienti difficili”, che non sono quelli tecnicamente difficili – mi spiega – ma quelli la cui vita è resa estremamente difficile dalla malattia e che quando arrivano da lui hanno una o al massimo due cartucce da sparare prima di abbandonare le speranze.
Alla fine gli descrivo cosa mi è accaduto alla spalla destra. Mi manipola e prova l’arto in questione, poi si risiede e, con la sua solita pacatezza e serenità, mi suggerisce di aspettare tre mesi in modo da considerare guarita la spalla: se avrò ancora sensazioni anomale o paure procederemo a una risonanza magnetica e poi si vedrà se c’è da fare qualcosa.
Terminato il consulto, come se avesse notato solo ora un dettaglio, mi chiede: “Ma lei nuota?”
“Veramente dall’ultima volta che si siamo visti ho cominciato a correre e poi ho corso, e corso, e corso. Fino a un paio di maratone all’anno. Solo che ultimamente ho aggiunto anche il nuoto e la bici”.
“Tutto in pausa pranzo, s’intende, e nel fine settimana”, aggiungo, quasi a giustificarmi.
Lui mi guarda sorridente, sembra scuotere la testa mentre si accarezza la mandibola con la mano sinistra: “Che bella irrequietezza!”
Sorrido incerto.
Ci alziamo e ci salutiamo con una stretta di mano. Sulla porta gli ricordo che abitiamo a pochi isolati di distanza nello stesso quartiere, ma non ci siamo mai incontrati fuori dall’ospedale.
Mentre salgo le scale mi sento bene: non solo sono sollevato per la questione della spalla, sento che c’è qualcosa di più, sono contento di averlo incontrato, sentivo che i timori sulla spalla erano quasi un pretesto per vederlo di nuovo, adesso lo so con certezza.

La morale? Cominciavo a arrendermi al fatto che la mia fosse solo una strenua ancorché vana resistenza alla strisciante e inarrestabile decadenza fisica.

Poi lo dico a Elena: non sto invecchiando, sono solo irrequieto.  Me l’ha detto il dottore.