"Cos'è il genio? È fantasia, intuizione, decisione [o 'colpo
d'occhio'] e velocità d'esecuzione!" affermava senza tema di
smentita l'architetto Melandri (Gastone Moschin) in Amici Miei. Me lo sono ripetuto quando nel reparto ragazzi di una libreria del
centro ho avuto in mano questo libro per bambini (a dire la verità
il colpo d'occhio l'ha avuto Elena, ma vederlo e riconoscerlo è stato tutt'uno).
Questa non è una recensione perché non ho letto il libretto in
questione ma sono veramente soddisfatto di me stesso: ho fatto un
regalo geniale a un pronipote (tra l'altro era pure venuto a incitarmi all'ultima maratona di Firenze con uno striscione fantastico) ad uso del padre che
così potrà istillare la corretta fede nel rampollo.
Me lo farò prestare: voglio proprio capire come si faccia a scrivere una
storia per bambini sul tema della corsa.
Anzi no, me lo comprerò: un volume del genere non può mancare al mio
scaffale della corsa nella mia biblioteca.
Vuoi leggere altre recensioni? Vai alla Biblioteca del Runner
Una passione per la corsa e per una città, Firenze. Dove correre a Firenze e quello che viene in mente correndo di-a-da-in-con-su-per-tra-fra questa città. Ti piace correre? Abiti a Firenze o potresti passarci? Spero che qualcuno dei miei suggerimenti possa aiutarti.
Perché
A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.
giovedì 27 dicembre 2012
giovedì 20 dicembre 2012
Cambio-armadio con sorpresa!
Alla fine ho
dovuto fare il cambio dell'armadio. Adesso? Eh sì, lo so che ormai è freddo da
un bel po’ ma avendo sospeso ogni attività per ben due settimane (riposo
post-maratona e raffreddorone) non avevo ancora corso con il vero freddo. Fino
alla maratona di Firenze me l'ero cavata con qualche maglia da mezza stagione
(ottima quella Asics che era nel pacco gara per Firenze tre anni fa) e in
generale avevo sempre usato maglie a manica corta. Ma qualche giorno fa ho
dovuto fare un drastico e definitivo cambio armadio.
Allora, io ho
due scatoloni: in quello sopra, facilmente accessibile tengo l’abbigliamento
per la stagione corrente e in quello sotto ci tengo quello dell'altra stagione.
La scatola di sopra è leggermente più piccola di quella di sotto e quindi più
facilmente estraibile, quindi non posso fare un semplice scambio di posizione. Mi
sono messo con calma e li ho tirati fuori entrambi, ho vuotato la scatolona “estiva”
in cui si era ormai creato un magnifico caos in cui tutto era mischiato. Le
magliette estive le ho estratte e ripiegate per bene arrotolandole in modo da
compattarle e allo stesso tempo vederle bene allo stesso tempo, poi ho fatto
altri mucchi con le canottiere e i pantaloncini. Invece mutande e calzini sono “sempreverdi”
e li ho lasciati nella scatola.
Ho quindi
estratto dall’altra scatola le maglie pesanti, i giacchetti più o meno
impermeabili (meno: ne ho già parlato: Sotto la pioggia (con un trucco stupido che non è un
trucco)), i fuseau (di 3 gradi di pesantezza diversa),
cappellini e guanti. E ho disposto il tutto ordinatamente nella scatola di sopra.
Un ordine che durerà ben poco, comunque adesso è perfetta.
Quando ho riposto
l’abbigliamento estivo nell’altra scatola non ho resistito e ho contato le
magliette via via che le disponevo, rotolino accanto a rotolino.
Ventuno. Ho
ventuno magliette tra compress e non, alcune (cinque) da pacchi gara di
maratone ma il resto le ho comprate io!... Ventuno!
Ho cercato una
giustificazione a supporto. Ho cominciato a fare calcoli. Supponendo di aver
fatto 3 allenamenti a settimana, da maggio a ottobre, fanno 6 mesi: 3 x 4 x 6 =
72 / 21 = 3,43 quindi se ruotassi imparzialmente tutte le ventuno magliette,
ognuna di esse potrebbe essere indossata 3-4 volte all'anno. Ma lo so che ce ne
sono alcune che non amo e quindi le avrò messe sì e no 1 o 2 volte quest'anno. Ipotizzando
dunque che 4 magliette siano state usate solo due volte 4 x 2 = 8, pertanto le
altre
72-8 = 64 volte
ho utilizzato le rimanenti 21- 4 = 17 magliette: 64/17 = 3,76. Il risultato non
cambia molto: in ogni caso sempre meno di quattro volte.
E anche dopo
essermi stancato con i calcoli il problema resta lo stesso: ho ventuno
magliette. Sapevo di averne tante ma non avendole mai contate erano solo “tante”...
La morale:
beata ignoranza!...
PS: Per le
maglie invernali (sarà che costano anche di più) sono stato più sobrio: ho 3 UA
equivalenti che uso abitualmente ruotandole e una Saucony, leggermente meno
pesante, che però non metto volentieri (è da donna, e ha un inconveniente (Evitate, se potete, di vestirvi da donna (ammesso che
non lo siate))
PS2: Se Elena legge questo post non potrò mai più comprare una maglietta, nemmeno se è in saldo al 70%...
lunedì 17 dicembre 2012
La corsa: relax con fuga finale
Che la corsa abbia una funzione
primariamente rilassante per me non è un mistero, ne ho già parlato ma mi
piaceva fare un po’ il punto.
Ovviamente correre in sé mi rilassa,
serve a sfogare rabbie accumulate (un bel vaffanculo a voce alta quando non c’è
nessuno nei dintorni) oppure a ispirare un ottimistico e scaramantico approccio
al futuro (se finisco sotto i cinquanta minuti allora domani andrà tutto bene...)
Quando non corro, parlo (troppo)
spesso di corsa, anche con chi della corsa non importa un bel nulla. O scrivo
di corsa, anzi ormai è l’unico argomento che mi permetta di scrivere e mi ci
sono rassegnato. Ma anche questo mi dà soddisfazione e quando ho completato un
post subentra una piacevole tranquillità.
Leggere di corsa: prima di andare a
letto sfogliare un vecchio RW è eccezionale, predispone al sonno con
leggerezza. Leggere un libro sulla corsa mi ha accompagnato nelle ultime serate
con pari successo.
Se poi quando spengo la luce, mi
accorgo di essere ancora nervoso o foschi pensieri cominciano a emergere, mi
basta ripercorrere l’allenamento del giorno dopo o ipotizzare il giro che mi
piacerebbe fare nel finesettimana per riuscire a calmarmi.
Il picco di rilassamento, a mio
parere insuperabile, l’ho raggiunto dal dentista (Dal dentista,
ovvero Rilassarsi con la corsa senza correre).
Però.
Elena dice che la corsa per me
rappresenta una fuga. Lei me lo dice quando è arrabbiata, quando eludo con il
silenzio una discussione spinosa. Allora, sfibrata, mi rinfaccia varie cose tra
cui questa, che io con la corsa rifuggo i problemi. Me lo direbbe anche quando
non è arrabbiata ma allora l'affetto vince la lucidità e quindi sopporta anche
la corsa e tutto quanto vi ruota attorno come parte integrante di me.
Comunque non ha tutti i torti: la
corsa può essere una fuga dai problemi, come lo può essere la lettura di un
libro, la visione di un film o qualunque altra distrazione. Ché appunto, la
distrazione serve a allontanarci dai problemi penosi che ci assillano
quotidianamente.
Sì la corsa può essere anche un fuga.
L'importante è saperlo. E non abusarne.
Già vedo il bugiardino: "Corsa: attività che può avere effetti distraenti
dalla realtà quotidiana, somministrare con cura, preferibilmente sotto la guida
di un esperto".
La morale: per forza non corro forte,
mi rilasso troppo!...
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sabato 1 dicembre 2012
Il "cinque" dei bambini e uno striscione fantastico (ancora sulla maratona di Firenze 2012)
Mi sono riposato un'intera settimana come mi aveva chiesto Stefano dalle mani fatate e come prescrive il maestro Fulvio: niente corsa per una settimana, al più attività alternative come nuoto o bici (io per adesso solo nuoto).
E non ho neppure scritto niente, a parte il discorso, ancora a caldo dell'esperimento, quasi che avessi paura di intaccare il riposo: niente corsa per una settimana, si è detto!
Domattina, pioggia permettendo, farò una sgambatina con Emanuele: più chiacchiere che chilometri, questo l'intento.
Due immagini però della scorsa domenica mi sono tornate in mente.
Nonostante che lungo il percorso della maratona di Firenze ci sia tanta gente io sostengo che il tifo non sia molto caldo. Sarà una mia impressione ma ci sono anche alcune giustificazioni: i turisti sono sbalestrati e infastiditi dal fatto che sono ostacolati nelle loro visita e dopo un primo moto di curiosità e simpatia è ovvio che si stufino, i fiorentini che non possono circolare sono diventati bravi a non farsi prendere nella rete e evitano di uscire di casa in auto per quanto è loro possibile, poi nei tratti esterni al centro in una domenica mattina ancora intorpidita non si può pretendere più di tanto. E poi siamo migliaia: se ognuno dovesse continuare a incoraggiare tutti quelli che passano finirebbe ben presto la voce. Quindi mi accontento. Però devo ammettere che stavolta, grazie al bel tempo, c'erano molti bambini, in collo ai genitori, per mano ai nonni: quello che mi ha molto incoraggiato e rallegrato sono state proprio le mani dei bambini tese per schiacciare un morbido "cinque". Più volte ho scartato di lato per poter corrispondere quel "cinque". Grato per quel sorriso e per quel semplice gesto. A loro sarà sembrato di aver fatto una cosa buffa, una sciocchezza, e neppure si immaginano che mi hanno aiutato.
Poi i miei pronipoti (sì, sono come Zio Paperone: ho dei pronipoti!). Già sapere che mi aspettavano verso il ventitreesimo chilometro mi ha dato energia in un momento in cui cominciavo già a avvertire stanchezza. Poi quando ho visto loro due che tendevano uno striscione, manco sono riuscito a leggere bene un po' per la stanchezza e un po' per la contentezza: uno striscione che mi incitava, che si rivolgeva proprio a me! Ho sempre invidiato gli stranieri che venivano a correre a Firenze con famiglia e amici che poi li aspettavano in uno o più punti della città (il percorso involuto si presta molto a intercettare più volte il partecipante con facili spostamenti) con striscioni più o meno vistosi e sempre molto allegri. Li ho sempre invidiati e ora so perché: è bellissimo leggere il proprio nome in lettere giganti e sapere che sei proprio tu, tra le centinaia di persone che stanno correndo in quel momento, la persona a cui è indirizzato quello striscione. Grazie Sofia e grazie Lorenzo!
E l'effetto mi è durato almeno un paio di chilometri: mi tornavano in mente e ridevo tra me e me. Poi è subentrata ben altra crisi ma questo è un altro discorso.
La morale? Che bastano poche stelle a rendere luminosa una notte buia?...
PS: Sofia è proprio l'autrice di quello stupendo tema sulla maratona dell'anno scorso: quel post è stato per molti mesi il più letto in assoluto di questo blog. Il che mi ha anche indotto a riflettere sulle mie capacità scrittorie...
Domattina, pioggia permettendo, farò una sgambatina con Emanuele: più chiacchiere che chilometri, questo l'intento.
Due immagini però della scorsa domenica mi sono tornate in mente.
Nonostante che lungo il percorso della maratona di Firenze ci sia tanta gente io sostengo che il tifo non sia molto caldo. Sarà una mia impressione ma ci sono anche alcune giustificazioni: i turisti sono sbalestrati e infastiditi dal fatto che sono ostacolati nelle loro visita e dopo un primo moto di curiosità e simpatia è ovvio che si stufino, i fiorentini che non possono circolare sono diventati bravi a non farsi prendere nella rete e evitano di uscire di casa in auto per quanto è loro possibile, poi nei tratti esterni al centro in una domenica mattina ancora intorpidita non si può pretendere più di tanto. E poi siamo migliaia: se ognuno dovesse continuare a incoraggiare tutti quelli che passano finirebbe ben presto la voce. Quindi mi accontento. Però devo ammettere che stavolta, grazie al bel tempo, c'erano molti bambini, in collo ai genitori, per mano ai nonni: quello che mi ha molto incoraggiato e rallegrato sono state proprio le mani dei bambini tese per schiacciare un morbido "cinque". Più volte ho scartato di lato per poter corrispondere quel "cinque". Grato per quel sorriso e per quel semplice gesto. A loro sarà sembrato di aver fatto una cosa buffa, una sciocchezza, e neppure si immaginano che mi hanno aiutato.
Poi i miei pronipoti (sì, sono come Zio Paperone: ho dei pronipoti!). Già sapere che mi aspettavano verso il ventitreesimo chilometro mi ha dato energia in un momento in cui cominciavo già a avvertire stanchezza. Poi quando ho visto loro due che tendevano uno striscione, manco sono riuscito a leggere bene un po' per la stanchezza e un po' per la contentezza: uno striscione che mi incitava, che si rivolgeva proprio a me! Ho sempre invidiato gli stranieri che venivano a correre a Firenze con famiglia e amici che poi li aspettavano in uno o più punti della città (il percorso involuto si presta molto a intercettare più volte il partecipante con facili spostamenti) con striscioni più o meno vistosi e sempre molto allegri. Li ho sempre invidiati e ora so perché: è bellissimo leggere il proprio nome in lettere giganti e sapere che sei proprio tu, tra le centinaia di persone che stanno correndo in quel momento, la persona a cui è indirizzato quello striscione. Grazie Sofia e grazie Lorenzo!
E l'effetto mi è durato almeno un paio di chilometri: mi tornavano in mente e ridevo tra me e me. Poi è subentrata ben altra crisi ma questo è un altro discorso.
La morale? Che bastano poche stelle a rendere luminosa una notte buia?...
PS: Sofia è proprio l'autrice di quello stupendo tema sulla maratona dell'anno scorso: quel post è stato per molti mesi il più letto in assoluto di questo blog. Il che mi ha anche indotto a riflettere sulle mie capacità scrittorie...
martedì 27 novembre 2012
Venezia / Firenze 2012 - Un esperimento riuscito (ma non del tutto)
L’esperimento consisteva nel prendere quattro individui tra
i trenta e i cinquant’anni che avevano corso una maratona e fargliene correre
un’altra a distanza di quattro settimane.
La tesi era che, soprattutto in caso di ritiro o di gara non
soddisfacente, si potesse recuperare dalla fatica e allo stesso tempo non dover
gettare la preparazione fatta e ricominciare tutto da capo. Il trucco stava nel
considerare la maratona appena corsa niente altro che l’ultimo lunghissimo della
preparazione (programmato a quattro settimane dalla gara) e, fatta salva una
settimana di recupero a ritmo ridotto, proseguire con lo “scarico” (una ventina
e quindici chilometri nelle ultime due domeniche).
In quattro abbiamo condiviso l’avventura di Venezia il
28 ottobre e, di questi quattro, tre hanno preso parte alla Maratona di Firenze
il 25 novembre (il quarto non ha potuto per motivi non inerenti alla corsa).
Di
questi tre, ben due hanno addirittura fatto registrare un tempo migliore di
quello della gara precedente, affinando per di più il proprio personale.
Lungi dal trarre superficiali e frettolose conclusioni (che
per esempio il 66% del campione alla seconda maratona in un mese migliora il
proprio tempo) che sarebbero inconsistenti dato che si parla di un campione
limitato (tre individui) e ogni maratona ha le sue difficoltà precipue (a
Venezia pioggia, vento forte e acqua alta, a Firenze 15° senza vento ed è pure spuntato un pallido sole).
Solo un paio di considerazioni: correre una maratona non è
una passeggiata e cela innumerevoli variabili (preparazione, alimentazione,
atteggiamento mentale, condizioni atmosferiche, ma anche un problema personale,
una settimana in cui si è riposato poco perché il bambino piangeva tutte le
notti, una contrattura mentre si metteva lo scooter sul cavalletto) che possono,
ognuna nel suo piccolo, turbare un equilibrio assai delicato. Correrne una seconda a
breve distanza di tempo è fattibile anche se non è consigliabile alla leggera e
nasconde ulteriori incognite (che succederà al mio corpo non solo al
trentacinquesimo chilometro ma anche al trentesimo se non al venticinquesimo).
Per quanto mi riguarda devo ammettere di far parte del 33%
del campione a non aver migliorato il proprio tempo, anzi. Le ragioni? La prima
metà ingenuamente troppo arzilla? o fatica precedente non riassorbita del tutto? Di fatto
al venticinquesimo chilometro ho avvertito un distacco tra il controllo e il
motore. Di fronte alla prospettiva di soffrire per altri ben diciassette
chilometri con la prospettiva chiarissima di fare un tempo peggiore delle
aspettative, il pensiero di dover spiegare a tutti quelli che me lo avrebbero
chiesto perché mi fossi ritirato e il ricordo di Roma mi hanno tolto ogni dubbio: ho tirato di
lungo e stretto i denti fino al trentesimo, e di lì al trentacinquesimo, e di
lì al quarantesimo, per tacer degli ultimi due chilometri che ho avuto il
coraggio di chiamarli un “bonus track” ma imboccare via Ghibellina dover
aver fatto quaranta chilometri mi ha fatto ricredere sulla metafora.
In conclusione: anche se il tempo ha lasciato a desiderare, sono soddisfatto di me, di come ho reagito e di come ho
resistito.
Morale: sono arrivato, sano (rimandando tutti i crampi al
dopo-gara), quindi ho raggiunto l’obbiettivo principale. Poi ho contribuito a
dimostrare positivamente la tesi dell’esperimento ossia che due maratone a
distanza di un mese si possono fare.
Però, c'è sempre un però, si possono anche non fare: al trentanovesimo
chilometro quando da via Calzaiuoli mi si è spalancata la facciata di Santa Maria del
Fiore ho risorpassato una ragazza del Gruppo Sportivo Ausonia che mi aveva
passato allo stadio. Ci avevo scambiato due parole lungo il Brenta un mese fa e l'avevo vista di nuovo sul Ponte della Libertà quando ormai Venezia era all’orizzonte.
Stavolta era stesa sui lastroni di piazza del Duomo in preda a una crisi di
crampi. Potevo esserci io lì disteso e lei essere passata, e adesso vi starei raccontando un'altra storia. Capita la morale?
sabato 24 novembre 2012
Verso la maratona - Ultimo pensierino
Abbiamo condiviso
il cammino che negli ultimi mesi ci ha portato fino alla maratona di Firenze.
Con la scusa
delle pillole ho un
po' messo in ordine l'armadio evitando di fare un calderone di tutte le cose
che mi venivano in mente e mettendo ogni cosa in un cassetto. Ci siamo anche
allenati davvero là fuori, magari ci siamo incrociati alle Cascine o salutati
con un cenno della testa lungo le sponde dell’Arno.
Adesso, ritirato il pettorale dobbiamo solo mangiare, bere e riposare. E pensare positivo.
Sì perché a me fa
fatica svegliarmi presto e mettermi in moto tre ore prima che succeda qualcosa
per la quale mi metto in moto però c’è il suo perché e lo vorrei rispiegare,
anche perché non lo può capire.
Saremo tanti
domattina, letteralmente migliaia, tutti entusiasti, sia pure ognuno con i suoi
dubbi e le sue paure, e vedere sconosciuti intorno a me contenti per la stessa
cosa mi renderà ancora più contento.
Ma questo sarebbe
solo un fenomeno di psicologia di gruppo. No, saremo consapevoli di fare
qualcosa di grande, un evento fatto di diecimila piccoli eventi, ognuno
meritevole di essere considerato un grande evento e raccontato come tale a chi
ce ne chiederà il giorno dopo.
Mi raccomando:
godersi il panorama! Tutti noi saremo un tassello di un quadro che tutti gli
altri tasselli ammireranno stupiti. Colore, calore, fantasia, passione.
E coraggio. Sì
perché sarà dura, per tutti, ognuno soffrirà ugualmente sia che ci metta tre
ore o che ce ne metta cinque.
Ricordiamoci che
prima di tutto bisogna arrivare sani: se si arriva “morti” non avremo una
medaglia al valore, saremo soltanto dei bischeri, come si dice qui a Firenze.
Quindi se qualcosa non va, bisogna avere anche il coraggio (ulteriore) di
fermarsi.
Ringrazio sin
d’ora qualunque persona che domani mi donerà, senza conoscermi, un applauso o
un semplice “forza!”, non si immagina neppure di quanto mi avrà aiutato. Grazie
davvero, Incoraggiatore Ignoto.
Un
pre-ringraziamento anche ai volontari, che sono volontari davvero. Spero di
arrivare a vedere la Rosy
in via dei Benci, vorrà dire che sono arrivato. Sano.
Verso la maratona - Alla fiera dell'Expo
Ritirare il pettorale e il pacco gara è condizione necessaria ma non sufficiente per andare all'Expo.
Il ritiro del pettorale è l'obbiettivo primario: vado, entro, individuo l'obbiettivo, mostro lettera e documento, ritiro busta cartacea, attraverso tutto l'Expo con passo sicuro e sostenuto, schivo con decisione ogni tentazione, arrivo in fondo, sparo con sicurezza e cortesia la misura della maglietta e recepisco il sacchetto di plastica in cui inglobo la busta cartacea.
Dovere fatto, adesso il piacere.
Io adoro girellare per gli stand, soprattutto quelli di abbigliamento sportivo mentre ai banchini delle varie competizioni riservo un'occhiata sorridente e comprensiva, ma tenendo opportune distanze, di tanto in tanto cedendo a un regalino apprezzato (fruttino della Zwegg? Grazie! Ecco la brochure della mezza di Romeo e Giulietta!).
Sono come un bambino in un supermercato dei giocattoli: guardo tutte le scarpe che non mi potrò permettere, non per il prezzo ma per via dei miei piedoni non proprio meccanicamente efficienti, saggio ogni tessuto, cerco la maglia dal colore inaspettato che mi farà innamorare e poi non potrò resisterle, punto ogni offerta in cerca di quella irrinunciabile. Se non posso comprare niente o, deluso perché tutte le cose che ho visto in pratica ce le avevo già, mi dà una certa soddisfazione facilitare l'acquisto di qualcun altro (acquisto compulsivo indiretto, per interposta persona?).
Altro divertissement: individuare le persone note, i testimonial mischiati alla folla: oltre all'immancabile Fulvio Massini a passeggio con il presidente di Firenze Marathon, c'era Stefano Baldini sempre gentile e disponibile a una foto nello stand faraonico della Asics, Migidio Bourifa che qualcuno potrebbe scambiare per un commesso assai competente allo stand della X-Bionic, il grande Piero Giacomelli con al collo una macchina fotografica (mai visto senza), il direttore Marco Marchei che ti incoraggia personalmente a prendere una copia di Runner's World Italia.
A questo proposito vi suggerisco di prenderla quella copia: allegato c'è un libriccino Scritti di Corsa in cui sono raccolte le lettere del mese pubblicate e vari racconti ricevuti da RW, tra cui un mio raccontino! (Un racconto perduto e ritrovato... "Luigi e Rocky").
Considerazione idiota: all'Expo ci si può andare anche senza ritirare niente, basta entrare e girare tra i banchini come un normale mercatino. Quasi, quasi ci ritorno... non sia mai che mi fosse sfuggita qualche occasione!
Il ritiro del pettorale è l'obbiettivo primario: vado, entro, individuo l'obbiettivo, mostro lettera e documento, ritiro busta cartacea, attraverso tutto l'Expo con passo sicuro e sostenuto, schivo con decisione ogni tentazione, arrivo in fondo, sparo con sicurezza e cortesia la misura della maglietta e recepisco il sacchetto di plastica in cui inglobo la busta cartacea.
Dovere fatto, adesso il piacere.
Io adoro girellare per gli stand, soprattutto quelli di abbigliamento sportivo mentre ai banchini delle varie competizioni riservo un'occhiata sorridente e comprensiva, ma tenendo opportune distanze, di tanto in tanto cedendo a un regalino apprezzato (fruttino della Zwegg? Grazie! Ecco la brochure della mezza di Romeo e Giulietta!).
Sono come un bambino in un supermercato dei giocattoli: guardo tutte le scarpe che non mi potrò permettere, non per il prezzo ma per via dei miei piedoni non proprio meccanicamente efficienti, saggio ogni tessuto, cerco la maglia dal colore inaspettato che mi farà innamorare e poi non potrò resisterle, punto ogni offerta in cerca di quella irrinunciabile. Se non posso comprare niente o, deluso perché tutte le cose che ho visto in pratica ce le avevo già, mi dà una certa soddisfazione facilitare l'acquisto di qualcun altro (acquisto compulsivo indiretto, per interposta persona?).
Altro divertissement: individuare le persone note, i testimonial mischiati alla folla: oltre all'immancabile Fulvio Massini a passeggio con il presidente di Firenze Marathon, c'era Stefano Baldini sempre gentile e disponibile a una foto nello stand faraonico della Asics, Migidio Bourifa che qualcuno potrebbe scambiare per un commesso assai competente allo stand della X-Bionic, il grande Piero Giacomelli con al collo una macchina fotografica (mai visto senza), il direttore Marco Marchei che ti incoraggia personalmente a prendere una copia di Runner's World Italia.
A questo proposito vi suggerisco di prenderla quella copia: allegato c'è un libriccino Scritti di Corsa in cui sono raccolte le lettere del mese pubblicate e vari racconti ricevuti da RW, tra cui un mio raccontino! (Un racconto perduto e ritrovato... "Luigi e Rocky").
Considerazione idiota: all'Expo ci si può andare anche senza ritirare niente, basta entrare e girare tra i banchini come un normale mercatino. Quasi, quasi ci ritorno... non sia mai che mi fosse sfuggita qualche occasione!
mercoledì 21 novembre 2012
Verso la maratona - Pillola 6: l'alimentazione (durante)
Prima di parlare della gara, fermiamoci un momento prima della partenza. Abbiamo parlato della colazione, adesso siamo arrivati sul posto.
Se la situazione lo consente mi piace prendere un caffè prima di lasciare la sacca ma non è detto che ci sia un bar nei paraggi (in ogni caso porto sempre con me una moneta per questa evenienza: attenzione non c’è nella checklist!!).
Dopo aver lasciato la sacca rimango con addosso gli indumenti per la gara e quello che abbandonerò alla partenza e in tasca (o in mano) avrò tre oggetti:
· Barretta tecnica Red Ethicsport
· Bottiglietta con Pre-Gara Endurance Ethicsport
· Pre-Gara Enervit o “fruttino” Ethicsport
Prima di entrare nelle gabbie consumo una Barretta tecnica (Red Ethicsport) accompagnata dal Pre-Gara Endurance della Ethicsport.
Poco prima dello start mangio, come ultimo booster, il fruttino della Ethicsport (o un Pre-Gara della Enervit).
E adesso veniamo alla gara vera e propria.
A scanso di equivoci, o meglio per non aver timore di non avere con me abbastanza risorse, mi porto dietro tre Minipack gel ENERVITENE della Enervit, di quelli piccoli, senza tappo e che si devono strappare per aprire. Non vale la pena preoccuparsi per il fatto che non si possono ritappare perché si possono richiudere con un po’ di accortezza: basta ripiegarli a partire dalla punta aperta, in pratica come un tubetto di dentifricio ma all’incontrario, e poi reinserirli in un taschino: non uscirà niente.
Ultimamente, seguendo il suggerimento di Fulvio Massini ho usato il Pre-Gara della Enervit (o l’analogo fruttino della EthicSport, che è pure più buono) in alternativa al gel e devo ammettere che non ho avuto controindicazioni. Comunque in totale tre oggetti, assortiti come mi va all’ultimo momento.
Tre “razioni” sono troppe, alla fine ne mangerò al massimo due, tenuto anche conto che spesso ne mangio una metà per volta quindi potrei, a ben vedere, mangiare cinque o sei volte. Come ammesso fin dall’inizio, si tratta di una precauzione più psicologica che fisiologica.
Quando mangiare, questo è la questione.
Non quando ho fame: difficile avere proprio fame e poi, se avvertissi fame, sarebbe troppo tardi: accuserei comunque una “mancanza” prima che il gel facesse effetto.
Altro sintomo che voglio assolutamente evitare è un oscuramento del cielo o comunque il passaggio inaspettato di foschi pensieri, del tipo “ma sono già stanco”, “quanto manca? Così tanto?”, “ce la farò?” mentre fino a cinque minuti prima trotterellavo tranquillo e tutto era sotto controllo. Se arrivo a questa tipologia di sintomi mi sono semplicemente scordato di mangiare al momento giusto e, per quanto mi affretti a riparare, ci vorrà un po’ di tempo perché gli zuccheri facciano effetto e nel frattempo devo rassicurarmi che non si tratta di una vera e propria crisi ma sono solo sintomi di qualcos’altro, un semplice calo di zuccheri.
L’ottimo sarebbe mangiare cinque minuti prima di ogni calo. A sapere quando arriveranno!
Statisticamente la raccomandazione sarebbe di mangiare dopo i primi 50’ e poi ogni oretta. Se ho fatto un’abbondante colazione, posso aspettare 12-14 chilometri, ossia passare anche la prima ora, ma è un rischio: non tanto per la performance quanto per l’umore. Perché rischiare? Mi forzo a mangiare verso il 12° chilometro non più tardi.
Poi mi sintonizzerò sui ristori: magari un mezzo mini-pack poco prima del 20°, 25° e 30° chilometro.
Dal trentesimo in poi si va a sentimento: di solito non ne posso più dei gel e mangio volentieri un pezzo di banana o meglio ancora una banana intera (mi piacciono tanto).
Recentemente ho visto un’immagine pubblicitaria di Enervit che riassumeva i momenti in cui mangiare e bere, assegnando ovviamente a ciascun momento un prodotto Enervit. Mutatis mutandis, e tenuto conto dell’arbitrarietà del tutto, mi pare piuttosto allineata con quanto descritto.
Una cosa è certa: dopo la gara, per un po' non ne potrò più di cibi dolci.
Una cosa è certa: dopo la gara, per un po' non ne potrò più di cibi dolci.
martedì 20 novembre 2012
Verso la maratona - Pillola 5: L’atteggiamento mentale in gara
Ne ho già
parlato quando mi stavo preparando per Venezia (Cosa penso quando corro la maratona).
Allora teorizzavo, poi ho messo in pratica. In modo ferreo, ho corso quattro gare distinte:
- Da 0 a 10km trattenendomi il più possibile, anche se
alla fine Luigi e Giovanni hanno abbozzato di dirmelo: non riuscivo a non
stare un paio di secondi sotto quello che avevo dichiarato: pazienza, in
ogni caso era un passo ragionevole;
- Da 10 a 20km: finito di festeggiare mentalmente il
raggiungimento del 10° chilometro ho inquadrato il prossimo obbiettivo:
20km, non uno di più, non pensavo neppure a quello che c’era dopo, se non
che c’era qualcosa ma ci avrei pensato dopo, appunto. E ho cominciato a
far mente locale su quando mangiare, rispetto a quanto stabilito (ne
parlerò prossimamente).
- Da 20 a 30km: questa è la gara da non sottovalutare,
di impegno crescente: mantenere la concentrazione, controllare che tutto
vada bene, attaccarsi a qualunque bersaglio nei paraggi pur di mantenere
il passo, anche se è ammissibile un piccolo calo.
- Da 30 a 40km: qui siamo appunto nella terra di
mezzo, bisogna procedere guardinghi, consapevoli di stare facendo
l’impresa: sono un eroe, ce la sto facendo! Forse si può ulteriormente
suddividere in due: 30-35km e 36-40km perché di solito il 35° km può
essere una sorta di traguardo. Il ristoro può prestare facilmente a essere
considerato un traguardo! Subito dopo bisogna concentrarci nuovamente e
controllare che tutto sia in ordine: postura, movimento delle braccia,
respirazione, se le suole stanno strisciando devo fare attenzione al
movimento delle gambe e delle anche (è incredibile: quando sono stanco non
muovo le anche e i piedi strisciano...).
Gli ultimi due chilometri non si contano, sono una specie di bonus track: in pratica “vedi” l’arrivo,
anzi lo “senti” perché il pubblico, i volontari, i casuali compagni di ventura
(e tu stesso ti scoprirai a farlo) te lo ripetono: manca solo due chilometri,
manca solo un chilometro, è fatta!...
Aneddoto: a
Venezia negli ultimi 2km stavo strisciando come una biscia d’acqua (complice
l’acqua alta) e superavo, venendone superato poco dopo, un tizio, un francese ho pensato: sui quaranta, capelli mossi brizzolati legati a coda
con l’elastico, interamente vestito di nero (e pure più del necessario: fuseaux neri sotto i pantaloncini neri).
Comunque
all’ennesimo sorpasso e risorpasso, poco prima della Dogana Vecchia, affiancatolo
gli ho detto con sollievo: “Forza! Ce l’abbiamo fatta!”. Lui mi guarda con lo
sguardo imperturbato di chi pensa, quasi indispettito, “ma che cazzo vuole
questo stronzo?” (butto lì in attesa di una consulenza specifica: putain, il veut quoi cet salaud?).
Ho ripreso a
guardare davanti a me come se niente fosse. E non ho più fatto caso se lo
sorpassavo o mi risorpassava (ma più che l’offesa quella era la stanchezza).
Dalla foto
scattatami su uno degli ultimi ponti ho verificato che era proprio francese.
Però almeno un sorriso di solidarietà, se non di comprensione visto che non
comprendeva!, poteva pure farlo...
Domenica
prossima a Firenze dovrò fare ancora più attenzione: il fatto che sia riuscito
a fare una certa cosa non significa che ci riesca automaticamente di nuovo,
bisogna sempre faticare per ottenere quello che si vuole, niente è gratis e
l’esperienza, si sa, non basta (dovrebbe bastarmi l’insegnamento di Roma...).
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sabato 17 novembre 2012
Verso la maratona - Pillola 4: Il giorno prima (l'irrinunciabile check list)
Il giorno prima
bisogna decidere definitivamente come vestirsi. Si consultano più fonti per
essere sicuri delle previsioni atmosferiche e delle temperature. Con ogni amico che sento è un confronto sofferto. E rischioso: se chi ha già deciso la propria "divisa" scopre di non avere la giusta pesantezza della maglia per la combinazione di temperatura e condizioni meteo dell'indomani (che invece, apparentemente, ha individuato l'altro), potrebbe precipitarsi in un negozio specializzato, ma non è detto che vi trovi quello che gli manca (per poi scoprire solo dopocena, da un altro amico, che quello che aveva cercato lo avrebbe trovato in quell'altro negozio...). La mia strategia? Semplice: comincio una settimana prima a ipotizzare gli scenari e le conseguenti tenute di modo che possa facilmente sperperare (di nascosto) ulteriori euro in acquisti "di sicurezza". Poi il giorno prima scelgo la sfumatura giusta di ciascun indumento (non scherzo: ho tre paia di guanti di pesantezza diversa!...).
Programma mattutino
Secondariamente bisogna essere
sicuri al 100% di avere tutto quello che ci servirà il giorno dopo, non solo durante ma
anche prima e dopo la gara.
Per riuscire in questa impresa ci vuole lei: la "check list". Ne ho già
parlato l’anno scorso nel racconto della Maratona di Firenze 2010. Ovviamente la check list non è mai perfetta, già allora avevo individuato qualcosa da aggiungere (come per esempio i guanti o un impermeabile per dopo la gara: si è rivelato inutile aver indossato indumenti asciutti dal momento che stava continuando a piovere...). Quest’anno
dopo Venezia, tra le cose da portare per il post-gara ho aggiunto un paio di scarpe (asciutte: inutile cambiarsi i calzini se le scarpe sono da strizzare) ma solo nel caso piovesse.
Ecco pertanto
la mia checklist aggiornata (inclusiva di programma orario del pre-gara). Ovviamente suggerimenti sono ben accetti.
Programma mattutino
6.40 sveglia
6.50 colazione
7.15 vestizione
7.30 uscire da casa
8.00 appuntamento in loco con i compagni
8.15 lasciare sacca
8.30 Barretta Tecnica Red ethicsport
8.45 chiusura gabbie – bevanda PRE-GARA
9.00 fruttino
9.15 partenza
(Da qui in poi niente più è prevedibile)
(Da qui in poi niente più è prevedibile)
"Durante" la gara
- Mutande tecniche
- Pantaloncini
- Maglia
- Canottiera con logo
- Calzini
- Guanti
- Gilet antivento (in caso di pioggia o vento forte)
- Bandana/paracollo
- Gambaletti booster
- Polsini
- Maniche da buttare (calzettoni lana tagliati)
- Cappellino con visiera (in caso di pioggia)
- Scarpe
- Garmin
- Tuta (da buttare alla partenza)
- Ditali x dita piedi
- 3 minipack Enervit
- 10€ (x emergenze) in bustina nylon
Da portare per prima della gara
- Barretta tecnica Red Ethicsport
- Pre-gara Enervit o “fruttino” Ethicsport
- bottiglietta con pre-gara Ethicsport
- Busta di plastica (per sedersi nell’attesa, in caso di pioggia)
- Impermeabile nylon (in caso di pioggia, da buttare)
Da portare nella sacca (da lasciare) per dopo la gara
- Cellulare
- calzini
- Mutande
- Maglietta
- Tuta
- Asciugamano (o salvietta grande umidificata)
- bottiglia Recupero
- Kway (in caso di pioggia)
- Scarpe leggere (in caso di pioggia)
venerdì 16 novembre 2012
Verso la maratona - Pillola 3: La preparazione mentale (imagerie)
Allora: io la
maratona di Firenze la conosco a menadito, l’ho corsa nelle ultime tre edizioni
e la seconda volta l’ho pure raccontata chilometro per chilometro. Quindi se
voglio immergermi preventivamente in quello che mi aspetta domenica 25 novembre
2012 mi basta sedermi comodo, con gli occhi chiusi (ma ce la faccio benissimo
anche con gli occhi aperti), e ripercorrermi tutti i quarantadue chilometri,
rivedendo le strade, le piazze, i cartelli con segnati i chilometri, le
immagini magari saranno un mix delle tre esperienza, in ogni punto vedrò un’immagine
che però non è necessariamente quella dello stesso anno del chilometro dopo:
per esempio in Via Guicciardini, mentre arriviamo da piazza Pitti, ricordo Giovanni
che esorta il pubblico di turisti distratti a incitarci (è successo anno scorso),
mentre girando in via de’ Bardi, poco dopo, confermo a un compagno di gara, che
veniva dal Veneto, che quello era il famoso Ponte Vecchio su cui saremmo passati
negli ultimi chilometri (è invece successo due anni fa).
Detto ciò, quando
ci si accinge a correre per la prima volta una maratona è cosa buona e giusta
familiarizzarci con il percorso.
Senza
pretendere di fare un sopralluogo fisico, di solito all’Expo dove si va a
ritirare il pettorale è consuetudine che qualche esperto (a Firenze lo fa
naturalmente Fulvio Massini) illustri ai maratoneti il percorso aiutandosi con
le immagini “in volo” lungo il percorso con Google Earth o programma analogo.
Prima della
scorsa Maratona di Venezia ho organizzato una seduta con i compagni d’avventura
e ci siamo guardati alla bell’e meglio il percorso con Street View. Poi
arrivati all’Expo abbiamo ascoltato la descrizione (uno dei due speaker era
peraltro Julia Jones).
A che serve?,
tanto la fatica e la sofferenza saranno tante lo stesso, obbietterete.
Un po’ serve. Per almeno due motivi.
Il primo è che
avere visualizzato il luogo della partenza diminuisce lo spaesamento iniziale:
la maratona è un’esperienza che richiede di per sé tante energie, fisiche e
mentali, quasi tutte quelle a disposizione in quelle tre o quattro ore, dover
fronteggiare anche la difficoltà di trovarci in un posto sconosciuto, tra
migliaia di sconosciuti ci può far sprecare energie che invece dobbiamo
canalizzare per il giusto fine.
Secondo motivo:
le difficoltà quando ci sono note a priori non ci stupiscono, o ci stupiscono
meno, e questo ci permette di
affrontarle meglio concentrando le giuste energie necessarie in quel determinato
momento e evitando scoramenti o perdita di concentrazione per colpa di una
contrarietà inattesa.
Mi è servito?
Sì: quando sono arrivato al Parco San Giuliano, sferzato dal vento e dalla pioggia, sapere che mi aspettavano dei saliscendi e poi una rampa per accedere al Ponte della Libertà ("un Pordoi" l'aveva definito lo speaker il giorno prima) mi ha permesso di essere preparato e poi di stupirmi che in fondo non un granché di salita (ma sotto sotto congratulandomi con me stesso per avere superato quelle difficoltà (temute ma note) in modo brillante. Ben diverso sarebbe stato scoprire al trentesimo chilometro che oltre al vento e alla pioggia avrei dovuto fare delle salite: quante? quanto dure? saranno finite?...
Si pensi per esempio, nel caso di Firenze, al cavalcavia che si affronta verso il trentaduesimo chilometro: la reazione potrebbe essere diversa: da un "what a nice surprise!" espresso con umorismo britannico a un "minchia che salita!" di spontaneità più mediterranea...
Si pensi per esempio, nel caso di Firenze, al cavalcavia che si affronta verso il trentaduesimo chilometro: la reazione potrebbe essere diversa: da un "what a nice surprise!" espresso con umorismo britannico a un "minchia che salita!" di spontaneità più mediterranea...
Il sabato
pomeriggio prima della maratona, senza dirlo a nessuno, mi siederò tranquillo sul divano e farò finta
di dare un occhio distratto alla televisione (non vorrei che per il fatto di
saperla a memoria poi finisce che sottovaluto qualcosa...)
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martedì 13 novembre 2012
Verso la maratona - Pillola 2: L'alimentazione (prima)
La settimana
prima: si mangia normalmente come durante tutto l’allenamento solo che,
allenandosi nettamente meno, si consuma meno e quindi cominciamo ad accumulare
in modo inconsapevole.
I giorni prima:
niente scarico e carico, come ho già detto un anno fa in Alimentazione... non ci si
azzecca mai!.
Dal giovedì comincio a mangiare pasta a pranzo e a cena (senza però togliere niente, tanto meno le proteine).
Venerdì e Sabato mi concedo anche dolci extra e soprattutto l’ultima sera pasta e pizza (come oramai non sono più abituato da anni).
Dal giovedì comincio a mangiare pasta a pranzo e a cena (senza però togliere niente, tanto meno le proteine).
Venerdì e Sabato mi concedo anche dolci extra e soprattutto l’ultima sera pasta e pizza (come oramai non sono più abituato da anni).
Alcune riflessioni sull’alimentazione prima dei “lunghissimi”
le avevo già fatte ne “Il bello del lunghissimo: le 2P” e valgono anche per la maratona che altro non è che un
“lunghissimo” più lungo.
Per quanto
riguarda la colazione, più si mangia meglio è, soprattutto se si fa colazione
alle 6-7 e poi si parte alle 9-9.30. Sono anche convinto che, per amatori che
corrono a ritmo non troppo sostenuto, se alla partenza la digestione è del
tutto terminata non è un problema: si sentirà meno il bisogno di mangiare
durante la gara o comunque sposterà tutto in avanti (di alimentazione “durante”
parlerò in un’altra pillola).
In un post
precedente (“Colazione prima della 10km?... non è un dramma!”)
ci sono link ad articoli interessanti sulla colazione prima della gara.
Il concetto è:
negli ultimi tre giorni mangiare senza paura della bilancia.
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sabato 10 novembre 2012
Verso la maratona - Pillola 1: L'allenamento
Dell’allenamento
vero e proprio non ho mai parlato, sia perché questo blog non vuol essere un
blog tecnico sia perché non mi sento la persona più intitolata a parlare di
programmi e tabelle anche se mi piace rifletterci e rielaborarle. Alcuni amici
e colleghi mi hanno addirittura fatto l’onore di seguire le mie rielaborazioni (aneddoto
gratificante: “il programma che sto seguendo mi piace, impegnativo ma mi dà
proprio la sensazione di stare progredendo”; “E dove lo hai preso?”; “Me lo ha
passato Luigi”; “Ma allora è quello che gli ho fatto io!...”)
Ormai la
preparazione per questa maratona è stata fatta però mi piace ripercorrere alcune
linee guida a cui mi attengo: sono arrivato alla conclusione che qualunque
programma o tabella, per quanto originale e strano, si possa ridurre a pochi
punti fermi che nella sostanza sono gli stessi.
- L’allenamento per una maratona dura tra i 3 e i 4 mesi (15-16 settimane). Ma dipende anche da limiti congiunturali (vacanze, impegni familiari o lavorativi). Accade spesso che le prime settimane non sia molto osservante, ma 12-13 settimane sono il periodo minimo e bisogna fare sul serio.
- Limito i miei allenamenti di corsa a tre sedute settimanali, sostanzialmente: un lungo nel fine settimana, un recupero tranquillo e un allenamento di velocità.
- Almeno due brevi sedute (30'-40') di cross-training alla settimana (prediligo il nuoto, che ritengo abbia contribuito a ridurre al minimo gli infortuni dovuti alla corsa, unito a stretching).
- I “lunghissimi” partono da 16-20km (a seconda dello stato di allenamento precedente) e usualmente aumentano di 3-4km ogni due settimane. Il finesettimana intermedio lo dedico a un lungo-veloce, anch’esso crescente ma scalato, in meno, di una decina di chilometri.
- Di solito il mio massimo “lunghissimo” è sui 35-37 chilometri e è collocato a 3 settimane dalla maratona. Recentemente ho verificato che anticiparlo a 4 settimane dalla maratona non ha effetti controproducenti, anzi: la mattina della maratona non riuscivo a ricordarmi neppure quando avessi fatto l’ultimo lunghissimo, e scordarsi la fatica fatta è positivo e ti dà sicurezza, mentre non ho sofferto di mancanza di allenamento (timore spesso irresistibile che ci porta a allenarci più del necessario soprattutto nell’ultimo periodo).
- Ultimo punto fermo: zero dolori. Al minimo accenno di dolore o fastidio faccio una sosta ai box dove Stefano, fisioterapista e osteopata dalle mani fatate, mi rimette subito a posto. Insieme al nuoto ritengo che questo "eccesso di zelo" mi abbia tenuto fuori da quei fastidiosi infortuni che poi si cronicizzano facilmente (visto che nessuno smette di correre a meno di non avere un arto inferiore ingessato).
giovedì 8 novembre 2012
Verso la Maratona di Firenze 2012 – Pillole di saggezza non saccente
Si avvicina il
giorno della maratona di Firenze.
Finché ci si
allena, resta laggiù, un obbiettivo all’orizzonte.
Poi cominciamo a rilassarci
perché i lunghissimi sono finalmente finiti, mentre lei è ancora lontana: mancano tre settimane.
Gli allenamenti si fanno più soddisfacenti, si sentono
gli effetti della preparazione: la capacità di fare bene le ripetute
programmate o di tenere medie sostenute anche su distanze discrete, come una mezzamaratona, ci sorprendono e ci lusingano.
Teniamo caldo il motore senza stressarlo troppo.
La domenica prima ne approfitterò per passare un po’ di tempo con mio nipote:
una quindicina di chilometri a “andatura maratona”, due chiacchiere, qualche
allungo e un po’ di stretching. E sentirsi bene, riposato. L’ultima settimana
non conta proprio: quel che è fatto è fatto.
Ritengo pretenzioso
aggiungere indicazioni a una pletora di raccomandazioni più o meno saccenti da parte di innumerevoli esperti, ma
vorrei accompagnarvi da qui alla maratona di Firenze con 6 pillole di saggezza,
poche parole ma nella speranza di condividere almeno qualche frutto delle esperienze
passate.
Da vecchio zio.
sabato 3 novembre 2012
Resterò sergente (barzellette sotto sforzo, ultimo atto)
Recentemente ho
scritto due post sulle barzellette, uno relativo a il loro impiego in
allenamento (Barzellette e ripetute (con differenza tra alba e aurora))
e uno ancora più dissacratorio durante il momento più critico di una maratona (No,non è triste Venezia... (una barzelletta sul Ponte della Libertà)).
Ripensandoci mi
sono reso conto che non si è trattato di felici eccezioni ma che il ridere e lo
scherzare hanno avuto molto più peso di quanto potessi immaginare nelle mie ore
di corsa.
Intendo perciò
completare la rassegna e concludere con una riflessione.
Per quanto
riguarda altre boutade non posso fare
a meno di citare due freddure recentemente condivise da Giovanni inerenti la velocità.
Quella volgare: "Sono così avanti che se rallento m’inc...lo da solo".
Quella raffinata: "Sono così avanti che se mi giro vedo il futuro".
Queste, se
confrontate con la serie di barzellette da elementari citate recentemente, sono
battute per così dire mature. Con le barzellette e le scemenze le chiudo qui.
Un ricco bacino
di situazioni inerenti l’allenamento da cui ho altresì tratto ispirazione è costituito
dai film militareggianti. Ho un paio di scene che mi piace ripetere di tanto in
tanto durante i nostri allenamenti con me nella parte del sergente di ferro.
La prima l’ho ottenuta
parafrasando una scena di Last Resort, l’ultima serie Fox (dal regista di
Lost) che minaccia di diventare una nuova serie cult:
“Quando di dico
di correre, voi dovete solo chiedermi quanto
veloce!”
La seconda, ma
in realtà citazione principe sull’allenamento estremo, ovviamente da Ufficiale
e gentiluomo, l’ho adattata a Luigi, collega, compagno di corsa e “allievo
ribelle (mia presuntuosa definizione) che viene da Salerno.
Questa scenetta
l’abbiamo già “recitata” più volte ma ci ridiamo sempre:
Io (inquisitorio):
“Da dove vieni ragazzo?”
Lui (timido): “Da
Salerno, signore”
Io (allusivo): “Due
cose vengono da Salerno: le bufale e le checche... non vedo le corna ragazzo...
non sarai mica una checca?!?”
(Chiedo scusa
per il linguaggio non politically correct ma non si può censurare il passato!)
E vengo alla
riflessione, sempre ispirata da Ufficiale e gentiluomo, cui mi rifacevo nel
titolo di questo post. Il summenzionato Luigi, dopo mesi di duri allenamenti,
lunghissimi inaccorciabili, rigorose ripetute, con questa ultima maratona ha oramai
superato il maestro (o almeno chi si riteneva tale), gli sono “spuntate le ali”
come agli allievi del film quando si diplomano e si congedano dal rigoroso
sergente Foley.
Resterò un
sergente?
Forse è giusto
così e comunque sono fiero di aver, seppur per un’infinitesima parte,
contribuito al miglioramento di qualcun altro (oltre che di me stesso).
Vabbè... avanti
il prossimo!
PS: non mi voglio
scordare che nella corsa, come nella vita, è tutto un apprendere e un insegnare
e si deve essere orgogliosi tanto dell’uno quanto dell’altro. A tal proposito
avevo già condiviso alcune riflessioni su quanto avessi appreso dagli altri (Tantimaestri, tanto onore (una riflessione))
lunedì 29 ottobre 2012
No, non è triste Venezia... (una barzelletta sul Ponte della Libertà)
Venezia con una
pioggerellina grigia potrebbe essere triste.
Arrivare a
Venezia dopo aver corso per quarantadue chilometri costantemente sferzati da
pioggia e vento forte non è triste, è epico.
Oppure è stupido
(lo so, Elena, lo so!).
Dipende dai
punti di vista.
Tu sei lì, solo
con te stesso in mezzo a migliaia di altri individui soli di fronte a un
ambiente meteorologico avverso, poco vestiti (ho visto molte braccia e gambe
violacee!) e ti chiedi perché.
La risposta me
l’ero data pensando a un’altra barzelletta (*) da terza elementare che mi è
venuta in mente al terzo chilometro ma Luigi mi ha fermato: me la racconti sul Ponte
della Libertà!
Aveva ragione:
son bravi tutti a scherzare quando si è all’inizio, è al trentacinquesimo
chilometro che bisogna dimostrare qualcosa, supponendo che ci sia qualcosa da
dimostrare.
Vabbene, faccio
io, ricordami solo: “tu sei un eroe!”
Poi ci siamo
persi e ritrovati proprio sul quel benedetto ponte, lungo quattro chilometri,
che collega la terraferma a Venezia.
Un vento a
sessanta chilometri orari tagliava perpendicolarmente il ponte, fustigando con
pioggia gelata gli increduli passanti (nessun passante a parte i
cinquemilanovecento che sono arrivati alla fine). A metà del ponte Luigi me lo
ha ricordato: “Tu sei un eroe!”
Allora ho riso
pensando alla situazione in cui ci trovavamo, al freddo e al gelo, cercando un
passo dopo l’altro di non smettere di correre e di resistere (come i cormorani,
aveva detto Aldo Rock (**), e noi ci riparavamo il volto con il cappellino
messo di sbieco). E io che racconto una barzelletta.
Una folla porta un uomo in trionfo.
Questi, trasportato da tutte quelle mani grida “m’avete
preso per un coglione!”
E tutti: “Tu sei un eroe!”
Lui: “Vi dico che mi avete preso per un coglione!”
Loro: “No, tu sei un eroe!”
L’avevano preso per un coglione.
A causa della pioggia
e del vento non ho potuto vedere Luigi che rideva, ma ero sicuro che stava
ridendo.
Abbiamo finito
la maratona. Anche grazie a una barzelletta.
sabato 27 ottobre 2012
Com'è triste Venezia...se piove! (Ricordarsi dei cormorani)
Valigia chiusa: ho riempito un trolley che di solito uso per trasferte fino a tre giorni e uno zainetto...
D'altra parte avevo già deciso tutto e invece con le previsioni attuali (5° con pioggia e vento) ho preso cinquanta sfumature di magliette e tutto quello che mi è venuto in mente. Stasera in albergo deciderò con gli altri moschettieri (siamo quattro...)
Ci manca solo l'acqua alta per arrivare a San Marco.
Ieri Aldo Rock a "Deejay chiama Italia", quando Linus ha rivolto un augurio a chi avrebbe partecipato alla maratona di Venezia, ha detto: quando siete sul ponte fate come i cormorani... mettete la testa sotto l'ala!
Mo' me lo segno!
D'altra parte avevo già deciso tutto e invece con le previsioni attuali (5° con pioggia e vento) ho preso cinquanta sfumature di magliette e tutto quello che mi è venuto in mente. Stasera in albergo deciderò con gli altri moschettieri (siamo quattro...)
Ci manca solo l'acqua alta per arrivare a San Marco.
Ieri Aldo Rock a "Deejay chiama Italia", quando Linus ha rivolto un augurio a chi avrebbe partecipato alla maratona di Venezia, ha detto: quando siete sul ponte fate come i cormorani... mettete la testa sotto l'ala!
Mo' me lo segno!
martedì 23 ottobre 2012
Barzellette e ripetute (con differenza tra alba e aurora)
“Oggi abbiamo
visto l’alba e l’aurora” affermo con tono piatto mentre, di ritorno
dall’”Indiano”, incrociamo lungo il viale alberato un ormai raro cavallo da
trotto con dietro calessino e fantino.
“Che differenza
c’è?” chiede il mio infaticabile sodale.
“L’alba è un chiarore, è bianca, mentre l’aurora, che viene subito dopo, è arancione.”
Proseguo perso
dietro una mia madeleine: “O meglio rosa,
come diceva Omero - butto lì con posata nonchalance - ‘rodudàctulos Éos’...”
Siamo a metà
della seconda ripetuta da 5km a ritmo da mezzamaratona con un recupero di 1km a
ritmo maratona (per impegno morale e programmatico non parlo di tempi e
velocità, ma qui serve per comprendere il tipo di sforzo – ripetute lunghe
ma non velocissime - e così ognuno è libero di figurarsi le velocità che gli si
confanno e può meglio immedesimarsi), riesco ancora a fare lo sbruffone ma non a lungo: mi zittisco per recuperare.
“Ancora due chilometri”
proclamo poco dopo, incoraggiando anche me stesso.
“Potresti
raccontarmi qualche barzelletta, come quella di Persèo” mi provoca Luigi.
Rispondo
riciclando un paio di stupide freddure da terza elementare (un pietoso esempio:
“Pierino hai mangiato la molla?” “Nòin!... Nòin!...”) che mi aveva raccontato
Giovanni qualche lunghissimo fa.
“Certo, quella
di Persèo era meglio, più interpretata” commenta Luigi ridacchiando.
“Eh sì, - ammetto
io, - però quella te l’ho raccontata in un lunghissimo, mica durante una
ripetuta!”
La barzelletta
idiota di Persèo l’avevo raccontata pure a Giovanni (Luigi non c’era quella
volta, così l’ho potuta usare ben due volte raccontandola anche a lui qualche
domenica dopo quando invece non c’era Giovanni) e appunto lui aveva ribattuto
con quelle freddure che ho riciclato stamani (a eccezione di questa di Persèo, non mi sono mai ricordato le
barzellette neppure da bambino, figurarsi a distanza di decine di anni...).
Il buffo di
questa barzelletta, che è veramente stupida, è che io di tanto in
tanto, magari mentre corro da solo e ho esaurito
tutti gli altri pensieri positivi, ci ripenso e me la ri-racconto. Sì, avete capito bene: me la ri-racconto.
Immaginate la situazione: sono stanco, ho già fatto una
ventina di chilometri, sono sperduto in qualche via di campagna con ancora più
di dieci chilometri da percorrere prima di poter pensare di essere vicino a
casa. Ecco che io già sorrido all’idea di quella vecchissima barzelletta e me
la racconto mentalmente.
La scena si
svolge in un campo di battaglia, dopo un sanguinoso scontro tra greci e
persiani (a pensarci bene potrebbero anche essere Ateniesi e Spartani,
l’importante è che almeno una delle due fazioni sia greca). La piana è un
intrico di cavalli, scudi, cadaveri e lance. Un anziano padre si aggira
cercando disperatamente il figlio che non ha fatto ritorno. E grida:
“Persèo!... Persèooo!”
Una mano tremolante emerge da un ammasso di corpi (io di solito a quel
punto accompagno il racconto con la mano aperta e irrigidita dal dolore che si
fa lentamente strada).
Il vecchio si avvicina a quella mano, scopre un volto insanguinato e, incredulo ma
speranzoso, domanda: “Sei Persèo?”
E la voce
morente: “Trentasèo!”
E io qui rido
come un idiota. Non solo la barzelletta farebbe ridere al massimo un bambino che non
la sapesse già e che avesse alle spalle una traumatica esperienza di tabelline
(cosa che oggigiorno non mi risulta più di attualità) ma se uno la sa già, o
addirittura la racconta lui medesimo, e per sovrappiù a se stesso...
Eppure,
immancabilmente, io sorrido.
E, senza
accorgermene, ho fatto un altro mezzo chilometro.
La morale? Ce
ne possono essere varie.
Sono stupido.
O faccio il
furbo. Anche con me stesso.
Oppure sono un
fine psicologo.
Oppure: quando
non ce la fai più ti attacchi a tutto.
“Chi si
accontenta gode” unito a “il male voluto non è mai troppo” potrebbero essere
due adagi che, benché usurati, sintetizzano in modo abbastanza appropriato.
In ogni caso ci
sono barzellette adatte ai lunghissimi e barzellette adatte alle ripetute.
Converrete con me che quella di Persèo sia da lunghissimo!
Converrete con me che quella di Persèo sia da lunghissimo!
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