Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

martedì 23 ottobre 2012

Barzellette e ripetute (con differenza tra alba e aurora)

“Oggi abbiamo visto l’alba e l’aurora” affermo con tono piatto mentre, di ritorno dall’”Indiano”, incrociamo lungo il viale alberato un ormai raro cavallo da trotto con dietro calessino e fantino.
“Che differenza c’è?” chiede il mio infaticabile sodale.
“L’alba è un chiarore, è bianca, mentre l’aurora, che viene subito dopo, è arancione.”
Proseguo perso dietro una mia madeleine: “O meglio rosa, come diceva Omero - butto lì con posata nonchalance - ‘rodudàctulos Éos’...”
Siamo a metà della seconda ripetuta da 5km a ritmo da mezzamaratona con un recupero di 1km a ritmo maratona (per impegno morale e programmatico non parlo di tempi e velocità, ma qui serve per comprendere il tipo di sforzo – ripetute lunghe ma non velocissime - e così ognuno è libero di figurarsi le velocità che gli si confanno e può meglio immedesimarsi), riesco ancora a fare lo sbruffone ma non a lungo: mi zittisco per recuperare.
“Ancora due chilometri” proclamo poco dopo, incoraggiando anche me stesso.
“Potresti raccontarmi qualche barzelletta, come quella di Persèo” mi provoca  Luigi.
Rispondo riciclando un paio di stupide freddure da terza elementare (un pietoso esempio: “Pierino hai mangiato la molla?” “Nòin!... Nòin!...”) che mi aveva raccontato Giovanni qualche lunghissimo fa.
“Certo, quella di Persèo era meglio, più interpretata” commenta Luigi ridacchiando.
“Eh sì, - ammetto io, - però quella te l’ho raccontata in un lunghissimo, mica durante una ripetuta!”
La barzelletta idiota di Persèo l’avevo raccontata pure a Giovanni (Luigi non c’era quella volta, così l’ho potuta usare ben due volte raccontandola anche a lui qualche domenica dopo quando invece non c’era Giovanni) e appunto lui aveva ribattuto con quelle freddure che ho riciclato stamani (a eccezione di questa di Persèo, non mi sono mai ricordato le barzellette neppure da bambino, figurarsi a distanza di decine di anni...).
Il buffo di questa barzelletta, che è veramente stupida, è che io di tanto in tanto, magari mentre corro da solo e ho esaurito tutti gli altri pensieri positivi, ci ripenso e me la ri-racconto. Sì, avete capito bene: me la ri-racconto.
Immaginate la situazione: sono stanco, ho già fatto una ventina di chilometri, sono sperduto in qualche via di campagna con ancora più di dieci chilometri da percorrere prima di poter pensare di essere vicino a casa. Ecco che io già sorrido all’idea di quella vecchissima barzelletta e me la racconto mentalmente.
La scena si svolge in un campo di battaglia, dopo un sanguinoso scontro tra greci e persiani (a pensarci bene potrebbero anche essere Ateniesi e Spartani, l’importante è che almeno una delle due fazioni sia greca). La piana è un intrico di cavalli, scudi, cadaveri e lance. Un anziano padre si aggira cercando disperatamente il figlio che non ha fatto ritorno. E grida: “Persèo!... Persèooo!”
Una mano tremolante emerge da un ammasso di corpi (io di solito a quel punto accompagno il racconto con la mano aperta e irrigidita dal dolore che si fa lentamente strada).
Il vecchio si avvicina a quella mano, scopre un volto insanguinato e, incredulo ma speranzoso, domanda: “Sei Persèo?”
E la voce morente: “Trentasèo!”
E io qui rido come un idiota. Non solo la barzelletta farebbe ridere al massimo un bambino che non la sapesse già e che avesse alle spalle una traumatica esperienza di tabelline (cosa che oggigiorno non mi risulta più di attualità) ma se uno la sa già, o addirittura la racconta lui medesimo, e per sovrappiù a se stesso...
Eppure, immancabilmente, io sorrido.
E, senza accorgermene, ho fatto un altro mezzo chilometro.

La morale? Ce ne possono essere varie.
Sono stupido.
O faccio il furbo. Anche con me stesso.
Oppure sono un fine psicologo.
Oppure: quando non ce la fai più ti attacchi a tutto. 
“Chi si accontenta gode” unito a “il male voluto non è mai troppo” potrebbero essere due adagi che, benché usurati, sintetizzano in modo abbastanza appropriato.

In ogni caso ci sono barzellette adatte ai lunghissimi e barzellette adatte alle ripetute.
Converrete con me che quella di Persèo sia da lunghissimo!

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