Avevo calcolato tutto: il
film, l’ultimo episodio di Guerre Stellari ovviamente, dura due ore e un
quarto, all’uscita avrei avuto quarantacinque minuti per arrivare dal
concessionario, prima che questi chiudesse, per riprendere lo scooter. Avevo
studiato il percorso con google map e ne avevo avuto conferma sul sito
dell’Ataf: bastava fare cento metri a piedi, prendere un bussino che in sedici
minuti mi avrebbe lasciato a poche centinaia di metri dalla meta, il tutto in
solo ventidue minuti. Tenuto anche conto che il bussino seguente sarebbe
passato dopo sette minuti, ce l’avrei fatta con un quarto d’ora di comporto.
Perfetto. Però un segno avrebbe dovuto allertarmi, forse una corsa del 17 saltata e
ero arrivato al cinema all'ultimo minuto e dopo una camminata forzata. Una volta seduto e riposatomi, mi
rendo conto che il film sta cominciando dieci minuti in ritardo. Ce la faccio ancora.
Intervallo. Intervallo? Sì, e tra parentesi sta scritto: cinque minuti:
esaurito il quarto d’ora di comporto. Se non manco il bussino ce la faccio
ancora. La ragazzotta nuova porge la spada laser a un incappucciato sulla
montagna a strapiombo sul mare (è uno spoiler? No, non ho detto che l’incappucciato
è Luke Skywalker da vecchio, ossia Mark Hamill adesso). Esco senza vedere i
titoli di coda, peccato, è un rito leggerli fino alla fine, ringraziamenti e musiche comprese, ma non c’è tempo. Cammino rapido, arrivo alla fermata e scopro che il
bussino arriva in due minuti: ventidue
più due, ventiquattro, mentre io ne ho ancora ventotto per arrivare in tempo: ce la faccio ancora. Il bussino arriva e riparte
tranquillo. Poche decine di metri ed ecco la prima difficoltà: attraversare il
flusso semaforico di via della Scala dove l’auto che non è riuscita a passare
con il verde non desiste e fa quel metro con il giallo che impedisce al flusso
perpendicolare, ossia a noi, di passare al proprio verde... ci vogliono un paio
di verdi per passare il guado. La scena si ripete pochi metri dopo: il pullman
che esce dal deposito non ci lascia passare e resta incastrato davanti al
nostro bussino visto che la sua corsia non scorre. In pratica
ogni verde a un semaforo qualunque nel circondario corrisponde allo spostamento
di una casella di una vettura in fila, non si sa quale, dipende dall’astuzia e
dalla forza (con la effe minuscola) dei singoli guidatori. Abbiamo davanti a
noi un altro semaforo per passare il quale ci dovremmo addirittura inserire
nello stesso flusso di chi viene dalla nostra sinistra: quando finiscono di
passare loro dovremmo entrare noi ma non si crea il vuoto e quando scatta il rosso è chiaro che non abbiamo alcuna
speranza di farcela neppure al verde successivo. L’autista misericordioso ci
apre le porte per permetterci di proseguire a piedi. A quel punto ho venti
minuti alla chiusura, google map mi dà una percorrenza a piedi di ventisette
minuti, l’unica possibilità è correre. E io corro: ho memorizzato il percorso
sulla mappa, normalmente cercherei conferma ad ogni angolo per essere sicuro che sto
percorrendo la traiettoria ottimale ma stavolta no, so dove andare e conosco
queste strade a memoria, non solo in modalità “cammino” o “turismo” ma anche in
modalità “corsa” (tanto che un tempo lontano avevo ipotizzato un’iniziativa che
non si è poi concretizzata “Firenze: Giro turistico della città”).
Dalla stazione a via delle
Casine, dietro a Santa Croce, per una passeggiata mi sembrerebbe una distanza
notevole ma so che a corsa saranno dieci, quindici minuti. Ce la posso fare.
Parto, sorpassando rapido tutte le auto in coda per la stazione e attraverso il
flusso all’altezza del bar Deanna (non esiste più, ma è come dire davanti al
Gambrinus, è la vecchiaia). Via della scala. Sono vestito pesante, pantaloni di
velluto, piumino, e ai piedi delle solidissime Camper. Piazza Santa Maria Novella.
Non rallento come mi verrebbe spontaneo con il sorgere del fiatone ma sono in
modalità corsa, il respiro si adatta al ritmo, il passo è costante. Imbocco via
del Sole. Oltretutto è un tardo pomeriggio nel periodo natalizio, per il centro
sciamano lenti flussi di turisti e di fiorentini alla deriva. Corro. Non mi fermo
ai segnali stradali. Via tornabuoni. Qui la densità è critica. Borgo Santi
Apostoli. Non rallento per scansare le persone, aggiusto la traiettoria in modo
ottimale, la Forza è con me. Il piazzale degli uffizi, sterzo a sinistra,
sembra sempre di essere controcorrente. Via de’ neri. Oramai ci sono, ma non
guardo l’orologio. La Biblioteca Nazionale, manca poco. Scendo per via delle
Casine senza rallentare anche se sono stanco, anzi cerco di forzare l’andatura
in prossimità dell’arrivo. La luce del concessionario è ancora accesa ma non mi
fermo voglio avere qualche minuto di margine. Quando entro mancano ancora dieci
minuti alla chiusura, ne ho impiegati solo dieci per percorrere due chilometri
e mezzo. Ritiro lo scooter. Ce l’ho fatta. Grazie alla Forza. Anche. Se non
fossi stato in uno stato di esaltazione indotta dalla visione del film non avrei
pensato possibile l’impresa. Ma soprattutto grazie alla corsa: se non fossi
stato allenato non ce l’avrei fatta, nonostante la Forza.
La morale? Che la Corsa
sia con voi!
PS: ovviamente, dopo, era
da strizzare pure il piumino.