Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

lunedì 28 novembre 2011

Maratona di Firenze 2011 - Il giorno dopo

La giornata da un punto di vista meteorologico è stata perfetta: fresca ma solatia.
Ho avuto la fortuna di correre con tre compagni di avventura eccezionali, eravamo diventati una squadra, chi controllava il passo corrente, chi verificava discrepanze con il ruolino di marcia, una voce di tanto per verificare che tutti fossimo vicini, se andava tutto bene, un'occhiata a un compagno che rientrava nei ranghi dopo un rapido pit-stop...
Fino al 25°km è stata una passeggiata, poi abbiamo cominciato a risparmiare le energie, se non comunicazioni essenziali.
Al trentesimo ci siamo prima bi-partiti, per poi sfrangiarci ognuno della propria lotta personale.
Ammetto che un paio di noi hanno avuto un ausilio supplementare, il "Personal Pace Maker del 30°"...
Ammetto che dal 33°km ho cominciato a soffrire e a rallentare progressivamente e inesorabilmente... non so come sarei arrivato senza il costante incoraggiamento del mio angelo custode.
Nonostante la sofferenza sempre maggiore, ho avuto degli squarci di bellezza incredibile: sul ponte Santa Trinita ho visto per un attimo il Ponte Vecchio illuminato da una calda luce autunnale riflettersi perfettamente in uno specchio di acqua immobile. Entrando da Por Santa Maria ho percepito il bugnato di Palazzo della Signoria sporgere grazie alla luce radente. Quasi al quarantesimo chilometro e ormai privo di ogni volontà ho sentito un vicino esclamare: ma che bellezza, alzate gli occhi, guardate come è bello il Duomo!
Oltre ad aver condiviso una mattinata con un gruppo di persone care e con migliaia di appassionati, in gara ma solidali, oltre alla splendida giornata e alla bellezza della nostra città, sono riuscito a migliorare il mio personale: 3h51'20". Non è granché ma per me è un miglioramento (e non di poco) rispetto alla maratona precedente.
In quegli ultimi fatidici chilometri pensavo: mai più. Però sapevo che poi mi sarebbe bastato scordarmi di quella fatica per progettare la prossima maratona...

sabato 26 novembre 2011

Maratona di Firenze 2011 - Tempo di vigilia - 5

Il pisolo del pomeriggio prima

Oggi pomeriggio ho cercato di pisolare senza successo.

Un pensiero che mi rilassa e mi incoraggia al sonno è la corsa. Per evitare brutti pensieri mentre sto per addormentarmi, il mio strategemma infallibile è precorrere l’allenamento del giorno dopo o del fine settimana, vedermelo, gustarmelo (tanto la fatica non si sente mentre si pensa e quasi si sogna, quindi me lo gusto davvero).

Oggi durante il mio pisolo ho tentato di mettere in pratica lo stratagemma infallibile ma stavolta c’era il fattore adrenalinico che ha frustrato il tentativo: pensando alla corsa di domattina mi emozionavo e quindi mi risvegliavo...

Ho rinunciato al pisolo, mi sono solo riposato fisicamente. Però ho notato una cosa: il pensiero di domattina pur agitandomi, mi rendeva felice: la visione di me che incontro i miei amici e colleghi con cui ho già fissato per almeno partire insieme mi rendeva contento.
Condividere un impresa, una fatica con persone che mi sono care.
Ma poi allargando la prospettiva, so già che condividerla anche con migliaia di sconosciuti mi renderà allegro e felice.
La stupefacente bellezza della maratona è che mentre i primi gareggiano per vincere, gli altri gareggiano per fare bene ma non per battere il vicino di gara, anzi quello è un amico, un sostegno, un sodale.
Una "gara-con" anziché una "gara-contro"
Certo agli ultimi cinquecento metri tutti cercano di “vincere”, o di superare qualcuno o almeno di non essere superati, ma dura pochi minuti, che cosa sono pochi minuti rispetto a quattr’ore o giù di lì?

Maratona di Firenze 2011 - Tempo di vigilia - 4

MEMORANDA

Vestizione
  • Mutande tecniche
  • Pantaloncini blu
  • Maglia a manica corta (compression)senza maniche blu UA oppure a manica lunga UA oppure manica lunga Adidas bianca
  • Canottiera
  • Gilet antivento azzurro
  • Calzini bianchi (torloss)
  • Gambaletti booster
  • Polsini
  • Cappellino
  • Guanti
  • Collare fucsia
  • Cardio
  • Garmin
  • Tuta da buttare
  • Scarpe nike structure triax
  • 2 minipack Enervit
  • 5€
  • Cellulare
  • Impermeabile di nylon dell’organizzazione

Da portare x prima della gara
  • barretta tecnica red
  • fruttino
  • bottiglietta con pre-gara

Nella borsa per dopo:
  • calzini
  • tuta asciutta
  • asciugamano
  • bottiglia recupero

Maratona di Firenze 2011 - Tempo di vigilia - 3


E' il mio problema esistenziale: azzeccare la tenuta. Non sia mai che abbia a soffrire di caldo o di freddo mentre corro. A parte, ovviamente, i primi ottocento metri, un chilometro di attemperamento, in cui si può avere, e si avrà, freddo.


Razionalizziamo:
Le previsioni de ilmeteo.it per domenica sono:
5 °C @ 9.00
12 °C @ 13.00
Sole con poco vento

ma in realtà sono le stesse previsioni che c'erano per i giorni scorsi e se qualcuno di voi è andato a correre a mezzogiorno giovedì o venerdì (io sono andato giovedì) avrà sentito un bel caldo, al sole, nonostante il vento che era effettivamente previsto di media intensità, cosa che non dovrebbe registrarsi domenica.

Pertanto mi sto arrendendo alla seguente considerazione
1. non pioverà (e questo è bene)
2. non farà "abbastanza" freddo (e questo è meno bene: per me l'ideale sarebbe stato tra i 5 e i 10°C, in modo da avere sempre un raffreddamento esterno senza però soffrire il freddo, a parte i primi minuti).

Passando in rassegna il mio guardaroba comincio la cernita:
- le maglie UnderArmour compression a manica lunga (che io adoro) sono eccessive e, sia pure a malincuore, ci devo rinunciare.
- ne ho una versione sempre pesantina ma a manica corta ma temo che sia comunque troppo calda.
- alleggerendosi di un livello avevo considerato una maglia Adidas (sempre a compressione) molto sottile sempre a manica lunga (ultimo acquisto di nascosto a mia moglie) ma il dubbio è: a cosa serve la manica se non fa freddo e non tira vento?
- Se “scaliamo” di pesantezza si passa alle maniche corte ma leggere.
qui la scelta è varia, ma vale un criterio, quello che si corre per quasi quattro ore e non mi posso permettere escoriazioni o scorticamenti (tipo ai capezzoli), pertanto anche qui la scelta si restringe a quelle aderenti, e tra queste la mia preferenza va a quelle comprimenti, che non comprimono come quelle invernali ma comunque di sicuro non strusciano.


Ovviamente, qualunque sia la mia scelta, sopra andrà la canotta con il logo che potrebbe avere anche una funzione antivento dato che non traspira minimimamente, ma per fortuna non ci sarà il vento... quindi farà solo da sostegno per il logo.


Ricapitolando, mi sa che opterò per una tenuta - per i miei gusti - un tantino leggera ma è giusto così, bisogna stare un po' più leggeri di quello che vorremmo quando siamo fermi.
Ovviamente i veri runners non hanno dubbi: canotta e pantaloncini frù-frù (quelli scosciati che io odio e ho nascosto nel fondo del cassetto). Ma tanto i veri runners non fanno caso alle mie fisime...

Nota per chi è alla prima maratona: ricordatevi che dovremo stare pressoché nudi come bruchi per almeno mezz'ora (8.45-9.15) ma forse anche di più. Quindi se volete prendere parte alla grande OLA della partenza procacciatevi una tuta vecchia, da dismettere o da due lire (neanche euro, lire!) che dopo averla utilizzata per mantenervi a una temperatura accettabile non vi sentiate in colpa a buttare via. Tanto vengono raccolte e date in beneficienza (dicono, io non ho mai verificato: però fa sentire la coscienza un minimo più a posto)

Maratona di Firenze 2011 - Tempo di vigilia - 2

Il PPM

Sono sicuro che ognuno di noi vorrebbe averne uno. È il Personal Pace Maker.
Quello con i palloncini direte voi.
Ma voi vi fidereste di uno con i palloncini?
E poi che mi interessa avere uno che alla partenza mi dice a quanto devo andare? Riesce a tutti andare a un passo finché si è lucidi, basta un garmin o simili. Certo, a patto di guardarlo e di avere l’accortezza di rallentare, soprattutto all’inizio.

Quello che invece fa la differenza è un sostegno individuale, proprio per me, ma quando ne ho bisogno io, ossia dal trentesimo chilomentro in poi.

Io l'ho fatto, senza che nessuno me lo chiedesse, anche se l'ho dovuto fare in bicicletta perché allora non ero in grado di accompagnare un collega per dieci chilomnetri all'andatura che lui teneva nei suoi ultimi dieci... lui era abbattuto dal freddo e dalla pioggia, e io mi sono vergognato pure.
Ma lui il giorno dopo mi ha ringraziato tanto per quel gesto, per me minimo e che pensavo minimo anche per lui, visto che lo avevo solo accompagnato e per giunta in bicicletta, e invece lui mi ha sempre detto che il solo fatto di avergli fatto compagnia, di averlo incoraggiato, di averlo distratto, gli aveva permesso di andare avanti e di superare un momento veramente duro nel quale aveva seriamente pensato di ritirarsi.

L'anno dopo l'ho provato in prima persona, e quando al piazzale delle cascine vidi Leonardo che si toglieva un giaccone e superava le barriere per affiancarmi, ricordo che tirai un sospiro di sollievo... e quanto mi aiutò per tutti gli ultimi terribili chilometri.
Anno scorso stesso copione, Emanuele mi aspettava nei dintorni del ventiseiesimo chilometro e mi ha accompagnato fino alla fine.

Quest'anno ero abituato all'idea di correre da solo, ma quando ieri Leonardo mi ha chiamato e ha buttato lì, se mi interessasse un accompagnatore, ammetto che sono rimasto sorpreso, avevo pensato alla crisi del trentesimo e alla strategia suicida, ma non avevo pensato di poter usufruire di un tale aiuto.
Ma quando ho solo per un istante realizzato questa possibilità l’ho ringraziato immediatamente e ho accettato l'offerta.
Forse è da vigliacchi, prima o poi una maratona tutta da solo la dovrò fare.
La prossima, magari.

Io, ancora oggi, sono fiero di aver aiutato Andrea, sia pure nel mio piccolo. E non mi vergogno di aver ricevuto aiuto da altri colleghi e amici, anzi lo accetto quanto più sono convinto che se mi si ripresentasse l'occasione mi presterei a aiutare un altro collega o amico.
Non è necessario sdebitarsi reciprocamente, ci si può sdebitare in modo transitivo, con il prossimo-tuo-runner, e sentirsi in pace con se stesso e con il mondo che corre.
Pertanto il mio invito a chiunque di voi NON partecipi alla maratona, perché magari non si sente in grado di correre più di 10 o 15 km, non si lasci scappare l'occasione per una buona azione, si guardi intorno e se ha un amico o un collega che la corre, si offra di essere il suo PPM per gli ultimi chilometri.
E se quello si schernisce, insista: magari quello lo fa per pudore, dica che comunque una sgambatina domenica la farebbe comunque...
Non se se pentirà

Maratona di Firenze 2011 - Tempo di vigilia - 1

Quello che è fatto, è fatto. Se siete arrivati qui senza rompervi (cosa abbastanza facile, come alcuni di voi hanno potuto constatare) a questo punto c'è solo da fare in modo che domenica mattina alle 8.45 siamo dentro le gabbie. Poi sarà quel che sarà, e ce lo racconteremo lunedì prossimo.

La strategia di corsa, ognuno ha la sua. Oppure non ce l'ha: basta arrivare...
Di solito almeno un obbiettivo di tempo ce l'abbiamo tutti, esplicito o implicito,  nel nostro intimo. I più avventati lo dicono agli amici... altri se lo tengono dentro, non sa mai... non avesse a portar male!
Io sono tra quelli che lo dicono. Ma non per fare lo sborone, - anche perché che sborone vuoi fare se sei lì che cerchi di stare sotto le 4 ore!..., - ma soprattutto per cercare di esorcizzare questa sorta di impresa che sento ciclopica, perché una volta detto, questo qualcosa prende consistenza e poi ci credo di più anche io stesso... solo che una volta detto, poi lunedì prossimo mi espongo al ludibrio della folla, o più semplicemente alla compassione dei compagni di corsa che fanno un rapido confronto tra il risultato e l'obbiettivo...
Lo so ma fa parte dei rischi, e certo sarà più dura la fatica che non la vergogna di un eventuale risultato sotto le aspettative!
Allora: obbiettivo primario: 3h50'. Sogno: 3h45'. L'ho detto.
La mia strategia (suicida) sarà la seguente: i primi 30km a 5.15-5.20 e poi "'ndo co'io,co'io".
Sì perché, come ho avuto già modo di annoiare i miei compagni di corsa, ormai è dimostrato che, sia che mangi o che non mangi, anche se tengo un passo di tutto riposo (tipo 5.40) quando arrivo al 29-30km ecco che vado in crisi e comincio a decelerare senza possibilità di inversione di tendenza (a parte l'ultimo chilometro, detto anche "chilometro dell'orgoglio").

Poi rivedrò la lista delle cose da portare come me. Con me, sottolineo, voi porterete di meno, di più o di diverso, ma non si sa mai che magari vi aiuti a ricordarvi qualcosa che se vi scordaste vi  infastidirebbe domenica mattina alle 8.45...

lunedì 7 novembre 2011

La Maratona di Firenze 2010 - 16

Puntata precedente

Dopo

È finita. Tutto è ovattato, come quando la febbre è passata ma ancora non stai bene. Mi muovo lentamente, mi aggiro per casa disorientato. Elena mi prepara una pasta, non so neppure io cosa mi va di mangiare e se mi va di mangiare. Nel dubbio, decido di mangiare, anche se sono già le tre e mezzo quando mi siedo debolmente in cucina. Mi sembra di essere un paziente sotto osservazione, per fortuna Elena è affettuosa e evita asserzioni, usuali durante la preparazione, del tipo “il male voluto non è mai troppo” perché adesso soccomberei. Ho bisogno di cura e non che mi si ricordi che se sono fava e mi vado a autodistruggere è colpa mia.
Mangio meccanicamente, non riesco a gustarmi i maccheroni integrali (ben cento grammi!) con un ricco sugo di pomodoro che mi vengono serviti amorevolmente.
Poi alzo e mi indirizzo, sempre lentamente verso il letto. Sono troppo stanco per dormire e soprattutto non so dove mettere le gambe: in qualunque posizione sono a rischio crampo, c’è poco da fare: per ogni muscolo che stendo ce n’è senz’altro uno che invece si contrae... una posizione che trovo rilassante è su un fianco con le gambe né stese né piegate, una via di mezzo che non mi mette troppo a rischio ma non soddisfa davvero nessun muscolo, desideroso di stendersi totalmente.
Un riposino faticoso, come quando si dorme con la febbre.
Quando mi alzerò, sempre con grande cautela anche nel ruotare le gambe da sdraiate a verticali, quasi che le ginocchia possano piegarsi di lato e non nel verso giusto, sarò ancora stanco ma un po’ meno.
Quando mi alzerò domani mattina sarò stronco ma ancora un po’ meno. In ufficio camminerò più lentamente del solito, con particolare attenzione ai cambi di direzione e, ahi ahi, ai gradini, sia in su che in giù. Però via via che passa il tempo, mi accorgerò che cammino con minor difficoltà fino a che, magari martedì, realizzerò che non ci sto più facendo attenzione e sto camminando normalmente. Ma sarò contento di ubbidire al comandamento di Fulvio di aspettare almeno una settimana prima di calzare di nuovo le scarpe da corsa.
Di tanto in tanto, mentre sono da solo, penserò con piacere e orgoglio all’impresa, mi commuoverò anche un po’ a ripercorrere quegli ultimi chilometri, però potrò, senza mancanza, aspettare ancora qualche giorno senza correre.

La morale, dunque. È molto semplice: l’importante è arrivare sano. Tutto il resto viene dopo.
Dopo si ricorderà solo di avercela fatta, o magari di aver fatto un buon tempo rispetto all’anno precedente, di essersi migliorato. Ma è un sovrappiù. Per poter festeggiare bisogna esserci. E essere sani. Ce l’ho fatta. Ci ho messo ventidue minuti meno dell’anno scorso ma soprattutto ho sofferto meno e sono arrivato più integro.

La lista del giorno prima! La devo aggiornare: la prossima volta sarà bene che consideri anche i guanti, poi magari decido di non prenderli ma deve essere una scelta. Allora ricordiamoci di modificare il file, sennò poi alla fine me li scordo: i guanti!

venerdì 4 novembre 2011

La Maratona di Firenze 2010 - 15

Puntata precedente

42.195km e oltre


L’arrivo, stavolta non lo faccio lasciando che tutti mi sorpassino come l’anno scorso, stavolta resisto e aumento la velocità sia pur di poco tanto da superare almeno qualcuno.
Tappeto azzurro.
Per timore di essere irriconoscibile nelle foto, almeno all’arrivo, mi tolgo il cappellino, ma non lo getto come molti altri hanno fatto a giudicare dai tanti cappellini che giacciono sul tappeto fradicio, al mio cappellino Nike ci sono affezionato e non lo mollo ma lo tengo in mano, e l’altra me la passo tra i capelli fradici incollati alla testa con la forma del cappellino, per aggiustarmi, come se in queste condizioni fosse possibile farmi bello per la foto all’arrivo.
Il pubblico, la colonna sonora, la felicità, sento annunciare il mio nome, il tempo sul display ufficiale dice 4 ore 13 minuti, ma il mio Garmin dice 4 ore e 9 minuti, quello che si dice “real time” dato che non il tempo atteso per passare dal via non conta, o almeno non conta per me.


Sono stanco ma riesco a camminare, urto un partecipante arrivato subito prima o subito dopo di me, ci guardiamo sorridenti e solidali, dove si prende la medaglia? Quella è la prova provata della fatica e dell’essere arrivati in fondo. Eccola, due volontari ci danno una medagliona a testa, con nostra soddisfazione condivisa, non ci eravamo mai visti prima e non ci vedremo poi, però siamo compagni di ventura.
Di Domopak me ne faccio dare due fogli, melius abundare quam deficiere, uno me lo metto come gonna mentre l’altro lo indosso come scialle.
Continuo a seguire docile il percorso guidato. Anno scorso qui in via Verdi al di là delle reti vidi Elena e scoppiai a piangere per la commozione, la stanchezza, la contentezza. Stavolta la cerco ma non la vedo. Mantengo la calma, sto benino, accetto una busta di plastica bianca da una volontaria, la busta di conforto. Dentro un cornetto del Mulino Bianco, un’arancia, una bottiglietta di acqua e una con un succo di mela e pera, non mi piace la pera ma deve essere buono.
Mi dirigo verso la Biblioteca Nazionale per poi riguadagnare i TIR dove ho lasciato lo zainetto. Intanto potrei bere il succo. Provo a aprire il tappo a vite ovviamente sigillato. Non ce la faccio, riprovo, niente da fare, ho le mani quasi congelate. Affianco una signora che osserva i corridori passare e le chiedo un piacere… le tengo l’ombrello mentre lei mi apre la bottiglietta.
Camminando con fatica arrivo al container con l’intervallo di pettorali in cui cade il mio. C’è una piccola folla di persone stanche e affaticate che reclamano il loro numero, e tre volontari che fanno avanti e indietro con lo zainetto corrispondente, qualcuno chiede più numeri alla volta per far prima ma è anche facile capire male il numero nella confusione e quindi fare un viaggio in più anziché in meno. Alla fine riesco ad avere il mio.
Adesso ho il sacchetto con i vestiti asciutti. Il problema è dove cambiarsi visto che sta piovendo. Sotto il container c’è giusto l’altezza delle zampe che lo tengono sospeso, circa un metro. Ci sono già vari corridori che si stanno cambiando alla meno peggio, il problema è che non ci si può neppure sedere per terra dato che è bagnato pure lì: ormai sono ore che piove. Ecco a cosa serve adesso il secondo Domopak: lo stendo per terra e mi ci siedo sopra. Poi comincio a slacciarmi una scarpa. Mi accorgo subito che sarà molto più difficile di quanto immaginassi dato che ho le dita quasi congelate e come non riuscivo a aprire una bottiglietta, non ho la sensibilità per snodare un fiocco triplo. Sono così soddisfatto che non mi scoraggio, lentamente ce la faccio e tolgo una scarpa. E un calzino. Tutto con molta attenzione perché basta uno sforzo eccessivo che arriva un crampo in un qualche posto a caso: piede, polpaccio, coscia. Ripeto con tenacia anche per l’altro piede. Poi tolgo i pantaloncini mi infilo i pantaloni asciutti – che bello, la sensazione dell’asciutto – della tuta. Anche infilarsi i calzini puliti è un’impresa ma alla fine posso rimettermi le scarpe, allacciandole lentamente. Togliersi la maglia UnderArmour è veramente difficile, già è difficile togliersela da in piedi tanto è aderente, figurarsi seduto sotto un container. Comunque riesco a mettermi anche la parte superiore della tuta. A questo punto è fatta e cerco di alzarmi e mi rendo conto che da seduto non ci riesco né riesco, per colpa della stanchezza, a girarmi su me stesso e aiutarmi su quattro zampe. Allora con vergogna mista a simpatia chiedo al vicino se mi dà una mano, non che lui sia messo molto meglio ma almeno è già in piedi, sia pure piegato in due sotto il container. Dopo un paio di goffi tentativi ce la facciamo e sono su due gambe. Raggruppo tutti gli indumenti fradici nello zainetto da cui ho estratto le cose asciutte e esco dall’angusto rifugio.

Mi rendo conto che non si riesce mai a pensare proprio a tutto: sono cambiato e con addosso vestiti asciutti ma non ho un impermiabile per ripararmi dalla pioggia: non avevo previsto che avrebbe piovuto ininterrottamente anche dopo la fine della corsa.
Suona il cellulare. È Elena che era rimasta dall’altra parte della piazza per i vari cordoni di sicurezza. Alla fine mi raggiunge.
Traballante, coperto con difficoltà dall’ombrellino di Elena, arriviamo allo scooter dove abbiamo l’ulteriore prova da superare: indossare la tuta impermiabile. Infine tornare a casa: ma sono in grado di guidare lo scooter, con Elena dietro? Per fortuna il baricentro dello scooter è molto basso e riesco a stare in equilibrio da fermo senza difficoltà. Elena sale. Ancora tutto a posto. Partiamo piano e poi prendo sicurezza e torniamo a casa.

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