Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

domenica 2 febbraio 2014

Ore dodici: runner a terra!

Don... don... don... Al dodicesimo rintocco delle campane di Santo Spirito, c’era un runner a terra!
La cameriera bruna seduta sulla panca insieme alla collega bionda in via Santo Spirito se l’era appena visto sfrecciare davanti quasi le portava via la sigaretta.
Al ragazzo con lo zaino, uscito prima da scuola saltando l'ultima ora, ha tagliato la strada proprio mentre attraversava con il verde.
La turista americana ha gridato quando l’ha visto sparire giù proprio mentre passava l'autobus.
Quelli che erano ad aspettare alla fermata sull'altro lato della strada davanti alla pasticceria invece l'hanno visto bene, è carambolato a terra poi si è rialzato senza smettere di correre verso il ponte alla Carraia ed è scomparso sul lungarno in direzione del Seminario Maggiore: non si doveva esser fatto poi tanto male.
Il marciapiede è parzialmente occupato da due cameriere sedute a fumare su una panca fuori da una trattoria, è ancora presto per il pranzo. Stanno suonando le campane, deve essere mezzogiorno, sarebbe un'ora e mezza che corro? Sì, ci sta. All'incrocio vedo un po' di traffico, mi insinuo tra una turista e un ragazzino girando a destra per risalire verso l'Arno, improvvisamente mi trovo a incrociare l'autobus arancione che sta andando in direzione opposta, verso via de’ Serragli: tengo la destra, intravedo un tombino bello lucido per la pioggia, il piede destro ci atterra sopra con l'esterno del tallone mentre il piede sinistro è in volo, sento l'appoggio andar via e sono a terra, non ci credo: in posizione fetale sto strisciando sulle lisce lastre di pietra sotto gli occhi dei passanti, appena una parte di me fa attrito comincio a ruotare, ricordandomi di quanto imparato durante gli anni di karate, non oppongo resistenza e, restando in posizione raggruppata, mi lascio ruzzolare finché non mi ritrovo di nuovo con i piedi a terra e mi rimetto ritto continuando a correre, in pratica ho fatto una capriola un po' in tralice. Passo davanti alla fermata dell'autobus e alla pasticceria dove tante volte sono venuto a fare colazione con Elena, mentre corro mi assicuro che il cappellino sia ancora infilato nei pantaloncini, il gomito ha strusciato e frizza un po' ma niente di grave, sento le gambe bagnate e sporche ma non è niente, non ho neppure fermato il cronometro, dopo qualche metro un ronzio mi avverte che è finito il sedicesimo chilometro: poco sopra i cinque minuti, niente male tenuto conto anche della capriola.
La morale: forse dovrei rivedere il mio imperativo categorico: mai fermarsi! Mi è andata bene come al solito ma potrebbe aver ragione Ema a fermarsi ai semafori o a rallentare agli incroci (anche se lui esagera nello zelo): se l'autobus fosse passato pochi secondi dopo e ruzzolando ci fossi finito sotto?

Notazione meno drammatica: quando è bagnato fate attenzione a poggiare il piede sulla pianta e non sul tallone. Se poi potete evitare i tombini è meglio.

PS: meno male che, come ad andare in bici, certe cose non si scordano mai...

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