Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

domenica 6 ottobre 2013

SPQR (Sono Pazzi Questi Runners): Stati mentali del runner fortunato o infortunato


1. Si infortunano sempre gli altri
2. Sono infortunato solo io
3. Si è infortunato tizio? Fascite plantare (o bandelletta o caviglia o...)! Eh, lo so... ci sono passato anche io.

Di solito io mi trovo nel primo stato: quello in cui mi pare normale che si facciano male solo gli altri e io sono fiero di essere, se non in forma smagliante, almeno sano. E sono fiero perché vuol dire che sono stato attento, non ho esagerato, non ho abusato del mio fisico, non mi sono allenato oltre il limite invisibile oltre il quale qualche parte del mio corpo comincia a ribellarsi. E posso dispensare consigli saggi e accorti su come restare sani.

Raramente sono nel secondo stato (Sono infortunato solo io): mentre sono nel primo stato, mi pare ovvio di non infortunarmi mai però, ogni tanto, per una ragione imperscrutabile e soprattutto imprevedibile, mi faccio male. Ora per esempio ho avuto successive distorsioni alla caviglia destra, ma vengo da un’estate felice trascorsa nel primo stato, in cui potevo caracollare per sentieri dolomitici sotto lo sguardo stupito di stambecchi e marmotte, senza storcermi neanche un mignolo. Oddio, però a pensarci bene a aprile scorso dopo la maratona di Parigi mi sono fatto male al polpaccio sinistro e per settimane non riuscivo a correre più di tre o quattro chilometri...
Comunque sia, quando sono infortunato, e solo in quel momento, mi sembra proprio che solo io sia infortunato, e tutti gli altri invece, Luigi, Giovanni, Gianluca, Emanuele e tutti i colleghi, i conoscenti, stanno bene: loro corrono, maledetti. Allora non voglio parlare del mio infortunio e non voglio l’altrui compassione, ma chiunque incontri finisce per chiedermi come va la preparazione e allora io sono costretto a ammettere che sono infortunato e finisco a raccontare con dovizia di particolari cosa mi è successo, quando, come, cosa sto facendo, quando potrò ricominciare a correre... insomma una cosa pietosa.
Quando però – prima o poi – il malanno passa, ecco che mi scordo tutto e torno nel primo stato.

Può accadere semmai che, mentre sono pacificamente nel primo stato, qualcuno mi dica che si è fatto male o si è fatto male un amico o un collega. E può succedere, - e di solito succede perché i problemi muscolari, tendinei o articolari che interessano un runner poi alla fine sono limitati, - che abbia avuto anche io quell’infortunio e allora eccomi nel terzo stato: scatta la saggezza di chi ci è passato già: eh, lo so... ci sono passato anche io. Certo, se mentre sono nel secondo stato (sono infortunato solo io) incontrassi il me stesso nello stato tre (eh lo so...) verrebbe naturale mandarmi vocalmente o col pensiero affanculo. Ma al me stesso che si trova nel terzo stato pare doveroso dispensare i consigli saggi e accorti su come superare in modo corretto l’infortunio che – non potrebbe fare a meno di sottolineare – ha avuto anche lui (cioò io).
Quando poi passa un mese e nessuno mi racconta di non poter correre perché si è fatto male, ecco che mi scordo tutto e torno nello stato uno (Si infortunano sempre gli altri) e quindi mi viene naturale dispensare nuovamente consigli saggi e accorti su come restare sani. D’altra parte io non mi infortuno mai...

Un aneddoto e una domanda su questa follia di runner:

Sul lettino accanto al mio una donna sui 35 anni, molto atletica. Dalla fascia che le avvolge il piede sinistro fuoriescono un paio di cavi. Sta parlando con la fisioterapista:
Donna molto atletica: “Oh, io senza correre non ci posso più stare...”.
Fisioterapista: “...”
Donna molto atletica: “No davvero, sennò vado fuori di testa!...”
Fisioterapista: “... ma ti fa male... ”
Donna molto atletica: “il sinistro, è un dolore fortissimo, l’altro invece no, comincia lentamente e sembra come il freno di una bicicletta che struscia...”
Non ho sentito la risposta della fisioterapista. Ho tolto il ghiaccio, mi sono rimesso la scarpa e sono uscito salutando.
Infortunato ma sollevato.


Questo evento mi ha fatto spuntare una domanda: ma ci sono psicoterapeuti specializzati in runners? Potrebbe essere un’idea profittevole: basterebbe essere in contatto con un fisioterapista o un centro di riabilitazione, i clienti non mancherebbero. Certo lo psicoterapeuta in questione dovrebbe anche essere un runner sennò non potrebbe asserire di comprendere i problemi interiori di un runner. Ti immagini un'indicazione del tipo: se la corsa per te comporta sofferenza allora tu prova a non correre... slam!, cliente perso.

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