Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

domenica 14 giugno 2015

Pacco, doppio pacco e contropaccotto (non ci sono più i nipoti di una volta)

Partiamo dall’inizio e dai mezzi di comunicazione che come vedremo hanno giocato un ruolo non secondario in questa piccola ma curiosa vicenda.

A inizio anno Filippo espresse il proposito di partecipare alla sua prima maratona in autunno e mi chiese una mano nel prepararla. Entusiasta e quasi paternamente (ziisticamente non mi pare che esista) commosso dalla richiesta accettai e anzi proposi di partire da una mezzamaratona in primavera (e anche quella sarebbe stata la sua “prima volta”) a cui poi sarebbe seguita la maratona in autunno. Anche Ema aderì immediatamente (fatto salvo il diritto al ringambo, di cui si merita il titolo di maestro emerito, del quale vedremo alcuni risvolti nella vicenda di cui prima o poi arriverò a parlare). A quel punto formai un gruppo in Whatsapp, “Correre in Famiglia”, che sarebbe stato il canale di comunicazione per fissare ritrovi, scambiare programmi, condividere pensieri e considerazioni. Anche questo particolare è pertinente.
La mezzamaratona primaverile è stata portata a termine ma, come molti di coloro che corrono abitualmente possono immaginare con facilità, gli infortuni hanno frastagliato gli allenamenti, a rotazione, dei vari membri del gruppo, e oggi sarebbe stata la prima occasione, da quasi due mesi, per correre nuovamente tutti e tre insieme.
Per aumentare le variabili in gioco, si era aggiunto Gigi di ritorno da una vacanza in Giappone e che, nonostante bronchite, aerosol e antibiotici, era disponibile a qualunque corsa avessimo programmato.
Quindi da tre o quattro giorni avevo cominciato a programmare questa uscita comunicando con gli uni e con l’altro tramite Whatsapp: scambi di gruppo con Ema e Filippo e individuali con Gigi. Altro dettaglio da tenere a mente.
Mentre Filippo aveva imposto la domenica mattina ma era incerto sull’orario, Ema aveva cominciato a frapporre non meglio identificati impedimenti, ma dicendosi disponibile, nel caso in cui avesse potuto, ad aggregarsi dove e quando avessimo fissato. L’arte del rimgambo: non potevi rinfacciargli che rinunciava dato che in principio lui non aveva rinunciato, anzi aveva espresso tutta l’intenzione di partecipare, purché gli impegni  glielo avessero consentito. Se poi non lo avessimo visto, ce lo aveva detto! Su quali fossero poi questi impegni, si era mantenuto sul vago ma alla fine aveva buttato lì che il problema consisteva nel fatto che sabato sera avrebbe fatto “ultra-tardi” che per un padre di figli pre-adolescenti difficilmente può voler dire le sei di mattina, ma quell’”ultra” lasciava un’alea di pretesa commiserazione che non potevi, per cortesia, mettere in dubbio. Un maestro, come avevo anticipato.
Alla fine si era addivenuti a una soluzione condivisa: domenica mattina alle 9.00 davanti alla facoltà di Agraria alle Cascine.
Casualmente sabato sera, complice il saggio di canto di Elena e la successiva pizza di gruppo a cui avevo di buon grado acconsentito, sono andato a letto tardi e, forse a causa di difficoltà digestive acuitesi con l’età, ho spento la luce dando un occhio alla sveglia: le due e mezzo!, domattina quando suonerà alle otto proverò un dolore atroce.
Così è stato e, mentre preparo la colazione, accendo lo smartphone e vedo un messaggio di Filippo che, a mezzanotte e quaranta, sul gruppo di Whatsapp annunciava di essere ancora da amici e di non farcela, ringambando. Resto senza parole, butto lì che non avevo letto il messaggio ieri sera anche se – senza passarmi neanche per un attimo l’idea di ringambare, a me! – mi ero addormentato dopo le due e mezzo.
Ema si inserisce: “Sono già alle cascine muoviti!”
“Devo fare colazione”, rispondo subito, poi guardo l’ora: sono le 8.35, Ema manco veniva, mi sta prendendo in giro:
“A te non ti parlo” e chiudo lì.
Visto il rincoglionimento oggettivo e sapendo che Gigi voleva partire più tardi possibile, gli mando subito un messaggio spiegando la situazione e concordo un posticipo di mezz’ora: 9.30 ma partendo da casa mia anziché da Agraria più comodo per entrambi.
Durante la nostra oretta di corsa, dopo il racconto del suo viaggio in Giappone, gli ho infine riassunto quanto sopra: non c’è più religione, ma ti rendi conto questi nipoti di oggi, non hanno più spirito di sacrificio, nessun senso deontologico, ti giuro che neanche avevo preso in considerazione la possibilità di rinunciare perché ieri sera alle due e mezzo non mi ero ancora addormentato, e loro...
“Marcoooo!”
Mi giro verso il triangolo di prato tra la scuola di Agraria e l’ippodromo, dove gruppi di peruviani stavano già approntando i tavoli e le cucine da campo per il pranzo domenicale.
“Marcooo!” grida ancora un tizio tarchiato con la maglietta bianca che mi saluta con la mano.
Con Gigi ci fermiamo:
“Chi sei?” urlo di rimando
Poi alle sue spalle vedo un tizio con un cesto di capelli che mi saluta: Ema!
“Fava!” dico mentre deviamo verso di lui.
Cos’era successo? Si era svegliato inaspettatamente presto e, per farci una sorpresa (dopo il "pacco" voleva farci il "doppio pacco"), era venuto all’appuntamento senza dire niente. Quando aveva visto lo scambio si era inserito per farmi che capire che lui c’era. Aveva interpretato la mia risposta nel senso che, dovendo io fare colazione, avrei un po’ tardato e ci aveva aspettato fino alle 9.30. Dopodiché aveva fatto un giro verso ponte vecchio ipotizzando che ci fossimo mancanti e che probabilmente avremmo fatto un giro sui lungarni, con la speranza di incrociarci in qualche punto.
Il caso ha voluto che avesse parcheggiato lì e ci avesse visto mentre beveva un integratore. Quindi incontrare ci siamo incontrati ma in pratica alla fine della rispettiva corsa.

La morale?
Almeno duplice:
Uno. I nipoti di oggigiorno supereranno gli zii (e già lo hanno fatto) ma gli zii continueranno a scuotere la testa e a sostenere che non ci sono più i nipoti di una volta.
Due. La comunicazione: se invece di usare la tecnologia sopraffina affidandosi a messaggi forzatamente ridotti e malinterpretabili, fossimo ricorsi a una impegnativa ancorché vetusta ma semplice telefonata forse sarebbe stato meno buffo ma avremmo corso tutti insieme.

Ma forse è giusto così, i nipoti fanno i nipoti, gli zii fanno gli zii, ci si perde e ci si ritrova con lo smartphone come (da quasi vent’anni) con gli sms e (prima ancora) con il telefono fisso.


La mia vera morale? Raccontare storielle e, possibilmente, riderne. Ma senza perderci (e prenderci) sul serio.


Epilogo (dopo le morali di coda)
Io e Gigi trotterelliamo via sul prato passando tra i tavoli già allestiti per il pranzo:
"Ciao Marco!"
"Ciao!" mi giro e sorrido al giovane ristoratore peruviano dalla voce possente.


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