Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

domenica 4 marzo 2012

Le sorprese nell'armadio e le scarpe da corsa (un paio di consigli da vecchio zio)


Stamani stavo rimettendo in ordine un armadio. Niente a che fare con la corsa, era solo un tipico lavoretto da domenica mattina che io ovviamente evito, rimando di settimana in settimana, fintanto che non ne posso più e quindi mi ci metto, ma allora non rimetto a posto solo quello che dovevo rimettere: faccio uno scavo accurato, con le solite e inaspettate sorprese (sono sorprese e in quanto tali sono inaspettate ma se ci penso mi rendo conto che sono inaspettate solo per il fatto che mi sono scordato che cosa ho messo io stesso in un certo cassetto, o in un certo sacchetto rintanato in un angolo remoto, quindi sono io con la mia smemoratezza a creare queste sorprese) e  poi rimetto tutto a posto da zero, cercando di razionalizzare e di eliminare quello che è eliminabile.
Stamani la piacevole sorpresa è stata una tuta Adidas di quelle in acetato, con la giacca con la zip,  il pantalone largo in fondo, azzurra con le righe bianche: puro vintage, di quelle che troverei in un negozio Adidas Originals. Solo che è vintage vero, di quando avevo forse vent’anni. Mai gettata per affezione anche se non mi stava più. Adesso grazie alla corsa ho perso almeno una taglia e mi sta pure la tuta Adidas vintage!
Ma tutto questo è una divagazione, e appunto non c’entra con la corsa, a parte la perdita di peso. Il fatto è che mentre ero lì che mi cimentavo nell’impresa riordinativa mi sono accorto di un’altra situazione vergognosa: le mie scarpe da corsa che pascolano indisturbate davanti all’armadio medesimo...
Sono ben quattro paia e sono tutte “attive”: dopo aver cercato inutilmente di ordinarle da qualche parte (ma sono troppe e poi ogni volta ne uso un paio diverso), alla fine ho rinunciato e le ho lasciate lì, nell'attesa che qualcuno mi rimproverasse costringendomi a trovare loro una migliore sistemazione.

Vorrei parlare di scarpe non per consigliare una marca o un modello (ormai so che ognuno di noi ha un piede e soprattutto una postura tutta sua) ma per condividere alcune considerazioni generali che possono nascere dalla descrizione di usanze particolari.
Io faccio così: individuo una scarpa che si confà alla conformazione del piede (nella fattispecie io sono iperpronatore) e, se non mi crea problemi, la adotto. Quando devo sostuire l’attuale non faccio altro che acquistare il modello nuovo (di solito identificato da un numero incrementato di una unità). Facile.
Se fosse così semplice avrei dovuto avere uno o al più due (nel periodo di affiancamento, ne parlerò dopo) paia di scarpe.
E se fosse così, dovrei aver usato sempre la stessa marca e lo stesso modello. E invece non è così. Perché? Come in tutte le evoluzioni, c’entra il caso.
E come succede che abbia scarpe di modello diverso o addirittura di marca diversa?
Allora innanzitutto la prima questione: data la linea guida summenzionata, come si può cambiare marca o modello nel tempo?  
Cominciamo dall’inizio, quando per puro caso (ovviamente questo episodio merita un racconto a parte...) ho acquistato un paio di scarpe (per la cronaca: Adidas Supernova Control) che mi hanno disvelato il mio problema: scomparendo il dolore alle ginocchia che mi prendeva quando superato gli 8-9 chilometri ho capito che (essendo il modello acquistato anti-pronazione) ero un pronatore e che avrei dovuto semplicemente utilizzare delle scarpe opportune, che ogni marca ha nel suo catalogo.
Ho quindi cominciato a comprare sempre lo stesso modello anno dopo anno. Poi, siccome alcune marche non hanno un solo modello antipronazione ma almeno un altro che si differenzia per qualche altra caratterstica come per esempio l’assorbimento maggiore o minore della suola, per curiosità passai al modello “superiore” della stessa marca (in questo caso l’Adistar Control). L’inizio non fu indolore ma poi dopo un po’ di chilometri e di uscite mi adattai e mi trovai anche meglio con l’altro modello. E quindi cambiai modello, comprando il modello rinnovato una stagione dopo l’altra.
Ovviamente ogni azienda cerca di differenziare ogni modello con una colorazione diversa e magari con un miglioramento infinitesimo.
Tutto bene. Fino a quando, forse a causa dell’ennesimo miglioramento (coincidente con il cambio di nome, forse inappropriato, del modello: da Adistar a Salvation), le scarpe hanno cominciato a darmi fastidio.
A malincuore ho cercato un’alternativa e per consiglio di un venditore (ma di quelli esperti davvero, non il neoassunto in un negozio di una grande catena) ho acquistato, dopo più di dieci anni, di nuovo una scarpa da corsa Nike. Avevo sviluppato un’antipatia per le Nike da corsa: consideravo la Nike una marca troppo modaiola e quindi (nella mia mente) poco tecnica. Peraltro questo modello di Nike, essendo l’unico antipronazione era anche il meno modaiolo e di conseguenza pure il più brutto della collana. Comunque i malanni sparirono e mi rassegnai alla Nike, continuando con lo stesso modello per varie stagioni.   
Poi di nuovo il caso: non avevo mai provato nessuna Asics... avevo messo gli occhi un modello ad hoc e quando mi capitò un’occasione me ne comprai un paio: costavano così poco... Peccato che avesse ragione l’esperto venditore che molto tempo prima di aveva portato a scegliere le brutte Nike proprio a sfavore delle più belle Asics: “con le Asics la caviglia sinistra ti fa un ‘verso’ strano... invece con le Nike non te lo fa...” Infatti nonostante che fossero antipronazione, ogni volta che le ho usate per più di venti chilometri mi hanno causato qualche problema. Alla fine le ho dedicate agli allenamenti brevi. Nel frattempo comunque non avevo abbandonato le Nike.
Sono quasi arrivato a rispondere anche alla seconda questione: perché quattro paia di scarpe, e di marca e modelli diversi?
Un anno fa ebbi la gioia di visitare un outlet Nike negli Stati Uniti. Rigirarmi tra le mani una leggera Lunarglide e scoprire che costava l’equivalente di una cinquantina di euro fu una folgorazione: perché no?
Finalmente anche un pesante iperpronatore come me aveva una paio di scarpe non dico da gara ma almeno un po’ più leggere. E poi la pubblicità diceva che erano “autoadattive”, buone per tutti i corridori...
Ci ho voluto credere ma anche per loro è valso quanto detto sopra per le Asics: le uso solo per gare da dieci chilometri o ogni tanto per le ripetute, tanto per il gusto di usarle.
Tornando allo spettacolo indecoroso del mio gregge di scarpe da corsa: un paio di Nike Structure Triax quasi esaurite affiancate dal nuovo modello, un paio di Asics Kayano abbastanza usate ma non finite e un paio di Lunarglide usate saltuariamente e oramai invecchiate.
Per completezza devo ammettere che nell’armadio ho anche un paio di Salomon da trial ma loro hanno il loro posto dedicato: le uso solo quando vado in montagna d’estate...

Un paio di considerazioni generali (o consigli da vecchio zio):

Durata
Seguo l’indicazione bene o male comunemente accettata: 800 chilometri o un anno, quello che si realizza per primo. Non è una legge inelluttabile ma l’esperienza mi ha confermato che è facile che dopo 7-800 chilometri comincio a sentire le scarpe, ancorché comode, anzi proprio quando mi sembrano più comode del solito, ecco che le sento anche un po’ “sgonfie”. Lo stesso accade se non si percorrono tanti chilometri ma passa più di un anno, niente di molto evidente ma a farci caso le scarpe sono un po’ più rigide.
Purtroppo non è la prima volta che sento un amico o un collega lamentare un improvviso malanno completamente inspiegabile e poi vengo a sapere en passant che usava le stesse scarpe da tre anni oppure ci aveva fatto migliaia di chilometri...

Affiancamento
Anche se si usa l’accortezza di comprare lo stesso modello, e sebbene i procedimenti industriali assicurino una quasi identicità degli oggetti, è piuttosto ovvio che una scarpa che ha fatto 800 chilometri è necessariamente diversa da una nuova di zecca.
Appena si usa una scarpa nuova, nella quale, appena indossata si sta comodissimi, è quasi inevitabile che si verifichino effetti fastidiosi soprattutto se usata subito per una lunga distanza (un’unghia nera, una vescica). Meglio limitarsi inizialmente a uscite sui dieci chilometri, lasciando i lunghi del fine settimana al vecchio modello. Tempo un paio di settimane potremo usare la nuova scarpa anche per un lungo e da allora in poi usare esclusivamente quella proprio per i lunghi, in modo che quando si affrontasse una maratona avremo un paio di scarpe con almeno un centinaio di chilometri all’attivo.

Morale: in breve tempo potrò fare ordine senza dover fare scelte dolorose o creare spazio nell’armadio: le vecchie Structure Triax vanno al riciclo e le Lunarglide vengono declassate a scarpe da passeggio... Tempo un’altro mesetto e anche le Kayano saranno da riciclo. E mi troverò con soltanto un paio attivo.
E finalmente potrò comprarmi un altro paio di scarpe!

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