40km
Il prossimo ricordo vero è dopo il ristoro dietro l’abside del duomo: osservo le larghe pietre del selciato, scure e lucide e mi rendo conto che l’unico motivo di apprezzamento per il tempo piovoso è la sensazione, soprattutto in quegli ultimi chilometri, di poter quasi strisciare i piedi sui lastroni di pietra scivolando senza attrito. Se fosse stato asciutto avrei dovuto fare attenzione a sollevare di più i piedi, per non rischiare di strisciare, faticando ulteriormente. Fine dei motivi per apprezzare il tempo di oggi.
Via Ghibellina è in salita, questo è un altro insegnamento dell’anno scorso. Ci sarò passato migliaia di volte in via Ghibellina in vita mia. Per lo più in scooter o in auto. A piedi pochissime volte, quando andavo alle medie venivo a prendere l’autobus per tornare a casa proprio in cima a via Ghibellina poco prima di arrivare al viale. Correndo ci ero passato alla fine di un lungo, quando seguendo il consiglio di non ricordo quale rivista per impratichirci e non essere colti alla sprovvista, avevamo fatto il percorso della maratona ma spezzandolo in due allenamenti tra i venti e i trenta chilometri. E poi in gara. Solo che in gara fai il tratto finale dopo aver appena percorsi quarantuno chilometri e solo in certe condizioni si percepiscono tali differenze: l’ultimo tratto di via Ghibellina, è in salita. Non sarà le salite della First Avenue nella maratona di New York ma per me anno scorso fu una salita.
E poi, quasi a indicare la durezza della strada, ma in realtà era avvenuto all’inizio quasi all’altezza del Bargello, ma io lo ricordo come “via Ghibellina”, insomma anno scorso Emanuele ebbe la seconda e ultima, ma letale, crisi di crampi. E di nuovo con la coscienza a posto, perché anche stavolta c’era qualcuno che lo aiutava dato che con noi c’era Leonardo che si fermò a stendergli il tricipite, io proseguii nella mia lenta conclusione che a me parve una fuga in salita, appunto. Quindi quando quest’anno abbiamo girato in via Ghibellina sapevo cosa mi aspettava ma ho continuato strisciando i piedi sulle pietre lisce e proseguendo con Emanuele che mi diceva: ormai è finita, ormai ce l’hai fatta, manca poco.
Quando vedo il cartello 41km qualcuno intorno a me esulta, ci siamo, ci incoraggiamo a vicenda siamo tre o quattro nel raggio di pochi metri, non c’è competizione ma solo solidarietà, avercela fatta tutti quanti, ognuno per la sua strada, ognuna con la sua storia, le sue fatiche, chi più giovane e chi più vecchio.
Viale Giovine Italia, dove stamani ho parcheggiato lo scooter, di qui siamo già passati all’inizio quando eravamo freschi e speranzosi. Adesso mancano poche curve, il lungarno della Zecca, alle transenne il pubblico ci incoraggia, ai lati maratoneti con il Domopak sulle spalle fluiscono nel senso opposto, loro sono già arrivati e si godono il risultato, mentre io sono ancora qui che soffro e devo ancora arrivare, la sento come un’ingiustizia, un sgarbo o almeno un’indelicatezza da parte loro, per lo meno non ci guardino e non ci facciano sentire inferiori.
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