Questi sono alcuni appunti presi dopo
la mezzamaratona di Scandicci di stamani. Dove ho fatto una prestazione sorprendente. Per me ovviamente. Non ho vinto, non sono arrivato neanche tra i
primi, figurarsi, ma ho fatto un tempo che mi ha sorpreso, di cui non mi
ritenevo capace fino a ieri. Pertanto è stata una prestazione sorprendente (nel senso etimologico).
Ma questo non è un blog di tempi e
prestazioni né un luogo di vanto ma solo di condivisione di fatica e
riflessioni sulla corsa, quindi non ha alcun senso parlare di tempi, e infatti
non ne volevo parlare e non ne parlerò.
Quello di cui volevo parlare è una
domanda e alcune riflessioni, non necessariamente originali, che mi sono venute
dopo la gara. Qual’è il senso di una gara per me? Mi sono chiesto mentre me ne
tornavo a casa.
Questo peraltro è un buon esempio di
gara perché ho temporeggiato e rimandato fino a ringambare, dicendo a tutti che
non ci sarei andato. Motivo? non avevo voglia e non me la sentivo di soffrire,
dato che se avessi partecipato, lo sapevo, avrei cercato di forzare, non mi sarei
accontentato di tenere un’andatura di conserva, sennò potevo andare a allenarmi
da solo e risparmiavo tempo e denaro, e quindi se avessi partecipato avrei
sicuramente sofferto. Poi venerdì, un po’ perché Fulvio rispondendo a una mia
domanda su che allenamento alternativo a correre la mezza (che appunto non mi
andava di fare) mi ha detto che “preferiva” che la corressi, un po’ perché non
avevo alcun compagno né sabato né domenica per un lungo, alla fine mi son
deciso e mi sono iscritto. Quindi
non è una gara che io volevo fare, solo una gara che ho fatto.
Cosa significa una gara per me?
- Innanzitutto era comunque un momento dell’allenamento, infatti quando preparo una maratona inserisco solitamente una mezzamaratona, magari per alternare due lunghissimi (e qui avrei alternato – teoricamente – un 28km e un 35km, anche se poi il 28km sono diventati 25 per il freddo di domenica scorsa).
- Poi mi piace l’aspetto sociale. La condivisione con una o più persone delle intenzioni e delle aspettative prima, l’incoraggiamento e il sostegno durante e la solidarietà e la mutua soddisfazione – quale che sia il risultato – dopo. Fino a che, spesso, questa condivisione non si trasforma in amicizia. Avere un amico in più, grazie alla corsa, è per me una grande soddisfazione.
- Tornando a un aspetto più squisitamente tecnico e competitivo: la gara è sempre e solo CONTRO ME STESSO, lo ribadisco, anzi forse si può dire che in gara ci sono solo io, un grandissimo ego che si avvale di centinaia di comparse, per valutare la propria preparazione e la propria prestazione. Quindi la gara come mezzo di autovalutazione. E, nel caso di esito positivo, come mezzo di accrescimento dell’autostima (di nuovo l’ego!). In conclusione la gara è PER ME STESSO.
Riallacciandomi all’aspetto sociale: il mio compagno di corsa, Riccardo, (che
devo ringraziare ancora una volta: se non fosse stato per lui non avrei fatto
quello che ho fatto, mi ha letteralmente “tirato”), ha vinto un premio nella
categoria Veterani. Meritatissimo. Ma mi è stato anche di stimolo: non mi resta che
invecchiare (pochi anni) e, forse, alla fine vincerò qualche bottiglia anche
io? Se succedesse mai che vincessi un premietto sia pure in una gara di
campagna, si aggiungerebbe un altro aspetto: quello che si associa
a qualunque competizione, ossia di vincere qualcosa. Ma non è mai successo e
dubito che succederà mai. Comunque Spes ultima dea, come diceva il poeta...
Parentesi sentimentale
Luigi (quello di Luigi e Rocky, per intendersi) mi ha fatto una sorpresa: è
venuto a vedermi all’arrivo. Per me che non ho avuto un infanzia in cui i miei
genitori – per ragioni culturali e logistiche - siano mai venuti a vedermi chessò
a giocare a tennis, è stato un piacere intimo e molto potente: ero stanco morto,
non riuscivo a stare fermo, ma che contentezza che il mio amico Luigi era
venuto lì apposta per me!
Parentesi sociologica
Dopo colazione a base di crostata alla crema (pasta frolla e crema fatte da
me medesimo la sera prima, non per vantarmi...) e cappuccino con poco latte
(vabbene essere superiori, ma mai sfidare la sorte), mia moglie mi ha salutato con un affettuoso “Buona gara”.
Io l’ho guardata sorpreso: “Volevi dire ‘Che coglione che sei a uscire con
questo umido’, vero?”
“Sì, - ha ammesso lei sorridendo -
ma ‘buona gara’ è più carino!”
Runner fortunato, io sono...
sì sono venuto apposta a vedere il tuo arrivo. avrei voluto correre un lungo pezzo di questa mezza insieme a te e non contro perchè sei un amico vero e magari l'anno prossimo la facciamo insieme. quest'anno lavoravo ma una scappatina ce l'ho fatta. E' stato per me motivo d'orgoglio vederti limare due minuti o giù di lì perchè nessuno conosce i propri limiti e questi si possono sempre ritoccare. Stavi anche piuttosto bene, non eri disfatto dalla fatica e mi hai fatto venire una gran voglia di riprovare una competizione podistica io che da tempo le svolgo solo in campo natatorio. Comunque bravo e continua così sono molto fiero di te.
RispondiEliminaE' vero ognuno corre per se stesso, ecco perche' in gara siamo solidali, anche per questo le imprese altrui sono sempre stimolo e gioia comune per chi come me spesso e' un panchina(per motivi vari).
RispondiEliminaA proposito Buona gara e' confermato che non e' come Buona pesca , anche se poi la storia di runner e pescatore.........