Caratteristica
costante di questi percorsi collinari è di avere 1 o 2 km di salita e
altrettanta discesa. In questo caso la salita forse è più lunga rispetto ai
vari muri già descritti e pure la discesa è pendente e lunga. Questo per
rendere ragione di una difficoltà che la descrizione sintentica “saliscendi”
non può trasmettere.
Come
al solito il chilometraggio tiene conto della partenza dal Parco Lippi mentre
per la descrizione partiamo da Quinto Alto imboccando la già menzionata via di
Fontemezzina.
Dopo
un breve saliscendi e aver oltrepassato
un ponticello si arriva a un bivio dove si opta ovviamente per la salita alla
nostra sinistra. Davanti a noi la base di una torre fortemente ristrutturata
con una sorta di pontile sostenuto da archetti a tutto sesto in mattoni che
collega la casa al giardino terrazzato a ulivi adiacente.
Appena
imboccata la salita non posso far a meno di leggere sull’asfalto in stampatello
maiuscolo:
VIA
DELLO
STRAZIO
E
Solo
che la riga dopo è stata cancellata e ho passato varie decine di metri a
pensare a che cosa ci fosse scritto e soprattutto cosa ha spinto qualcuno a
cancellare solo quella riga... era qualcosa di compromettente? Perché era forse
un nome proprio? Ma che senso ha un frase del tipo “via dello strazio e Ilaria”
oppure “via dello strazio e di Ilaria”? poi la stanchezza prevale e mi
distraggo.
La
salita è costante ma non eccessiva fino a un tornante al limitare del bosco: lì
la cosa si fa davvero dura ma devo andare avanti, anche perché ho il mio tour
operator che mi sta aspettando.
Dopo il tornante si nota sulla sinistra un sentiero che parte seguendo il pendio ma dalla parte opposta, verso la torre menzionata prima: va tenuto a mente, poi ne parleremo a proposito della variante dell’arco.
Usciti
dagli alberi la pendenza si addolcisce leggermente permettendomi di rifiatare
ma non posso rallentare per non perdere contatto con il gruppo.
Dopo
aver superato un paio di casali ben restaurati, da dove la vista sulla piana è
già notevole, la strada diventa sterrata e scende tra vegetazione bassa fino a
traversare un torrente in secca e siamo di nuovo nel bosco risalendo sulla
collina adiacente. È lì che vedo il piccolo accampamento che i miei fantasiosi
compagni hanno definito “degli Elfi”. Sicuramente non ha niente a che vedere
con le comunità dell’appennino che vivono in modo post-hippy: è poco più di
una tettoia con delle coperte e qualche masserizia. Non si vede
nessuno ma il rifugio non sembra abbandonato. Ovviamente tutto ciò l’ho
osservato senza neppure rallentare: ci dovrò ripassare da solo per osservare
con più calma: lo stesso vale per il resto del bosco e per i panorami che vedrò più avanti.
Si prosegue
in discesa da lì dove ormai riconosco l’arrivo del muro di pietra che è più
pericoloso da fare in discesa e cerco di passare ai lati sulla poca erba
disponibile per evitare di slogarmi una caviglia sulla pietra irregolare della
mulattiera
A
questo punto siamo su un percorso noto e torniamo a casa (senza il pericolo di
perdermi senza una guida).
Il giro totale si parte dal giro base verso Sesto e si riconnette al Muro di pietra per il ritorno. Tout se tient.
Ma
che fatica!...
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