Perché

A me piace leggere, scrivere e correre. Ultimamente riesco a scrivere solo racconti o considerazioni legate alla corsa. E cerco di scovare racconti o romanzi legati in qualche modo alla corsa. E, appena posso, corro. Speriamo non sia grave.

lunedì 9 luglio 2012

Ancora vent’anni. Meno male che la memoria vacilla.


“Stai tranquillo, puoi correre ancora vent’anni.”
Uno stridio. Un suono fesso di ceramica che si è incrinata. Un sottile schianto poggiando un bicchiere di cristallo.
Non ho sorriso rassicurato al volto pacifico e incoraggiante di Stefano. Non ho annuito convinto. Non ho neppure fatto cenno di aver ascoltato, ho lasciato che proseguisse, forse l’ho guardato interrogativo oppure più probabilmente ho puntato il poster del gruppo del Putia alle sue spalle. Ho mantenuto un’aria dubbiosa, comunque riflessiva, e lui ha proseguito, rassicurante, pacifico.
“Rispetto alla scorsa volta la caviglia sta molto meglio.” Ha proseguito.
Ha fatto anche dei confronti: “Se l'altra volta, da uno a dieci, era bloccata a livello sette-otto, oggi solo uno-due.”
“Sì, - ho obbiettato timoroso, - ma dalla scorsa volta è passata una sola settimana... e  già ha cominciato a ribloccarsi, c’è qualcosa che non va...”
La discussione è andata avanti, lui a rassicurarmi e io parzialmente scontento, preoccupato dalla salute della mia caviglia sinistra. Però forse ero anche infastidito da quel suono fesso, da quell’incrinatura che mi aveva sorpreso. Non mi ero dato una spiegazione del perché mi fossi infastidito, dato che ancora non mi ero completamente reso conto da cosa fossi infastidito. Ho cominciato a realizzarlo il giorno dopo, anzi due giorni dopo: “puoi correre ancora vent’anni”... perché solo vent’anni? Perché non trenta o cinquanta?
E' stato allora che mi sono messo a fare i conti: quaranta più venti fa sessanta. Potrò correre solo fino a sessant’anni? E poi? Solo passeggiate? Ma io non ho quarant’anni, ne ho quarantasei! Il velo si è improvvisamente alzato e ho visto, scritto su foglio bianco a quadretti grandi,
46 + 20 = 66 
Come dire: settanta.
Ci credo che ha cercato di tranquillizzarmi dandomi ancora vent’anni di corsa, mica poteva darmene trenta, non ci avrebbe creduto neppure lui: “a settantasei anni starai ancora a correre come un bischero!”, gli sarebbe venuto da ridere.
Lasciamo stare le eccezioni, lo so anche io, li vedo a tutte le gare a cui partecipo, pertanto devono farne ben di più: hanno capelli bianchi e la pelle delle braccia un po’ avvizzita, ma corrono, eccome se corrono, il più delle volte li vedo solo alla partenza. Però so anche che quelli, quando erano giovani, correvano a livello agonistico. Ora possono pavoneggiarsi, - ‘giustamente, alla loro età’ stavo pensando, allora insisto! – con i quarantenni. Io tra vent’anni prenderò le pappe pure dai quarantenni che si domanderanno che ci venga a fare questo vecchietto.
Ma tanto io le garette non le farò più, sarò a fare le passeggiate, io, a settant’anni.
Ma allora che cazzo corro a fare? Allenamenti, sudore, energie spese, per cosa? Un lento e annunciato declino. Tanto vale che smetta subito.

In questi giorni sono al mare, ma prossimamente devo mettere a punto il programma di preparazione per Venezia, il primo lungo verrebbe bene a metà agosto dopo la vacanza in montagna, così non mi sembrerà troppo presto. L’importante è la strategia del “ventino”: almeno una ventina di chilometri nel fine settimana, così quando inizio la preparazione potrò cominciare già dai venticinque. Stamani ne volevo appunto fare venti, ma poi alla fine ne ho fatti solo diciotto un po’ per il caldo (già alle sei e mezzo non si muoveva foglia), un po’ per i 170 m di dislivello che mi restano alla fine: a metà salita ho deciso che anche diciotto chilometri erano un buon allenamento.
Elena mi chiama, dobbiamo andare a cena. C’era qualcosa di cui volevo scrivere... si vede che sto invecchiando: mi scordo le cose e mi distraggo con facilità. Non doveva essere una cosa importante, sennò me ne ricorderei. 

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