Asfalto
e sterrato / salite e discese notevoli / circa 10 km (giro)
Al
primo semaforo il team era ancora compatto. Mentre ripartiamo in formazione, mi
giro e ci conto rapidamente: siamo ben dieci. Di solito usciamo in gruppi più
sparuti, oggi una congiuntura particolare ha riunito porzioni di gruppi
diversi, gli ultimi due li abbiamo raccolti addirittura all’uscita del
sottopasso su via Reginaldo Giuliani!
Dobbiamo
sembrare una gruppo podistico serio in seduta di allenamento. Alla guida Filippo,
il boss indiscusso degli Scalmanati (oggi stranamenti assenti), che è anche
l’unico a conoscere la destinazione ultima del giro. Non sto a descrivere le
parti comuni a altri percorsi già descritti. Dico solo che alla fine del primo
muro (via dell’osservatorio, che abbiamo già visto nel Muro inverso) ci siamo dovuti fermare per
aspettare il gruppo dei ritardatari, ma mi sa che ne mancava già uno o due. Poi
dopo il secondo muro (si tratta del Muro Diritto, sempre desumibile dal Muro inverso) siamo
rimasti in sei e nonostante si sia aspettato a lungo, e anche gridato, non si è
visto nessuno. Abbiamo proseguito: non è la prima volta che qualcuno sbaglia
strada (io sono convinto che non sbagli affatto, ma questo è pensar male!): ci
ritroveremo poi tutti insieme agli spogliatoi.
E
qui comincia il tratto nuovo. Abbiamo girato a sinistra per via di Malafrasca
proseguendo per poche centinaia di metri fino a che non sono segnati a sinistra
dei sentieri del CAI. E qui comincia quello che si può definire, per pendenza,
il terzo muro. Il problema che questa non è più corsa su strada: e non sto a
questionare di strade bianche o di sentieri nel bosco, qui si tratta di
sentieri che io fare normalmente solo attrezzato di buoni scarponcini da
trekking. Questo è trail a tutti gli effetti e riuscire a non camminare è già
un grosso risultato. Non tanto in termini di velocità, perché la velocità è
quella più o meno, semmai si fa pure più fatica a continuare a saltellare da un
sasso all’altro.
Arrivati
a dove il sentiero si allarga in una sorta di strada sassosa quasi in cima alla
collina abbiamo cominciato il rientro per ragioni di tempo. Prendendo un
sentiero a sinistra siamo riscesi giù, sbucando di nuovo su via di Malafrasca,
poco più avanti a dove l’avevamo lasciata, e continuando siamo riscesi
costeggiando la Villa La Topaia per poi ricongiungerci all’inizio del Muro Diritto.
Da lì sono stato allietato da una serie di scatti (non allunghi, come insegna
il Maestro, no, proprio scatti violenti e a falcata lunga) di una cinquantina
di metri l’uno (veramente Filippo durava di più, ero io che mi esaurivo a
quella distanza) indipendentemente dalla pendenza (in pianura, leggera salita o
discesa, l’occasione buona era sempre propizia).
A
essere corretti il giro del Pietrisco completo (nella versione originaria di
Filippo) prevedeva un rientro più largo, riallacciandosi al giro della Cava a ho la convinzione
che la parte più interessante sia quella più estrema che ho appena descritto.
Dopo
una bella doccia, abbiamo riflettuto sul beneficio di correre (forzatamente
piano) su pendenze così decise.
C’è
chi dice che non serva a niente, se non a fare puro potenziamento (“allora vai
in palestra”, ha scosso la testa).
C’è
chi addirittura sostiene che sia nocivo: “Imballa le gambe! Ora ti ci vuole una
settimana per riprendere la scioltezza che avevi fino a stamani...”
Io
non lo so, penso che un potenziamento (come sarebbe fare i gradoni, o delle brevi
pettate come quelle descritte recentemente nelle Salite al Piazzale) non faccia male, soprattutto
se inserito in una serie di allenamenti variati e seguito da opportune sedute
di allungamenti e uscite in scioltezza. Eppoi fare allenamenti anomali, ma
probanti non farà male: "Tutta la fatica che ho fatto sarà andata da qualche parte!?!", ho protestato. "Sì, l’hai trasformata in calore!..." mi ha troncato con ironia Riccardo.
“Se
domenica prossima vai più piano che alla Guarda Firenze vorrà dire che ti ha
fatto male!” butta lì Luigi... Resto zitto dubbioso, accusando il colpo: ci sta
che sia vero!... però quando sto per reagire, lui mi anticipa: “ma se vai
meglio non sarà certo merito di questo allenamento!”
“Eh,
allora non vale!” cerco di difendermi, per niente convinto.
Vediamo
un po’. Di certo adesso mi sento le gambe stanche.
Imballate?
Boh?!?
PS:
En passant, qualcun altro negli spogliatoi, vedendomi esausto, mi ha chiesto
perché mi sottoponessi a questa sorta di martirio volontario.
Per
vedere percorsi nuovi, ho risposto d’impulso.
Per
correre in compagnia.
E
per scriverci sopra. Sperando in un’estasi imprevista dovuta alla fatica.
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